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Requisiti dell’Intelligenza Artificiale
di Stanislao Guglielmelli  

6 settembre 2003

Quali sono i requisiti da riscontrare per riconoscere, in una macchina, un'intelligenza artificiale?


 

Un’intelligenza artificiale deve manifestare almeno uno dei seguenti requisiti:

  • Intelligenza artificiale presuppone soluzioni infallibili;
  • Intelligenza artificiale significa macchina inferenziale (dotata di processo logico, per cui dati dei presupposti sono in grado di trarre conclusioni);
  • Intelligenza artificiale significa capacità di una macchina di eseguire processi di cui non era ritenuta capace;
  • Intelligenza artificiale significa mostrare capacità di apprendere.

La possibilità che una intelligenza artificiale giunga a soluzioni infallibili è molto improbabile poiché presuppone la totale conoscenza, cosa molto difficile da immettere in una macchina poiché il processo di acquisizione della conoscenza è molto complesso, pertanto la cosa più attuabile è la capacità di massima efficienza nell’elaborazione dei dati.

Concepire una intelligenza Artificiale come macchina inferenziale consiste nel considerare la macchina capace di ragionamento logico.

Ciò è possibile trasformando le conoscenze, degli esperti nei vari settori in regole che la macchina è in grado di seguire.

L’inferenza è senza dubbio, un aspetto importante della comprensione ma non può essere sinonimo di intelligenza, pertanto definire l’intelligenza artificiale come macchina inferenziale non è esauriente.

Una intelligenza artificiale deve contenere necessariamente una capacità inferenziale, ma ciò non può bastare a definire l’intelligenza artificiale.

Il terzo requisito e quello della meraviglia. Se nessuna macchina ha seguito in precedenza un dato compito, allora può essere considerata intelligenza artificiale.

Questo requisito è, però, poco convincente poiché la "meraviglia" dura solo un certo tempo ed è destinata a decadere nel tempo.

Ad esempio è da ricordare che un tempo venivano definite dotate di I.A. quelle macchine capaci di giocare a scacchi.

Oggigiorno i programmi per giocare a scacchi sono alla portata di tutti e quindi il fattore legato alla meraviglia è scontato.

La quarta visione della intelligenza artificiale scaturisce dalla constatazione che l’intelligenza implica l’apprendimento; l’intelligenza artificiale propriamente detta quindi, presuppone una macchina che impara, in grado cioè di migliorare la sua intelligenza col tempo.

Benché molti ricercatori abbiano compiuto tentativi interessanti nessuno è mai riuscito a creare una vera intelligenza artificiale. la costruzione di una intelligenza artificiale comporta un enorme ingegneria di software poiché il vero problema consiste nel renderla capace di fare qualunque cosa si possa volere.

Prima del 1982 l’intelligenza artificiale richiamava il concetto della meraviglia ma ciò non prescindeva dalla necessità di realizzare una "crescita progressiva".

In un programma di intelligenza artificiale è insito che probabilmente avrà un aumento progressivo che permette di destare sempre meraviglia.

Il punto cardine dell’intelligenza artificiale è quindi nelle dimensioni, creare macchine intelligenti cioè capaci di manifestare comportamenti intelligenti significa costruire programmi contenenti idee di intelligenza artificiale che rendono la macchina in grado di applicare le conoscenze e situazioni specifiche.

L’applicazione di idee di intelligenza artificiale è strettamente correlabile alle dimensioni e quindi al processo di "aumento progressivo" che costituisce il risultato del lavoro svolto in dati settori.

In un recente libro di R. Schank "Tell me a story" l’autore ritiene che la dimensione è il fulcro dell’intelligenza umana e che le menti intelligenti debbono essere considerate "macchine narratrici" in grado di raccontare storie anche senza preavviso.

Ma per trovare storie pertinenti da raccontare è necessario un enorme quantità di conoscenze di base che può essere, all’occorrenza, modificata. Allora non c’è intelligenza senza conoscenza reale e modificabile.

Da questa definizione scaturisce una nuova problematica: in un sistema piccolo può esserci intelligenza artificiale?

Quale dimensione deve avere un dato sistema per poter essere definito sistema di intelligenza artificiale?

Poiché l’intelligenza artificiale consiste nel rappresentare la conoscenza, allora anche un piccolo programma potrebbe essere una forma di intelligenza artificiale qualora fosse basato su idee di intelligenza artificiale.

Ma allora l’intelligenza artificiale non è altro che la capacità di risoluzione del problema mostrato dal programmatore che ha ideato il codice inserito nel programma.

Alcuni codici dell’intelligenza sono, quindi, insegnabili mentre altri non lo sono.

Stabilire quali sono questi codici è fondamentale per la costruzione di un comportamento intelligente.

I comportamenti umani sono strettamente dipendenti dai copioni. Per copione si intende una struttura di memoria che giustifica i vari comportamenti avuti in diverse situazioni.

Le macchine, per mostrare comportamenti intelligenti, hanno bisogno di copioni.

Alcuni copioni, nell’uomo sono innati altri si costruiscono con l’esperienza.

La differenza sostanziale tra intelligenza artificiale e intelligenza biologica è dipendente dalla natura dei copioni infatti una intelligenza artificiale non sarà mai in grado di risolvere un dato problema se non ha il copione proprio perché non dispone di copioni innati.

Le macchine nascono come "tabula rasa" cioè prive di copioni.

Dotare le macchine di copioni significa permettere loro di imitare il comportamento umano.

Anche se non è provato che gli esseri umani nascono con i copioni è però dimostrato che nascono con la predisposizione innata ad acquisirli.

Infatti studi condotti su bambini piccoli ne hanno rilevato la capacità di creare copioni in continuazione infatti in determinate situazioni avvenute in precedenza con una data sequenza si si aspettano che tale sequenza si ripeta.

Gli uomini, così come gli animali, dimostrano inoltre, di sapere associare un evento ad un altro, cosa improbabile per una macchina poiché fanno affidamento sull’elaborazione futura che è una delle caratteristiche fondamentali dell’intelligenza.

La capacita di apprendere copioni è di fondamentale importanza poiché se un copione non è innato e può essere appreso allora ne consegue che l’intelligenza è potenziabile.

Un copione per essere appreso deve essere integrato e per essere insegnato deve essere conosciuto.

L’intelligenza è quindi funzione della conoscenza, si può potenziare ma non può prescindere dalla conoscenza.

Stanislao Guglielmelli (ricercatore)

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