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Il linguaggio dell’emozione
di Francesca Ferrari  

6 settembre 2003

Tra le diverse funzioni della comunicazione non verbale, l'espressione delle emozioni è una delle più importanti. Ciò avviene frequentemente e inconsapevolmente.


 

Non solo gli animali ma anche gli esseri umani emettono segnali non verbali che lasciano trapelare chiaramente lo stato emotivo.

I segnali non verbali esprimono gli stati interiori molto meglio delle parole: a volte le sostituiscono o addirittura le contraddicono.

Lo studio più antico sull’espressione emotiva risale a Darwin. Prima di lui all’emozione non veniva attribuito alcun interesse di tipo scientifico, anzi veniva addirittura disprezzata in quanto considerata elemento di disturbo del comportamento razionale perché connessa con la parte animale dell’essere umano.

Anche nel mondo antico le emozioni erano considerate in modo negativo perché rendevano l’uomo incapace di autocontrollo e di dominio delle passioni.

Proprio per questo motivo l’opera di Darwin "L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali" del 1872, appare rivoluzionaria ed altamente stimolante. Darwin sostiene che le espressioni emozionali di base siano da ritenersi innate e quindi universali, anche se sono soggette a modificazioni da parte dell’ambiente.

Eibl - Eibesfeldt ha condotto numerosi studi e ricerche che confermano il carattere innato ed universale di tali espressioni. Altri studiosi, (come Klinenberg, La Barre, Birdwhistell) invece, sono di parere contrario e sostengono che l’espressione delle emozioni non è innata bensì appresa.

Ekman e Friesen, dopo aver effettuato un considerevole numero di ricerche, hanno affermato l’importanza dei due fattori ed hanno elaborato una teoria, la "Teoria neuroculturale", che dà spazio sia agli elementi universali che agli aspetti appresi. I primi si possono riconoscere nel "Programma facciale delle emozioni", mentre i secondi sarebbero influenzati da fattori socioculturali.

L’ipotesi dell’universalità è ampiamente sostenuta anche da Izard.

Secondo Argyle, tre sono le componenti nell’espressione delle emozioni:

  1. uno stato fisiologico, cioè l’insieme dei segnali che si possono notare sul corpo (manifestazioni di piacere, dolore, fame, sonno, sudorazione e tremore, dilatazione delle pupille, ecc.);
  2. l’esperienza soggettiva, cioè l’esperienza personale ed il modo in cui ciascuno esprime le emozioni. Tale espressione delle emozioni a volte è involontaria, altre volte, invece subisce il controllo della volontà. In quest’ultimo caso entrano in gioco le cosiddette regole di ostentazione;
  3.  

  4. segnali non verbali, che possiedono una maggiore veridicità ed efficacia comunicativa, sia perché sono chiaramente visibili e sia perché difficilmente controllabili.

Oggi quasi tutti gli studiosi sono unanimi nell’affermare che esistono alcune emozioni dette "primarie o fondamentali". Alcuni, concordando con la classificazione di Ekman, ne elencano sei, altri come Argyle, ritengono che ve ne siano otto, e cioè: felicità, tristezza, rabbia, paura, disgusto, sorpresa, interesse, vergogna.

I canali attraverso i quali vengono veicolate più frequentemente le emozioni sono il volto, il corpo ed il tono della voce.

Il primo è considerato, nell’ordine, il più importante in quanto comunica il maggior numero di informazioni, soprattutto attraverso lo sguardo.

Anche la pelle rivela gli stati emotivi attraverso il rossore o il pallore, mentre l’apertura della bocca può esprimere intenzioni sessuali (se si mostra la lingua), o anche aggressive.

Secondo Ekman e Friesen, il volto trasmette più informazioni su determinate emozioni, mentre la postura rivela l’intensità dell’emozione stessa. Dello stesso parere sono Ricci Bitti e Argyle.

Quest’ultimo menziona anche il tono di voce come uno dei mezzi più importanti di espressione emozionale.

Le donne sono considerate più abili nel riconoscere emozioni fondamentali, quali la paura, la sorpresa, la felicità, in quanto presterebbero maggior attenzione al volto di chi le esprime, mentre gli uomini sembra siano più attenti ai segnali del corpo e del tono della voce.

Anche gli atteggiamenti nei confronti degli altri possono essere comunicati attraverso segnali non verbali, anzi essi hanno, in questo caso, una incisività di gran lunga maggiore delle parole.

Ekman e Friesen rilevano l’importanza sociale del comportamento non verbale definendolo "linguaggio di relazione".

Poiché emozioni ed atteggiamenti si assomigliano, può risultare a volte difficile operare una distinzione, anche perché entrambi possono esprimersi utilizzando gli stessi segnali.

La differenza tra atteggiamenti ed emozioni sta nel fatto che queste ultime possono verificarsi anche in assenza di stimoli esterni, mentre gli atteggiamenti sono provocati da rapporti interpersonali. Anche i segnali non verbali che comunicano atteggiamenti interpersonali possono essere spontanei, cioè innati, o essere inibiti da regole sociali, come, per esempio, l’antipatia o l’attrazione sessuale.

Di solito gli atteggiamenti positivi vengono espressi spontaneamente, mentre si tende a manipolare e controllare quelli negativi con lo scopo di celare o dissimulare reali sentimenti nei confronti degli altri.

Dr. Francesca Ferrari

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