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Felici...
di Georgia Giordano  

26 giugno 2012






...si nasce o si diventa?


 

Counseling

Questo lavoro si occupa del tema della paura che si ha quando si vive in una condizione di felicità e su come la scienza e le ricerche si sono impegnate nel lavoro per imparare ad essere felici.

C’è una grande paura che tutti abbiamo. La grande terribile paura di essere felici.

Sono delle condizioni fortunate che ci fanno essere felici oppure possiamo imparare ad esserlo? La risposta potremmo trovarla nella frase: "Mi va tutto bene.....mi succederà qualcosa...": a prescindere dalle condizioni, a livello inconscio si teme che qualcuno dall’alto vedendo la nostra felicità, avrà il gusto di rovinarcela, per cui la frase rivela la paura che se si è felici, succederà qualcosa di male. "Penso di avere paura di essere felice...perché quando diventi felice, c’è sempre qualcosa che va storto"(Charlie Brown).

Cos’è la paura

La paura è uno stato di allarme generale in prossimità di un pericolo reale o presunto e si produce quando non si riesce ad avere la possibilità di capire quello che succede: quando non ci si vede chiaro. E’ un sintomo non un problema. Si può manifestare attraverso "la fuga" o "l’attacco" (quando coinvolge l’aggressività negli "scontri" durante le dinamiche di vita quotidiana); la preoccupazione di perdere l’affetto di chi ci circonda o la manifestazione dell’odio (quando coinvolge l’affettività); la perdita della stima o della sicurezza interiore (quando coinvolge la parte della nostra personalità più "razionale" e determina forti dubbi sulle proprie "capacità mentali").

L’essere umano in fondo non può vivere senza essa, perché la paura "corretta" fa parte integrante della vita e costituisce una emozione umana che consente di salvaguardarsi e di fare esperienze "NON PERICOLOSE". Ogni novità è un cambiamento nella nostra vita (proprio perché rappresenta una cosa nuova, che non si sa gestire in quanto non conosciuta) e produce uno scombussolamento sia a livello consapevole che inconsapevole in quanto combatte contro l’abitudine, contraddistinta dal pensare o fare cose "consuete" che costituisce un’attività psicofisica a basso consumo di energia.

Il cambiamento di un’abitudine, porta alla rottura di un equilibrio interno come se si fosse tirata una pietra nello stagno, determinando un turbamento della quiete; questo turbamento, perdurerà fino al momento in cui non si creerà un adattamento, che determinerà un "nuovo" equilibrio interno da cui risulterà la "produzione" di una "nuova" abitudine. Infatti, dopo il turbamento iniziale dovuto al lancio del sasso, l’energia cinetica si scaricherà attraverso le onde prodotte e l’acqua dello stagno tornerà ad essere "tranquilla". E’ necessario precisare che esistono paure corrette (conseguenti ad eventi reali) e paure frutto di fantasie, che sconfinano in condizioni nevrotiche: da un punto di vista tecnico, le prime si definiscono Sentimento di paura, le seconde Complesso di paura o fobia.

La paura si vive come un disagio e a determinate condizioni rappresenta un ostacolo che può essere visto come l’impedimento dell’appagamento di un bisogno o di un desiderio e la sofferenza che si determina prende il nome di frustrazione.

La paura, inoltre, è inversamente proporzionale allo sviluppo della Identità e della propria Autostima: possiamo quindi rappresentare il legame tra identità, autostima e paura come un rapporto.

Per identità intendiamo la comunicazione continua e costante, consapevole ed inconsapevole, che ogni essere umano ha con se stesso: ogni manifestazione comportamentale, ogni sbalzo d’umore, ogni stato d’animo dipende da questo continuo dialogo con se stessi che, inoltre, consente un tratto di continuità fra presente e passato, del nostro mondo inconsapevole. A queste condizioni, la nostra identità permette di riconoscerci ogni giorno (consapevolizzazione dell’io), adattandosi ai cambiamenti continui relativi alla nostra personalità psicofisica; ecco perché ci accorgiamo di essere cambiati, osservando una nostra vecchia fotografia oppure rileggendo nostre riflessioni che avevamo messo su carta, nel passato.

Il concetto di autostima risulta da una valutazione delle qualità percepite (in maniera corretta) come proprie, utili per sé e non dannose per gli altri. In sostanza, una considerazione positiva generale che un essere umano può avere di sé. Tutto ciò comporta la capacità di costruire con criterio, validi rapporti sociali, superando rancore, ostilità e meschini risentimenti,valutando inoltre il positivo ed il negativo, chiarendo eventuali disagi. A queste condizioni, una buona autostima consente di sentirsi sicuri di sé, di considerarsi "solidi", di sentirsi realizzati nel lavoro prescelto, di sentirsi integrati in maniera corretta nell’ambiente in cui si vive. Con l’affermazione e una buona autostima, vi è il successo e il superamento delle paure; ribadiamo che il rapporto tra autostima e paura è inversamente proporzionale, quindi maggiore è la propria autostima, minore è la paura di affrontare la difficoltà della vita. Le vie per il raggiungimento dell’autostima sono due: Interne, lavorando per superare le fasi transitorie ed Esterne avendo figure di riferimento che dimostrino disponibilità, accettazione, approvazione, incoraggiamento.

Esistono diversi tipi di paure: alcune legate al rapporto con la propria identità ( invecchiare, andare in pensione, diventare invalidi per malattia, essere felici, difficoltà economiche, perdere una persona cara, morire) e altre legate al rapporto con il mondo esterno ( cambiare lavoro, parlare in pubblico, cambiare domicilio, cambiare partner) .

Dove si origina la paura di essere felici?

La paura di essere felici fa parte delle paure frutto di fantasie e si può definire Complesso di paura ed è legato al rapporto con la propria identità.

L’origine di essa va ricercata nel mondo infantile. Il nascituro, quando viene alla luce passa da una condizione di benessere nell’utero materno ad un periodo di "tumulto"che continuerà anche dopo il passaggio attraverso il canale del parto dal momento che nascendo dovrà affrontare molte novità (imparare a respirare, imparare a chiedere il cibo, affrontare gli sbalzi termici, etc.).

Crescendo, il bambino sperimenta, nel proprio nucleo familiare, molto presto che quando fa qualcosa di piacevole spesso un genitore interviene. Si registra quindi fin da piccoli l’intervento di un adulto come punizione o negazione di un piacere; se gli interventi sono troppo frequenti e non misurati con altrettanti permessi al piacere, ogni volta che il bambino sta per permettersi di essere felice, temerà un intervento frustrante dall’alto.

Il rischio nell’età adulta è quindi quello di rimanere bloccati nella "pancia" di questa dinamica infantile e vivere ogni possibilità di felicità e piacere con lo stesso timore.

Alcuni persino provano rassicurazione ad essere infelice perché in tal modo non devono temere un intervento punitivo perché lo precedono!!. Se l’infelicità è poi vissuta da tanto tempo, diventa la normalità di una persona, mentre la felicità diventa una condizione eccezionale in cui non ci si sente a proprio agio!!

E’ un po’ come se ci si trovasse in un paese straniero di cui non si conoscono usi e costumi, quindi si può incappare in molti pericoli e non si sa come muoversi, allora spesso si sceglie l’infelicità volontariamente, rifiutando di uscirne o scegliendo situazioni che già si conoscono.

Tutto questo perché si ha, chi più chi meno, la tendenza a pensare sempre al passato vivendo meno il presente!! Cosi si finisce per diventare paranoici temendo di perdere la felicità raggiunta ..e cosi questa tanto agnognata felicità finisce per sfuggirci di mano....(si fa riferimento a soggetti che hanno un rapporto conflittuale con la loro identità).

Tutto ciò è dovuto al fatto che in molte persone vi è una struttura mentale " rigida",quasi spartana, della vita, che finisce per diventare la "condicio sine qua non" , per cui si è poco concilianti e quindi non essendo in pace con se stessi, c’è la cosidetta "guerra privata"con il proprio Io, anche perché si tendono a difendere la proprie idee, quindi la propria coesione che equivale a difendere la propria identità! Noi difendiamo "sempre" noi stessi e questa è una Legge Naturale che si oppone ad ogni cambiamento e quando consapevolmente si vuole cambiare, si devono fare i conti con la difesa della coesione del proprio mondo interno.

C’è da aggiungere che nel cervello ci sono più recettori deputati alla gratificazione che alla sofferenza (per cui dovremmo essere naturalmente felici), allora in certe condizioni si è delle teste dure... e dei fessi che vogliono soffrire! In fondo forse la felicità funziona così.. la si raggiunge solo attraverso un’infinita ricerca, premiata da un istante brevissimo per poi ricominciare a capire dove sta....

Il pauroso che non "combatte" non sa che cosa significa esser solo: dietro la sua poltrona c’è sempre un nemico (Friedrich Nietzsche).

La felicità si impara!!

La scienza ha scoperto che le persone felici hanno dei vantaggi notevoli! La ricercatrice americana e psicologa Sonia Lyubomirsky e i suoi colleghi della University of California hanno analizzato oltre 250.000 persone e hanno scoperto che la felicità rende più socievoli, più altruisti, più abili a risolvere conflitti, più produttivi sul lavoro e più sani. Essere felici infatti innalza le difese del sistema immunitario. Alcuni studi sostengono addirittura che le persone felici vivono dai quattro agli undici anni in più! Viceversa, quando siamo infelici siamo più irritabili, meno flessibili, e tendiamo a creare più problemi a noi stessi e agli altri. La ricerca della felicità non è quindi, come qualcuno potrebbe erroneamente pensare, un gesto egoistico. Tutt’altro. E’ un dono per noi stessi e per il mondo.

Purtroppo nella nostra società ci sono molti falsi miti che ci impediscono di raggiungere la felicità. Così spesso finiamo per vivere tutta la vita correndo dietro a falsi ideali, confondendo i desideri con i bisogni, senza conoscerci veramente, senza cercare di capire perché siamo qui, qual è il significato della nostra esistenza e come potremmo essere davvero felici.

1)Il primo falso mito riguarda ciò che ci occorre per essere felici

Se si domanda, la maggior parte delle persone risponderà: più soldi. "Più soldi per fare ciò che desidero, per lasciare il lavoro, per comprare casa!". Ma è proprio vero?

Negli anni ‘70 uno psicologo della Northwestern University, Philip Brickman ha fatto una ricerca per capire quanto questo mito della ricchezza legata alla felicità fosse vero e reale. Brickman e i suoi colleghi contattarono tutte le persone dell’ Illinois che negli ultimi anni avevano vinto grandi somme di denaro alla lotteria e le sottoposero ai loro test sulla felicità. Poi scelsero a caso altrettante persone dall’elenco del telefono dell’ Illinois e fecero loro le stesse domande. Contrariamente a quello che ci si potrebbe aspettare le persone che avevano vinto grosse somme non erano per niente più felici degli altri. Non c’erano differenze tra il gruppo di controllo e i ricchi, se non che il gruppo di controllo aveva un punteggio più alto nella capacità di godere delle piccole cose di ogni giorno!

Questa ricerca ha portato a studi più ampi sulla correlazione soldi/felicità. In tutte le ricerche i risultati hanno svelato lo stesso tipo di schema: in uno stato di estrema povertà il tasso di felicità si abbassa ma una volta che i bisogni di base sono soddisfatti, il tasso di felicità si stabilizza ed avere più reddito non lo cambia.

2)Un altro falso mito riguarda la nostra possibilità di influenzare la felicità

Molti credono che il livello di felicità sia qualcosa che non possiamo controllare, qualcosa che non dura e che può sparire in un attimo. Invece non funziona così. La felicità, quella vera, quella duratura è possibile, ma non la si vive così per caso. È il risultato di un lavoro interiore, uno stato di serenità che ha ben poco a che fare con quello che succede al di fuori di noi.

I recenti studi dimostrano infatti che il raggiungimento della felicità non è legato ad una caratteristica innata ma ad una capacità, come ad esempio giocare a tennis, e come tale possiamo apprenderla. Possiamo imparare a essere felici indipendentemente da tutto. E’ proprio come giocare a tennis, bisogna allenarsi! Nessuno si sogna di vincere un torneo o fare un bella partita prendendo in mano la racchetta una volta all’anno. Non esistono persone senza risorse, esistono solo persone che ignorano le proprie risorse....oppure non vi investono il tempo necessario.

Negli anni 70’ uno studioso Michael W. Fordyce mise a punto un programma, in grado di aumentare la felicità, frutto di una ricerca e notò che quando le persone dovevano spiegare il concetto di felicità facevano due errori: confondevano le cause con gli effetti ad esempio pensando "sono felice perché ho trovato lavoro"al posto di pensare "sono felice lo sento, perché tutto mi sembra più bello!" e utilizzavano dei sinonimi per descrivere la felicità "essere felici è essere allegri, contenti, sereni..."al posto di descrivere come si sta quando si è felici.

Secondo lo studioso invece la felicità è uno stato mentale che si sente e che la persona può riconoscere cosciente, quindi un’esperienza interna, consapevole, nonchè un’emozione piacevole che produce un sentimento di benessere e contentezza.

Alla fine dei suoi studi Fordyce stabili alcuni principi fondamentali che ognuno dovrebbe mettere in pratica e imparare se desidera essere felice:

  • Considerare la felicità come una delle priorità della vita
  • Essere più attivi, produttivi e tenersi occupati con impegni ben organizzati che aiutano molto l’umore, svolgendo attività che abbiano significato da cui è possibile vederne e riconoscerne i frutti, al posto di avere troppo tempo libero e soccombere alla noia;
  • Socializzare attraverso una ricca rete sociale (amici, conoscenti) con cui interagire quotidianamente;
  • Smettere di preoccuparsi, angosciandosi per qualcosa senza attivarsi, poiché il problema rimarrebbe irrisolto, sviluppando pensieri ottimistici e positivi che danno la forza di andare avanti e il coraggio di osare;
  • Ridimensionare le proprie aspettative e cercare di essere meno ambiziosi, poiché avere troppe aspirazioni può diventare controproducente e non fa apprezzare quello che si ha;
  • Essere orientati sul presente; non ha senso rimuginare sul passato o preoccuparsi per un futuro ignoto;
  • Lavorare per costruire una sana personalità, imparando ad essere se stessi, non fingendo per piacere agli altri, provando a migliorarsi sempre, anziché raccontarsi "sono fatto cosi, non ci posso fare niente", attraverso un opportuno lavoro su di sé;
  • Avere rapporti intimi (che sono una fonte importante di felicità nonché il soddisfacimento di uno dei bisogni necessari indispensabili).

Ad oggi il counseling è importante ed efficace per un percorso sulla propria personalità, per riuscire a lavorare sulle proprie paure, quali quelle legate alla felicità, usando la logica tramite un buon dialogo con se stessi, trasmettendosi messaggi positivi e ricordandosi di avere ottenuto dei risultati degni di nota. Se ci si mostrerà concilianti, si migliorerà la propria capacità di flessibilità cambiando prima (adattandosi alle necessità); se si manifesterà un carattere rigido, si avrà più difficoltà a cambiare. E’ la mente a stabilire, quali idee sarà bene cambiare secondo un uso corretto della logica. Bisogna tener conto che solo i contenuti scorretti e negativi andranno "rivisitati", il resto della personalità non subirà forti scossoni e non andrà incontro ad uno snaturamento di sé.

La maggior parte delle persone accettano l’idea di fare esercizio fisico regolarmente per tenersi in forma.... che differenza farebbe se accettassimo l’idea di investire un po’ di tempo per migliorare mente e spirito ed essere più sereni

La paura di essere felice

Sono felice quando sono vicino

alle persone che riescono ad emozionarmi.

Sono rare ma mi danno la forza

di continuare ad essere me stesso,

a credere negli ideali per i quali

vale la pena di lottare.

Certe volte nella vita

si fanno cose che gli altri

non riescono nemmeno ad immaginare,

perché hanno paura di sognare.

Sono felice,

ma ho paura di dirlo ad alta voce.

(Sergio Melchiorre)

 

Bibliografia

Belotti Elsa e Bigi Enzo "Le musiche della vita e la nostra complicità" Edizioni Celtis, 1996

Sitografia

www.lastradaweb.it "Autostima .Come si diventa più forti?"

www.lastradaweb.it "Quell’emozione chiamata paura"

www.lastradaweb.it "Perché si ha paura di essere felici?"

www.lastradaweb.it "I Conflitti. Come mai tendiamo a difendere (e a nascondere) i nostri "panni sporchi"?

www.encicolpediadellapnl.com

www. Ascoltopsicologico.it

www.leparoledelcuore.it

 

 

 

 

 

 

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