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di Maria Cipparrone  (  mariellacipparrone@libero.it )

27 febbraio 2009



Dalle spese di Carnevale al quelle per la tavola, dalle abitudini modificate all'inflazione che cala.


 

  

Per Carnevale si sono spesi oltre 120 milioni di euro per consumare circa 20 mila tonnellate tra frittelle, castagnole, frappe, chiacchiere ed altre specialità che variano da regione e regione. E’ quanto afferma la Coldiretti nel sottolineare che la spesa è rimasta stabile con prezzi per tutte le tasche che variano da 50 a 5 euro al chilo con la possibilità di risparmiare fino a dieci volte ricorrendo ad un tradizionale e semplice fai da te casalingo.

 

Sempre secondo la Coldiretti, in Italia la tavola è una componente importante della spesa familiare della quale assorbe in media ben il 19 % delle risorse ed è seconda solo alle spese per l’abitazione. La situazione varia notevolmente da Nord verso Sud e se nelle regioni settentrionali l’incidenza della tavola è pari al 18 %, in quelle meridionali la tavola diventa la principale voce di spesa con una incidenza del 24 %, quasi un quarto del totale. L’analisi per aree geografiche dimostra che la maggiore spesa si ha nell’Italia centrale con 485 euro al mese per famiglia seguita dal mezzogiorno con 480 euro al mese e dal nord con appena 449 euro al mese.

In particolare nel Centro Italia le famiglie acquistano piu’ pane, pasta e cereali, carne e ortofrutta, mentre al sud latte, formaggi e uova, olii e grassi , zucchero e caffè ed infine al nord si hanno i maggiori esborsi familiari per le bevande.

L’analisi, infine, evidenzia una progressivo abbandono da parte delle regioni del sud dei principi base della dieta mediterranea che si riflette, purtroppo, sul fisico e sullo stato di salute.

 

Quattro famiglie italiane su dieci hanno modificato le loro abitudini a tavola, il 35 per cento limita gli acquisti o sceglie prodotti di qualita’ inferiore, il 65 per cento e’ convinto che gli aumenti dei prezzi sono dovuti ai troppi passaggi della filiera (dal campo allo scaffale) e il 75 per cento ritiene fondamentale l’indicazione sui listini del ’’doppio prezzo’’ (origine e dettaglio). E’ quanto rileva la Cia-Confederazione italiana agricoltori.

 Secondo l’Istat è evidente il calo dei consumi delle famiglie. Gli indici non cambiano se presi per settore, per aree geografiche o per superfici. Le associazioni dei consumatori prendono atto dei dati e sottolineano che il segno (-) oramai prevale su tutto. Se si considera, aggiungono le associazioni, che questi sono indici monetari, e che quindi non sono depurati dall’inflazione, sul piano delle quantità siamo di fronte ad una riduzione dei consumi.


Nonostante l’ottimismo del Garante dei prezzi che parla di segnali di riduzione riscontrati nei settori nei quali nei mesi passati si erano verificate speculazioni, quali carburanti, pasta, pane, ecc., le associazioni rimarcano che si tratta di segnali modesti e che, anche se si verificano riduzioni dei prezzi, questi non riguardano i listini ma soltanto le promozioni.

Tutto questo significa che a fronte di un’auspicata ripresa dei consumi, il rischio è che si riparta dai prezzi comprensivi già delle speculazioni fatte in passato e non dai prezzi reali.
Una diversa impostazione mostra il ministro per lo Sviluppo economico, Claudio Scajola che ribadisce che: ’’La conferma del calo dell’inflazione all’1,6% in gennaio e il dato dell’aumento delle vendite nella grande distribuzione sono segnali che confermano che il calo dei prezzi non deriva dalla riduzione dei consumi, che stanno viceversa tenendo’’, aggiungendo che ’’la societa’ di ricerche di mercato Nielsen ha infatti rilevato che in gennaio i punti vendita medio-grandi hanno registrato un aumento del fatturato del 6,5%, mentre per gli ipermercati la crescita del fatturato ha sfiorato addirittura il 10%. ’’Questi dati - prosegue Scajola - indicano che gli italiani hanno compreso che con il calo dell’inflazione, del petrolio e dei tassi d’interesse sui mutui, il loro potere d’acquisto non diminuisce, ma aumenta, e non stanno riducendo i propri consumi primari. Importante, dunque, concentrare gli interventi anticrisi nel sostegno dell’acquisto di beni durevoli, che invece hanno subito un forte calo delle vendite, e soprattutto nel sostegno del reddito dei cittadini che dovessero perdere il lavoro, attraverso il Fondo ammortizzatori sociali da 8 miliardi’’.

 

Maria Cipparrone

 

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