Anche
“La Strad@” vuole rendere omaggio al VATE nel
750° dalla nascita, ritenendo,però, inutile accodarsi (
anche se indegnamente ) alla miriade dei grandi letterati e studiosi
del Poeta per eccellenza.
Già,
in precedenza, sono stati pubblicati, su questo giornale, articoli
che hanno trattato alcune delle previsioni dantesche sul futuro delle
vicende umane, che hanno dello strabiliante, come l’indicazione
della rotta atlantica per raggiungere il “ nuovo mondo” o
il trattato di ginecologia messo in bocca al poeta STAZIO, nella
cantica del purgatorio.
Qui,
si vogliono segnalare altri due messaggi celati dal Poeta, con grande
maestria, per evitare processi e condanne del Sant’Uffizio che
lo avrebbero colpito tragicamente .
Già
nell’incipit
del 1° Canto dell’Inferno, Dante attacca l’intento
simoniaco di Bonifacio VIII, con l’istituzione del Giubileo del
1300; a tutti è noto il grande esodo di penitenti che,
partendo da Canterbury, o da Parigi, o dal nord europeo, o da
quello italico, si riversarono verso Roma sulla via francigena per
portare il loro obolo e i loro peccati alla soglia del grande tempio
della cristianità.
Quante
sofferenze, quante violenze, quanti morti costò quel falso
mistico richiamo che possiamo considerare come il primo e connotante
messaggio multimediale!
Dante
ce lo manifesta in modo criptato.
Egli
immagina di voler redimersi da una vita non “tanto nova”
e, certamente, pensa di affrontare il viaggio come tutti i
penitenti; per cui, giunto ai primi balzi dei “castelli
romani”, vide il sole illuminare la sommità dei colli e
subito si rallegrò convinto che era giunto alla meta, là
dove la gerarchia ecclesiastica “avrebbe dovuto preservare
la purezza e la sacralità del Tempio della Cristianità”.
Sui
vari ingressi sostano, come arcigni cassieri, molti chierici che,
uditi i peccati commessi dai vari penitenti, consultato il
prezzario da un apposito prontuario, presentano il conto da pagare in
sonanti fiorini, e magari rilasciano pure la ricevuta fiscale.
Esplode
l’ira tremenda del Poeta che marchia a fuoco il Vaticano
dell’epoca, raffigurandolo come il tenebroso ricettacolo di
bestie feroci come la Lonza, il Leone e la Lupa “ carca di
tutte le brame”: come dire, albergo di sfrenata lussuria insana
prepotente potenza, insaziabile cupidigia.
Diceva
LUTERO : “Pecca fortiter, sed crede fortius”.
Ma
Dante anticipa persino il Concilio di Trento, perché non solo
l’uomo si salva l’anima con la Fede, ma a questa vanno
aggiunte le opere e l’espiazione della giusta pena ( intesi
Signori Giudici ??!! )oltre che la “vera fructuosa
poenitentia”. Quanta attualità nella Chiesa di
Roma, alla quale Papa Francesco cerca, con grande forza e Fede, di
ripristinarne il giglio Francescano !!!
E
veniamo ad un’altra strabiliante visione fisico-astronomica del
nostro Poeta-Vate ( Vate,
perché predice il futuro – anche Virgilio fu ritenuto
nel Medio Evo “ Vate “, perché nella IV “ecogla
“, dedicata all’amico ASINIO POLLIONE, aveva predetto la
nascita di un bambino salvatore del mondo, cioè: Gesù
).
Se
si pone mente al primo verso del I Canto del Paradiso, là dove
recita “La gloria di Colui che tutto move” e lo si
confronta con l’ultimo verso del 33° canto dello stesso
Paradiso, che così recita :
“ l’amor
che move il sole e le altre stelle” notiamo l’uso
del medesimo verbo “move” come l’incredibile
anticipazione dell’intuizione copernicana, che permise al
nostro Galilei, come canta il Foscolo, di scoprire “sotto
l’etereo padiglion rotarsi più mondi …. onde
all’Anglo, che tant’ala vi stese, primo sgombrò
le vie del firmamento”.
Eppure,
Dante era un aristotelico convinto; ciò non toglie che Dante
avesse già appreso e studiato teorie astronomiche forse arabe
o babilonesi; certamente, aveva messo in soffitta Tolomeo ed il suo
famoso testo “ Almagesto “.
Oggi,
purtroppo, gli studi liceali languono miseramente, per quanto attiene
agli studi umanistici, alla nostra storia letteraria, a quel “sapere
“ che è matrice di civiltà, di sviluppo di virtù
civiche e domestiche; questo mio semplice contributo non vuol essere
altro che un omaggio deferente e commosso ai miei professori del
Liceo Telesio di Cosenza i quali non solo furono “Omnes
virtutis magistri” ma, facendo miei i versi di Dante al
suo maestro Brunetto Latini, mi insegnarono “ ad ora ad ora
come l’uom s’eterna”.
Maggio
2015
Giuseppe
Chiaia – preside.
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