Pensieri
degli anni difficili
Domanda:
la capacità di adattamento si può definire
intelligenza?
Dal
basso verso l’alto, un po’ di lato, tenendosi coi piedi
ben saldi per terra. Si intravede nel vortice, in alto, l’azzurro
del cielo tranquillo. Spero di arrivare lì il più
presto possibile.
A
me immediatamente il concetto di equilibrio, quello che si perde al
primo e più debole fruscio di vento.
Ora
come allora. Gli anni sono passati, faccio fatica a ricordare, ma le
atmosfere sono cambiate nonostante le persone oppure il tutto è
rimasto tale e quale?
Mi
piace pensare che il mio rifugio si trova vicino al cielo nel suo
punto più isolato, là dove gli uccelli possono fermarsi
a cinguettare, un momento, solo un momento, quasi immobili per poi
riprendere a volare.
Gli
errori. Non c’è più tempo per riparare, ammesso
che siano, si può solo analizzare utilizzando gli strumenti
più importanti che abbiamo acquisito e riscoprire, o scoprire,
il messaggio non più nascosto ormai.
Già,
ma come si fa a spiegare a chi, ora, vive nel terrore del momento,
che è all’interno del vortice che bisogna posizionare il
proprio pensiero per sopravvivere innalzandosi al di sopra delle
enormi difficoltà?
Lasciarsi
andare.
In
una scatola di cartone.
Una
domenica di silenzio, accompagnata dal profumo delle pietanze, dal
leggero stordimento delle bevande, dalle folate di vento che
attraversano la mia casa.
Stacco
ogni contatto con l’esterno e mi lascio andare ai pensieri, che
arrivano veloci sulla punta della penna, tracciano un percorso e si
esprimono.
Faticoso
sollevarsi dagli eventi che trattengono, rimane il piacere del
ricordo del passato, che è stato, e non si può
ridipingere in altro modo.
Dal
basso verso l’alto. La paura trattiene come sempre ma, ancora
una volta, dà la soluzione ad ogni problema.
Vorrei
poter andare incontro al tramonto denso di colori, alla fine della
linea dell’orizzonte, oltre la quale l’immaginazione
incontra il sogno e si trasforma un desiderio.
Nell’occhio
del ciclone.
Le
vertigini dall’alto del cielo rassicurano, paradossalmente.
È
forse tornato il momento di correre?
Accompagnata
dalla stessa musica dolce nelle parole, quasi una poesia dai mille
significati.
Una
speranza.
La
non completa visibilità ma illuminata e, dall’altra
parte, il sole.
Il
messaggio del primo di questo giorno è chiaro nonostante e
invita a non porsi più troppe domande. Ancora una volta
sollevo lo sguardo verso l’alto e intravedo l’azzurro. E
mi ripeto a voce alta che è anche arrivato il momento di fare
per donare e non più esclusivamente per se stessi.
Ripercorro
ogni tratto, ogni istante vissuto in consapevolezza e ne comprendo
fino in fondo il significato.
Un
leggero capogiro.
Con
un po’ di malinconia avverto una difficoltà che crea un
blocco nelle mie mani, fra le dita. Cade su di me come un getto
d’acqua gelida, inaspettata. Ne cerco la motivazione, ma ancora
prima mi accerto di non aver ferito. È la mia prima
preoccupazione. L’affetto si misura anche in questo.
Dopo,
solo dopo penso a me.
Ci
sono alcune cose che non cambieranno mai in me: si possono smussare
gli angoli, posso riuscire a viverli con maggiore leggerezza, si
abbassa un po’ la sofferenza.
E
mi ritrovo nell’occhio del ciclone.
Fernanda
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