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Le medie di Alfa Romeo.
di Giorgio Marchese  ( direttore@lastradaweb.it )

29 agosto 2003





Benvenuti a bordo: ricomincerete a sognare?


Un rombo, un rosso acceso su cui spicca un quadrifoglio verde...questa "freccia" viene scoccata una mattina del 1948. A guerra finita ed a macerie rimosse, nelle officine Alfa del Portello, si vuole imprimere una svolta epocale nel panorama della produzione automobilistica europea: inizia l’epoca delle "moderne" Alfa Romeo.


È un giorno di nebbia, la solita nebbia di Milano, quella che si "taglia" con il coltello, quando, all’ingegner Orazio Satta Puliga, viene dato il compito di progettare ed industrializzare l’avvenire. Brillerà il sole, di lì a poco, alla nascita del modello del biscione che passa alla storia come "la vettura di famiglia che vince le corse" (con oltre 250 vittorie in gare nazionali ed estere): la 1900.

In realtà, più che una berlina di classe "media", può essere considerata una sorta di ammiraglia, anche se poco appariscente. Se ne fa menzione in questo lavoro solo perché, questa vettura, rappresenta il primo esempio del nuovo corso Alfa.

Presentata in concomitanza del Salone di Torino il 4 maggio del 1950, oltre al bel muso con calandra trilobata, definita "trifoglio" (una delle poche cose che la SEAT non potrà copiare all’Alfa Romeo, in quanto coperta da brevetto) mette in evidenza, da subito, delle caratteristiche sportive ancora oggi degne di ammirazione:

  • Motore "quadro" (quasi quadro, con rapporto 0,94 tra alesaggio e corsa) con una velocità del pistone di 15,27 metri al secondo (in grado di raggiungere elevati regimi di rotazione, senza stress eccessivi), copiato nella "foggia" e nella rombosità, dai tecnici della Mazda, per la MX 5 - MIATA (ancora oggi in produzione);
  • Distribuzione bialbero con valvole di sodio, a V di 90° e sedi rivestite di stellite, inserite nella testa in lega leggera (una tecnologia aeronautica del tempo, per resistere ad altissime temperature);
  • Ammortizzatori anteriori a quadrilateri indipendenti (sistema molto più efficace del Mc Pherson, ancora oggi il più diffuso), retrotreno ad asse rigido longitudinale in grado di bloccare le spinte trasversali e di consentire solo le oscillazioni verticali;
  • Scocca portante e lamiere saldate.

Resterà a lungo in produzione, sostituita dalla "Americana" 2600 disegnata da Nuccio Bertone.

Giulietta & Romeo

All’inizio degli anni ’50, dopo aver stupito con la 1900, i tecnici Alfa devono affrontare una nuova sfida: produrre capitali con un vettura di larga scala, per riprendere fiato economicamente, con un prodotto che non svilisca l’immagine. E, come d’incanto, nel 1955, sempre al salone di Torino, esordisce la Giulietta (nome suggerito al Management Alfa, dalla signora de Cousandier , moglie dell’Ing. Leonardo Sinisgalli, consulente per l’immagine FINMECCANICA, all’epoca proprietaria della casa automobilistica), vettura in grado di conciliare l’inconciliabile: economie di scala e vocazione sportiva di lusso. Questo capolavoro dell’epoca, centra l’obiettivo rappresentando la filosofia produttiva e di vita, in genere, dell’Italia: valore ed orgoglio delle maestranze costretti a fare i conti con le scarsissime risorse finanziarie che non consentono errori progettuali ed eccessive sperimentazioni.

Così come, vicino alla disfatta, un esercito manda avanti ciò che resta, a combattere col cuore e col cervello più che con le armi, noi Italiani, nei momenti cruciali, mostriamo l’eccezionale coraggio della paura e della sopravvivenza, andando sistematicamente contro ogni regola. Ed infatti, Ivo Colucci, ex operaio di eccezionali qualità (cui viene affidato l’ufficio della progettazione, con uno stato d’animo simile alla "post Caporetto") tira fuori dal cilindro, una "bomba" così potente (1290 di cilindrata e 58 CV che diventano ben 74 nella versione t.i. ed oltre 100 in quella Sprint Zagato, rimasto in produzione fino agli anni 80), resistente (può percorrere da 80.000 a 100.000 Km senza grosse revisioni, contro i 50.000 km della concorrenza) e, al tempo stesso, parca nei consumi da lasciare sbalordita la stampa specializzata ed atterriti gli ingegneri delle altre marche!

Giulia!... oh!... Giulia!

Negli anni 60, alle sfide lanciate da Fiat (con la potente 125), Autobianchi (con la A111), Lancia (con la Fulvia) e BMW (con i modelli da 1600 cc.) l’Alfa, a malincuore, "fa crescere" la Giulietta ed ecco... Giulia, una delle vetture che più hanno segnato l’immagine e la storia della casa. Criticata al debutto, nel 1962, per la linea anticonvenzionale, a coda tronca (anticipatrice, del "senza compromessi", tipico di chi può snobbare le mode del tempo), Giulia, come Vieri o del Piero dopo un goal, ammutolisce gli scettici non appena è in grado di mettere i piedi, pardon... le gomme, sull’asfalto!

Quasi 190 km/h con 112 CV nella versione t.i. , 5 marce sincronizzate con cloche sul pavimento (dal 1965), freni a disco con servofreno (dal 1964), aerodinamica eccellente, scocca a struttura differenziata (per collassare "a fisarmonica" e scaricare l’energia cinetica in caso di incidente). In sostanza, Giulia è la più potente della sua categoria, la più scattante, la più veloce e anche la più sicura.

Qualità motoristiche, comfort (anche se spiccatamente sportivo) e tenuta di strada eccellente (la Giulia si piega ma non si stacca da terra!) la fanno apprezzare anche alle forze dell’ordine: forse il frontale così aggressivo intimidisce i malviventi, durante gli inseguimenti mozzafiato!

Il successo commerciale è di tale portata, da costringere a trasferire le catene di montaggio dal Portello (sede storica) ad Arese. Se non si fosse messa in commercio l’assurda versione Diesel Perkins da 133 Km/h, Giulia sarebbe stata invitata a sedersi sullo scranno che contraddistingue le Alfa più Alfa di tutte le Alfa... peccato!

Noblesse oblige: la 1750!

Un numero magico, appare nel firmamento Alfa a Bruxelles nel 1968, evocando dalla memoria la mitica sport che, negli anni trenta, ha vinto tutto quello che c’era da vincere: la 1750!

Partendo dalla base della 2600 Sprint, ed evolvendo la Giulia, Nuccio Bertone disegna un modello comodo, filante e, soprattutto, elegante: in sostanza una sportiva di rappresentanza, da poter guidare indifferentemente con il berretto ed i guanti di pelle traforata, oppure con l’abito in livrea.

Gli ingredienti per attirare l’attenzione, ci sono tutti:

  • Motore ad alimentazione "singola" (2 carburatori doppio corpo);
  • Frizione idraulica;
  • Impianto di raffreddamento pressurizzato a "circuito chiuso"
  • Doppio circuito frenante;
  • Fari allo iodio;
  • Volante in legno
  • Completa strumentazione di bordo, in stile Montreal;
  • Oltre 180 km/h (siamo alla fine degli anni ’60!)
  • Etc.

Una vettura raffinata, che diventa oggetto di culto fra gli appassionati Alfa di tutto il mondo (soprattutto in Canada ed in Australia) e, in versione 2000, rivaleggia ad armi pari con BMW, Mercedes e Lancia.

Ritorna l’Alfetta campione del Mondo!

È il 1972, per dare man forte alla 1750 e sbaragliare gli avversari, viene ultimato il "progetto 116", presentato con un nome che ricorda altri trofei internazionali: Alfetta.

L’auto più innovativa della casa milanese, fra le tante note positive, può vantare un’eccellente distribuzione dei pesi grazie al raffinato ponte posteriore di tipo De Dion con differenziale, frizione e cambio in sequenza e i freni a disco "on board", accanto al differenziale, per evitare masse non sospese. Il risultato ottenuto è veramente fuori dal comune: basti pensare che Alfetta si merita l’appellativo di berlina più stabile d’Europa, quando le BMW equivalenti soffrono di sovrasterzo e partono in testacoda non appena cadono poche gocce di pioggia!

Senza ombra di dubbio, si può affermare che l’Alfetta è l’ultima vettura italiana (escluse le Ferrari, ovviamente) in grado di poter guardare la concorrenza dall’alto in basso... oltre che dallo specchietto retrovisore! Da questo momento, i nostri compatrioti sono costretti a rincorrere Tedeschi e Giapponesi.

Nuova Giulietta e Alfa 75: non più "Uber Alles"!

Forse perché più che la logica motoristica interviene quella politica (non dimentichiamo che l’Alfa del periodo è di proprietà dello Stato) ma i modelli che dovrebbero continuare i fasti di Giulia e Alfetta, rispettivamente Giulietta e 75, non sembrano più in grado di rappresentare il "meglio" dei rispettivi segmenti!

Entrambe si difendono egregiamente per quanto riguarda la potenza (col turbo Autodelta e l’eccezionale Twin Spark), la tenuta di strada e l’esperimento "gasolio" (montando propulsori VM moderni e potenti) però, la prima è molto scomoda e la seconda "sa" di plastica (nemmeno di buona qualità!). Restano due vetture robuste (lo stunt-man Holer Togni usa ancora oggi le 75 nei suoi spettacoli di guida acrobatica...senza riuscire a scalfirle!) ma è difficile resistere dentro un abitacolo che, progettualmente, mostra i segni del tempo... quando, in autostrada, una Ford Sierra ti sta davanti, filando silenziosa, mentre tu, inesorabilmente puoi solo seguire... anche se rombando!

155: Alfa o Lancia?

Senza il merito di aver riportato l’Alfa Romeo sulle piste del Superturismo e su quelle del DTM, in maniera vincente, si avrebbe difficoltà a darle un nome ed un cognome: con la Dedra e la Tempra nella scocca e nel pianale (anche se, per fortuna, non nei motori a benzina) si fa fatica a ricordare, il mitico frontale "trilobato". Di solito, solo l’identità del padre può essere "dubbia"... in questo caso, anche quella della madre!

Siamo onesti, solo la GTA e la DTM (dal nome del campionato che vince nel 1993, in Germania) sono vere, autentiche, belle, cattivissime, Alfa Romeo!

La 156... "e finalmente tornammo a riveder le stelle!"

"Non porto gioielli, li guido!"

Siamo nel 2000, con quest’affermazione in uno spot pubblicitario, l’affascinante Catherine Zeta Jones si insinua, felpata, alla guida di un argenteo felino: la 156 Sportwagon (la berlina è stata presentata nel 1996). Effettivamente, nessuno poteva esprimere meglio lo stile di questa nuova Alfa, con gli interni Old 1750 e la carrozzeria che ricorda gli stilemi Giulia: una sorta di squalo "meccanico".

Dopo un lungo digiuno (gli ultimi modelli Alfetta erano ormai pezzi d’antiquariato di fronte alle Mercedes classe C - I° tipo, alle BMW serie 3 e serie 5 o alle Audi 80 e 90!), la bandiera tricolore può nuovamente salutare un prototipo di auto media, in grado di combattere ad armi (quasi) pari con il meglio in circolazione... i soliti "noti": Audi, BMW e Mercedes.

Intendiamoci, le corazzate tedesche, come la Bismark, saranno sempre over size (ricordate le Auto Union o le frecce d’argento - Mercedes?), perché rispecchiano le caratteristiche del paese di produzione: opulenza, ricchezza, tecnologia, precisione, concretezza, ricerca della perfezione.

Le auto italiane, sono state concepite e realizzate soprattutto come piace a noi, noi di statura media, noi approssimativi (tanto si supplisce con "il colpo di genio!"), noi snob e con un "po’ di puzza sotto il naso", che preferiamo la seta (di terza scelta, che costa di meno) ai forti tessuti poco appariscenti... Ecco, potremo mai costruire vetture che privilegino la sostanza all’apparenza? Non ci resta che puntare su quello che ci ha reso grandi (in campo automobilistico): ingegno impiegato alla ricerca delle massime prestazioni (156, infatti, è la prima a montare il diesel Common Rail, inventato in Italia e diffuso, ormai, in tutto il panorama automobilistico).

La 156 si pone ad un’incollatura dalle A 4, 320, C 200... e compagnia bella, per quanto riguarda la qualità costruttiva mentre, per taluni aspetti (tenuta di strada, soprattutto), è in grado di prendersi delle soddisfazioni sugli "Alemanni".

Siamo seri, contro il migliore acciaio (Krupps, etc.), la migliore elettronica (Bosch), la manodopera più precisa (chiunque lavori in Germania, modifica il suo genoma, rendendolo più produttivo), a noi (fra cassa integrazione e boicottaggi aziendali) restano solo scampoli di cervello che, a quanto pare, nel caso delle nuove Alfa Romeo basta ed avanza per creare un prodotto di settore, molto efficace!

A guidare la matita (elettronica) di Walter de’ Silva, saranno stati gli Alisei che spirano aria gitana e quei valori su cui si fonda il nostro inconscio collettivo: amore e passione.

Risultato: un capolavoro!

Dopo 6 anni dal suo lancio, nel 2002 la 156 viene aggiornata con nuovi tessuti di migliore qualità, una plancia con molti inserti in alluminio e nuovi motori: ora può contare su una rosa che comprende un 2000 a benzina da 165 CV (forse il più potente della sua categoria), un 2400 JTD da 150 CV e, finalmente un 1900 JTD 16 Valvole da 140 CV.

Siccome gli altri (soprattutto "i soliti") non stanno a guardare e de’ Silva se ne va alla SEAT (che tenta di far diventare l’Alfa Romeo del gruppo Wolksvagen), gli uomini Alfa (quella "vera"), si recano da Giorgetto Giugiaro a chiedere un colpo da maestro per continuare la corsa della loro auto di punta. Il presidente della Italdesign, come Bertone ai tecnici della Wolksvagen che volevano modificare il Maggiolino non può che rispondere: "Non si può modificare ciò che è stato disegnato perfetto per ricoprire un determinato ruolo; si può solo togliere un po’ di polvere del tempo!"

Effettivamente, il designer dell’anno, aggiorna il frontale, la coda e appone la sua firma sul parafango... si, proprio la sua firma: non Italdesign (di cui è presidente e proprietario) ma, proprio, Giugiaro design!

E si... la creatura è troppo bella... un puma degno di Moran!

Siamo nel 2003, ormai si parla in termini di valori assoluti, di auto che fiutano il pericolo e si regolano di conseguenza (Mercedes), distribuzioni senza valvole (BMW), fari elettronici che si adattano alle curve (Audi), potenze medie che superano i 200 cavalli (Wolksvagen, BMW, Audi, SEAT, Mercedes) di sfida lanciata al gotha Ferrari con la nuova Bugatti (sempre di proprietà tedesca) in grado di erogare circa 1000 CV... e noi?

La nuova 156 è pronta (anche con il nuovo 2400 JTD 20 valvole da 175 CV, ai vertici di categoria) per continuare a lottare spostando il teatro delle operazioni dal mare periglioso, favorevole alle corazzate KRUPPS, alla giungla intricata dove, un puma, sa battersi alla grande!

E, siccome il gioco si fa duro, ecco la GTA, 3200 V6 - 250 CV - 250 Km/h (autolimitati). Nessuno, su una trazione anteriore di serie, è in grado di fare altrettanto e sulle piste d’Europa, da anni esiste una sola legge: la sua!

 

In alto i calici, amici tedeschi, la sfida continua... ma ricordate ciò che disse un vostro connazionale: "Le idee ispirate dal coraggio sono come le pedine negli scacchi: possono essere mangiate ma anche dare avvio ad un gioco vincente". (Johann Wolfgang von Goethe)

Vinca il migliore!

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