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Le ragioni del cuore...
di Giorgio Marchese  ( direttore@lastradaweb.it )

22 gennaio 2017






Ma che ora é?


 

A spasso verso un futuro migliore

"Le scrivo perché ho dei seri problemi con mia moglie che è decisa a separarsi da me, pur avendo, noi, due bambini ancora piccoli. Grazie a quello che lei scrive, ho scoperto tante cose cui non avevo mai prestato sufficiente attenzione e, soprattutto, mi sono accorto, dopo 11 anni di matrimonio (che sembravano esemplari) di non aver mai valorizzato quei segnali che, mia moglie, mi aveva inviato negli ultimi tempi, indicatori di un rapporto ormai "stanco". Da premettere che vivo, purtroppo vicino a mia suocera, che ha esercitato, fra l’altro, un’intromissione negativa nei confronti della mia famiglia, approfittando anche delle mie lunghe assenze, legate a motivi di lavoro, peraltro inderogabili. Sarà per il fatto che ci siamo sposati giovani (forse troppo), sarà per la mancanza di comunicazione degli ultimi anni legata alla mia scarsa capacità di comunicare tra noi, non mi sono accorto del fatto che, nel frattempo, lei aveva cercato rifugio in altre braccia. Attualmente, pur avendo interrotto quella relazione (di cui mi accollo parte della responsabilità, per cui non posso e non voglio incolparla di nulla), dichiara di volermi ancora bene ma di non amarmi più. Perché non posso meritare l’opportunità di provare un’altra occasione per mostrarle e mostrarmi la voglia del nuovo, anche in ciò che il tedio e la noia, hanno invecchiato tristemente?"

Non di rado mi imbatto in rimorsi e rimpianti, per una vita tesa ad essere consumata senza capire bene il perché, all’ombra di quel sole che dovrebbe alimentare la fiamma che si chiama amore... al freddo di quegli stati di alienazione che ti portano a chiedere che senso ha il continuare ad amare...

Già, l’amore. Ma, in fondo, cos’è il "vero" amore?

Ho studiato e scritto molto, su questa piattaforma programmatica intorno alla quale ruota il destino dell’intero genere umano... e non solo. Cos’altro si potrebbe dire, senza correre il rischio di ripetersi? Vediamo un po’, proviamo a chiudere gli occhi e lasciamo andare il fluire dei pensieri, provando a trasformare le idee in emozioni e parole in grado di scaldare fin dentro i meandri dell’anima, quella rimasta a mendicare un briciolo di attenzione, con le braccia rivolte al cielo dell’indifferenza a chiedere pietà.

Amore... intenso sentimento basato su una multifattorialità di elementi (affetto, rispetto, stima, complicità, curiosità, amicizia, erotismo, intimità, solidarietà, protezione, comprensione, accettazione, "freschezza", etc.), i quali producono un’attrazione crescente e irreversibile, fra due persone che tendono a diventare, via via, sempre più mature.

Su cosa si basa la vita di una persona?

Vediamo un po’... dipende! Si, infatti molto di noi, seguono il corso di un fiume la cui sorgente si trova lì, dove stanno gli "imprinting" (le esperienze, i ricordi, le convinzioni, il proprio modo di essere). Io, ad esempio, spesso ardo nell’apparente contraddizione di voler essere, al tempo stesso, bambino (per continuare a credere nei sogni e nelle aspirazioni), canuto (per contare sulla necessaria saggezza), donna (per la voglia di migliorare e vincere la diffidenza di un mondo di sopraffazione), uomo (per le responsabilità che ne conseguono), padre (per trasmettere un po’ di me, all’infinito), madre (per contribuire a generare persone migliori), figlio (per il bisogno di imparare), figlia (per annullare quel fisiologico "attrito" che gli esperti chiamano Complesso di Edipo), etc. Ovviamente questo non nasce da una questione di confusione di ruoli o di identità sessuale ma, semmai, dal bisogno di rendersi conto che, per andare d’accordo con l’altro, bisogna essere in pace, anzitutto, con se stessi e dirigersi verso l’appagamento di una vita equilibrata nelle aspirazioni, nei programmi e nelle realizzazioni.

"Dove gli occhi vanno volentieri, anche il cuore va, né il piede tarda a seguirli" (Carlo Dossi).

Ma è poi vero che, se ci si ama, ognuno capisce e accetta il mondo di chi gli cammina accanto? Abbiamo mai provato a conciliare due opposti condizioni di derivazione e di appartenenza? Un uomo e una donna, appunto!

"E poi e poi e poi, faccio fatica anche a parlare, non ne ho voglia...non so neanche decifrare questo gran rifiuto che io sento... non so se è un odio esagerato o un grande vuoto o, addirittura, un senso di sgomento, di disgusto che cresce, che aumenta ogni giorno: mi fa male tutto quello che ho intorno. E poi e poi e poi, questo gran parlare che mi viene addosso, bocche indaffarate, volti da rubriche di successo, eterne discussioni: sono innocue esibizioni; ma fa effetto questo gusto, questo sfoggio di giocare all’uncinetto con le opinioni. Sono stanco, vorrei andarmene lontano ma purtroppo mi ci invischio, ogni volta mi accanisco: è una droga, non ne posso fare a meno. E poi e poi e poi... ci siamo noi, un uomo e una donna, con tutte le nostre speranze, le nostre paure che a fatica ogni giorno cerchiamo di capire cos’è questa cosa che noi chiamiamo amore. E poi e poi e poi... è un gran bombardamento di notizie, la vita è piena di ingiustizie, di soprusi veri; devi dare una mano, non puoi tirarti fuori devi andare a votare, poco convinto devi fare il tuo intervento, devi partecipare a questo gioco di potere sempre più meschino e scaltro; e tutto quello che io sento è qualcos’altro. E poi e poi e poi... Io e lei, un uomo e una donna, in cerca di una storia del tutto inventata ma priva di ogni euforia e così concreta, che intorno a sé fa nascere la vita. Non saremmo più soli io e lei, finalmente coinvolti davvero, potremmo di nuovo guardare il futuro e riparlare del mondo non più come condanna ma, cominciando da noi: un uomo e una donna" (G. Gaber -Un uomo e una donna)


A queste condizioni, è probabile che si riesca a superare la paura di essere feriti dall’altro e che si accetti l’idea di rimettersi in discussione per verificare come poter migliorare ancora, senza la necessità di difendere lo steccato dell’egocentrismo "malato" che porta all’indifferenza esistenziale, al vittimismo e al logoramento di qualunque rapporto d’amore. L’importante, comunque, è non subire il modo di fare e di pensare dell’altro. Si può discutere e scontrarsi, se è il caso, ma non rassegnarsi. Se le strade divergono, vuol dire che non ci si ama abbastanza. A quel punto, necessariamente, bisogna capire cosa è più importante, tenendo presente che, a volte, l’amore è come la vita: se non te ne curi abbastanza, "avvizzisce" ogni giorno di più... e quando finisce, non te ne accorgi.

"Fra i rumori della folla ce ne stiamo noi due, felici di essere insieme, parlando poco ma dicendoci molto" (Walt Whitman).

E allora, cosa c’è nella vita di ognuno, che fa perdere la "sintonia" con gli altri, con l’altro?

Una mattina di dicembre di tanti anni fa, in casa dei miei genitori, alle prese con la realizzazione di un presepe monumentale (retaggio affettivo di apprendimenti materni), scorrono davanti agli occhi fotogrammi de "Gli esami non finiscono mai", tre atti e un prologo di Eduardo de Filippo. Una Cantata dei giorni dispari. Guglielmo Speranza (Eduardo) mi presenta la rappresentazione della sua vita, che poi rispecchia, a tratti, quella di tutti. Per indicare il trascorrere del tempo, si serve di tre barbe posticce una bruna (per indicare la giovinezza), una castana (che evidenzia la mezza età) e, l’ultima, bianca (per indicare la "resa"). L’azione inizia col conseguimento della laurea. Fidanzato con Gigliola, subisce l’interrogatorio dei futuri suoceri che pretendono da lui una carriera prestigiosa. Si sposa, ha due figli, ma la sua vita dipende sempre dalla gente, che lo osserva e lo giudica. Infatti, quando s’innamora della giovane Bonaria (perché la sua vita matrimoniale non ha più nulla da "esprimere"), si scontra con il coro dei benpensanti, capitanati da Furio La Spina, il suo miglior amico (che, per intanto, ha una relazione segreta con sua moglie). Guglielmo, allora "invecchia" indossando la barba bianca. Per trovare pace, si rinchiude in casa in silenzio, decidendo di "spegnersi". I familiari lo assistono, sperando nella morte liberatrice. Quando è il momento, nemmeno le sue disposizioni per le esequie vengono rispettate. Guglielmo seguirà i suoi funerali attraversando il palcoscenico come un attore da rivista che saluta il pubblico, nel teatrino dei falsi convenevoli di parenti e amici.

"La vittoria ha cento padri, ma la sconfitta è orfana" (Proverbio Popolare).

Ah, l’abitudine a lasciarsi andare perché, tanto, la vita non va come noi vorremmo, ma è il risultato di circostanze contro cui non possiamo opporci! Che peccato.

"Il cammino attraverso la foresta non è lungo se si ama la persona che si va a trovare" (Proverbio Africano).

Il tempo. Come cambia il tempo, le cose della vita. Ma in bene o in meglio? Come sempre, dipende. Ma dipende da cosa? Da quello cui abbiamo rivolto, in maniera prevalente, le nostre attenzioni. Se curi troppo qualcosa, finisci col trascurarne delle altre... e non è detto che non siano altrettanto importanti. Quanto mi ha colpito, negli anni ottanta, quel bel film di Ettore Scola, con Marcello Mastroianni e Massimo Troisi dal titolo apparentemente qualunquistico: "Che ora è?"

Un avvocato sessantenne (Mastroianni) decide di andare a trovare il figlio (Troisi) che sta terminando il servizio militare a Civitavecchia. Una giornata faccia a faccia tra un padre arrivato e un figlio introverso, che non hanno mai comunicato. Un film sulla difficoltà di comunicare, monologhi costruiti sulle qualità recitative dei due attori. Quanta tenerezza quel padre che scorge il sipario del proprio fallimento, nell’aver proposto un modello di vita tanto lontano di valori reali di affetto e amicizia che il figlio apprezza e ricerca. "Ma come, non ti piace la macchina che ti ho comprato; è una Lancia Thema... Turbo, 200 Cavalli!" - "Si va buò... ma non è questo, quello che conta...."alla fine si "accompagnano" per un tratto, in treno... e si incontrano su una domanda retorica e ossessiva, perno della sceneggiatura: "Che ora è?"

"Si vive solo il tempo in cui si ama" (Claude-Adrien Helvetius)

Ma l’abitudine, quella che ti porta a far finta di non voler capire il crinale degli eventi, la polvere del tempo, quella che spegne i colori e porta al crepuscolo.... si, perché, quando la luce si riduce, la retina comincia a funzionare in toni di grigio... non c’è più energia per attivare la zona che consente la visione a colori. "Due cose assolutamente opposte ci condizionano ugualmente: l’abitudine e la novità" (Jean de La Bruyère). In sostanza, il vecchio e il nuovo ci fanno entrambi paura. Solo che il nuovo possiamo sfuggirlo e il vecchio possiamo aggirarlo non pensandoci, dando voce ad altre istanze che, però, non basteranno a chiudere i conti e, spesso, apriranno le porte ai rimorsi.

Ribellarsi, si, costi quel che costi e decidere, finalmente quello che si cerca, senza alibi, pregiudizi e vittimismi... e poi pagare. Che almeno ne valga la pena. A tutti è concessa un’altra occasione, se non è, ormai, troppo tardi.

"Quei giuramenti, quei profumi, quei baci infiniti, rinasceranno..." (Charles Baudelaire).

Ormai le palpebre "pesano" per il troppo tempo trascorso a cavallo tra quello che sono, ciò che dovrei diventare e quello cui dovrei rinunciare. Solo ora mi accorgo di aver selezionato una canzone, uno dei temi del mio modo di essere... Navigante: "Siamo stati naviganti con l’acqua alla gola. E in tutto questo bell’andare quello che ci consola è che siamo stati lontani e siamo stati anche bene; e siamo stati vicini e siamo stati insieme. Siamo stati contadini noi due senza conoscere la terra e piccoli soldati senza amare la guerra, ci hanno mandati lontano senza spiegarci bene e siamo stati male, ma siamo ancora insieme. Grandi corridori di corse in salita che alzavano la testa dal manubrio per vedere se fosse finita, allenati alla corsa, allenati alla gara e preparati a cadere e a tutto quello che s’impara, innamorati della sera, innamorati della luna conoscitori della notte senza averne paura, innamorati di quel fiore che non vuole mai dire: ecco, è tutto finito e bisogna partire. Ma ora è il momento di mettersi a dormire lasciando scivolare il libro che ci ha aiutati a capire che basta un filo di vento per venirci a guidare... perché siamo naviganti senza navigare mai" (Ivano Fossati).

Sarà servito questo mio viaggio nel mondo di intendere l’amore come espressione di energia, grazie a cui è nato l’Universo? Io credo di si... almeno per me.

"Eravamo insieme, tutto il resto del tempo l’ho scordato" (Walt Whitman)

 

 

G. M. - Medico Psicoterapeuta (14 gennaio 2010)

 

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