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La postura
di Francesca Ferrari  

6 settembre 2003

La postura, cioè la posizione che ciascuno assume con il corpo, è un segnale non verbale involontario, meno controllabile del volto o del tono della voce e in grado di svelare sentimenti nascosti...


 

Svariate sono le posture che il corpo può assumere: Hewes, che ha condotto uno studio in culture diverse, ne ha contate più o meno un migliaio. Le principali sono: eretta, seduta, rannicchiata, in ginocchio, distesa.

Di esse, alcune vengono messe in atto solo in circostanze o luoghi particolari.

La postura può riflettere lo stato d’animo, l’atteggiamento o la posizione sociale di un individuo, essere legata ad una determinata situazione di interazione oppure manifestare la differenza tra i sessi.

In riferimento alla posizione delle braccia, delle mani, delle gambe e dei piedi, la postura può essere simmetrica o asimmetrica.

Quella simmetrica è determinata da un maggior controllo dei muscoli corporei, mentre quella asimmetrica rivela un maggior grado di libertà espressiva e segnala sicurezza.

Ambedue le posture producono un’estensione del corpo in ampiezza o in altezza facendogli occupare più spazio. Di solito assume queste posture chi intende attirare su di sé l’attenzione degli altri.

La postura eretta con il capo all’indietro e le mani sui fianchi, generalmente, segnala dominanza o competizione.

Quella inclinata in avanti, al contrario, in molte culture viene decodificata come posizione di accettazione o addirittura di sottomissione, se eccessiva.

La postura inclinata di fianco segnala pacificazione e accordo. Cambiare postura, di tanto in tanto, indica il bisogno naturale di distendere i muscoli. Tuttavia, cambiare continuamente postura, può rivelare una tensione che si verifica nel corso dell’interazione o anticipare un intervento verbale, specialmente se a sostegno di un diverso punto di vista o di un diverso modo di affrontare un problema.

Mehrabian, che ha approfondito il rapporto tra postura ed atteggiamenti interpersonali, ha osservato come la maggior parte dei soggetti esaminati assumeva una postura rilassata in presenza di persone di ceto sociale più basso, più frequentemente ciò avveniva in presenza di donne, piuttosto che di uomini e di persone di sesso opposto, piuttosto che dello stesso sesso.

Una rilassatezza moderata viene di solito esibita nei confronti di persone che risultano simpatiche, mentre un’eccessiva rilassatezza segnala antipatia o mancanza di rispetto.

Mehrabian ha rilevato che le donne assumono una posizione con le braccia aperte per segnalare un atteggiamento positivo.

Davis e Weitz, esaminando alcune ricerche di Mehrabian e altri, hanno rilevato che "Le femmine si rivelano in genere più orientate al partner, nell’interazione sembrano indurre più calore e meno ansia e tendono a modulare le loro risposte non verbali in relazione ai bisogni dell’interlocutore di sesso maschile. Esse manifestano inoltre una maggiore mobilità delle braccia e del polso, mentre i maschi manifestano una maggiore rigidità sia negli arti superiori che nel tronco".

Spesso gli individui che interagiscono, tendono ad imitare l’uno la postura dell’altro, assumono cioè posizioni speculari. Secondo Kendon, questo comportamento potrebbe essere segno di un buon rapporto.

Altri ricercatori sono concordi con Kendon nell’interpretare le posture congruenti come indice di simpatia.

Nella vita quotidiana l’uomo compie una miriade di gesti con i quali comunica agli altri, a volte inconsapevolmente, informazioni, sentimenti, emozioni. Circa l’ 80% di quello che vogliamo dire lo esprimiamo attraverso i gesti.

Durante il primo anno di vita, il bambino comunica esclusivamente con i gesti perché il suo sistema nervoso è ancora immaturo: sorride e tende le braccia alla vista della madre o di altre persone conosciute.

In seguito, durante tutto il processo di crescita, continua a servirsene perché i gesti risultano più semplici ed immediati delle parole.

Secondo Desmond Morris, dell’Universita di Oxford, i gesti rivelano la nostra origine animale. Infatti, anche le scimmie più evolute, quando sono arrabbiate o si sentono minacciate, agitano i pugni e pestano i piedi.

Lo studioso Michael Tomasello, insieme ad alcuni suoi collaboratori, ha studiato la comunicazione gestuale di un gruppo di scimpanzè allevati presso lo Yerkes Primate Research Center.

Due gesti sono risultati particolarmente significativi: la "faccia di gioco" esibita dai giovani scimpanzè quando vogliono giocare e il "braccio sollevato" per segnalare ad un compagno l’intenzione di colpirlo.

Di solito, il gesto completa o integra ciò che viene detto con le parole, benchè in alcuni casi esso abbia un suo significato autonomo, come, ad esempio, avviene nel gesto del saluto.

A volte i gesti sostituiscono addirittura intere frasi preparando, anticipando, ampliando o accompagnando la comunicazione verbale che risulta, così, più chiara.

Kendon assegna al gesto una doppia funzione: "psicologica" e "comunicativa". "Psicologica" quando esprime, in modo non intenzionale, emozioni o stati d’animo dell’emittente; "Comunicativa" quando esso ha lo scopo preciso di informare o convincere il destinatario di qualcosa.

Ekman e Friesen hanno distinto cinque tipi di gesti: emblematici, illustratori, regolatori dell’interazione, indicatori dello stato emotivo, di adattamento.

I gesti emblematici emessi intenzionalmente da una persona, sono facilmente decodificabili in parole (gesto di autostop, indicazione di direzione, cenno di saluto). Il significato di tali gesti è condiviso solo da persone appartenenti alla stessa cultura.

Alcune categorie di persone hanno elaborato un proprio "linguaggio dei segni".

Particolarmente interessante il sistema gestuale di Trappisti, sordi e sordomuti: tutti esseri del silenzio! Costoro, attraverso i gesti, designano movimenti, oggetti ed idee connessi alla loro vita quotidiana.

Anche i Sioux dell’America del Nord, pur disponendo di una lingua parlata, spesso utilizzano un linguaggio gestuale che è il più antico di tutta l’America. Esso comprende, circa, cinquecento segni, quasi tutti eseguiti con le mani, con il volto o con la testa.

I gesti illustratori sono movimenti che le persone compiono soprattutto con le mani a sostegno del parlato. Argyle ne distingue diversi tipi: "bacchette" (per indicare il tempo ed il ritmo); "indicatori" (per additare persone od oggeti; "movimenti spaziali" o "relazioni" (per indicare sotto, sopra, attorno); "pittogrammi" (per disegnare figure); "ideogrammi" (per indicare una direzione del pensiero). Tale classificazione la si ritrova anche in Efron che vi aggiunge anche i gesti per indicare movimenti del corpo.

L’uso e la frequenza di tali gesti variano a seconda delle culture. I Mediterranei gesticolano molto più dei Nord-Europei. Gli Italiani del Sud sono capaci di fare addirittura un discorso quasi esclusivamente con i gesti.

L’antropologo Alfonso Maria Di Nola, a proposito della gesticolazione dei Meridionali, osserva: "Sono persone che spesso hanno un vocabolario povero e perciò rimediano alle carenze espressive della parola integrando la comunicazione con l’uso degli arti, del tronco, di tutto il corpo". Tale discorso vale soprattutto per i napoletani, per la varietà dei gesti e l’alto grado di libertà che hanno nel compierli.

I gesti regolatori vengono utilizzati sia da chi parla che da chi ascolta per controllare il flusso della conversazione, indicare l’interesse, l’approvazione o la disapprovazione, manifestare l’intenzione di prendere la parola o di interrompere la comunicazione.

Per l’emissione di tali segnali vengono utilizzate più frequentemente le mani, ma anche mutamenti di posizione, cenni del capo, inarcamento delle sopracciglia.

Sono gesti regolatori annuire con il capo, in segno di conferma o per sollecitare l’interlocutore a proseguire; alzare le mani per interromperlo o segnalargli l’intenzione di prendere la parola; tenere la mano a mezz’aria per indicare che si vuole continuare a parlare.

I gesti indicatori dello stato emotivo, segnalano, di solito, una emozione, un sentimento o un atteggiamento che spesso si vorrebbe nascondere ma che, purtroppo, il corpo, a nostra insaputa, rivela.

Sono gesti indicatori dello stato emotivo: incrociare le braccia in atto di difesa quando ci si sente aggrediti dall’interlocutore; toccarsi il naso quando si mente per paura di essere scoperti; coprirsi il volto per la vergogna; battere rabbiosamente il pugno sul tavolo.

Anche il dondolamento della gamba o del piede può rivelare uno stato eccitatorio di piacere o di rabbia.

Incrociare le braccia, serrare le mani, grattarsi una parte del volto, manifestano diffidenza, mentre chiudere e aprire frequentemente le mani, coprirsi la bocca parlando, tirarsi un orecchio, sono gesti rivelatori dell’ansia.

I gesti di adattamento rappresentano un modo per adattarsi alle diverse situazioni.

Ekman e Friesen hanno distinto tali segnali non verbali in tre categorie: autoadattivi, rivolti principalmente verso il proprio corpo; di adattamento nei confronti di un’altra persona; di adattamento in relazione ad un oggetto.

Rosenfeld distingue nel comportamento gestuale due categorie: gesticolazione cioè movimenti che escludono il contatto con altre parti del corpo e gesti di automanipolazione.

Alla prima categoria appartengono i gesti compiuti con le braccia, le mani e le dita; nella seconda categoria rientrano gesti come grattarsi, battersi su un braccio o su una gamba.

Questi ultimi , secondo Rosenfeld, possono rivelare imbarazzo e di solito sono esibiti da chi vuole evitare l’approvazione dell’interlocutore.

Per Argyle i gesti di automanipolazione rivestono una particolare importanza. Essi servono per scaricare la tensione. Mentre gli animali, quando si trovano in uno stato di grave indecisione o frustrazione ricorrono ad "attività sostitutive" come il grattarsi, l’uomo, nelle stesse situazioni, scarica l’ansia attraverso gesti di automanipolazione, quali il serrare le braccia, stringere le mani, lisciarsi i capelli, toccarsi il volto. Questi ed altri innumerevoli gesti e movimenti del corpo vengono esibiti dalle persone durante l’interazione. Alcuni di essi sono universali cioè vengono utilizzati con uguale significato in culture diverse come far segno di fermarsi, fare cenni di richiamo, salutare con la mano, stringersi nelle spalle, sollevare le sopracciglia in segno di saluto; altri variano da un luogo all’altro e sono tipici di gruppi culturali diversi.

In Arabia Saudita, per indicare che una persona è stupida si tocca la palpebra inferiore con l’indice, mentre da noi tale gesto ha un significato diametralmente opposto: indica cioè che uno è furbo. Anche il "no" si esprime in modi diversi da una nazione all’altra e, addirittura, da una regione all’altra.

In Grecia la negazione si esprime muovendo la testa dal basso verso l’alto, in altri paesi facendola oscillare da destra a sinistra. Il "no" dei Greci è diffuso anche nell’Italia Meridionale, in Turchia, a Cipro e a Malta; e questa identità di significato per lo stesso gesto deriva, secondo Alessandra Casalini, studiosa del Centro di ricerche fonetiche dell’Università di Padova, dal processo di colonizzazione attuato dai Greci durante il primo millennio avanti Cristo.

Il cerchio con il pollice e l’indice, molto in uso negli Stati Uniti per indicare una cosa perfetta, in Giappone segnala denaro e a Malta, addirittura, che una persona è gay.

Anche il gesto della mano a borsa assume diversi significati: in Grecia vuol dire "buono"; in Francia è un gesto di paura; in Tunisia vuol dire "lentamente"; in Italia, invece, ha un significato interrogativo.

Una ricerca sulle differenze tra i sessi ha rilevato comportamenti diversi per quanto riguarda i gesti comunicativi: gli uomini tenderebbero a compiere più frequentemente gesti indicativi mentre le donne sarebbero più portate ad alzare le spalle, scuotere il capo e girare il palmo delle mani verso l’alto.

Nel caso dei gesti di adattamento, l’unica eccezione sarebbe costituita dall’atto di lisciarsi i capelli più frequentemente femminile.

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