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L’Intelligenza Artificiale
di Stanislao Guglielmelli  

6 settembre 2003

Il termine Intelligenza Artificiale venne ufficializzato nel 1956, al Dartmouth Summer Seminar che vedeva riunite insigni personalità come Shannon, Minsky, Melarthi e molti altri ancora...


 

Dal 1956, con Artificial Intelligence si definisce un vastissimo campo di ricerca, avente per denominatore comune il computer.

Il computer per la prima volta viene visto in maniera rivoluzionaria, infatti non è più considerato semplicemente una macchina in grado di compiere complessi calcoli numerici ma come una macchina con possibilità logiche.

Nuovi modelli intelligenza artificiale si riferivano ad una scienza opposta a quella per cui erano stati concepiti: la psicologia.

In un primo tempo dall’intelligenza artificiale vengono prese a prestito teorie complesse sul funzionamento dell’uomo: la Gestalt, il Comportamentismo, la Psicologia Cognitiva e, addirittura, la Psicoanalisi.

L’obiettivo più ambizioso, ancora oggi perseguito, è quello di tradurre in un linguaggio di programmazione e successivamente implementare (cioè in grado di girare con successo su di un calcolatore) modelli complessi quali quelli psicologici.

Il tentativo principale è stato ed è tuttora quello di costruire un "uomo artificiale", così come asseriva McCarthy e che se anche questo non risulta uguale all’uomo naturale, sicuramente ciò non rappresentava un problema per la tecnologia, ma lo è piuttosto per la psicologia.

Un siffatto tentativo di simulazione è noto come simulazione del comportamento umano (S.B.).

Per "costruzione" Bridgam intende l’insieme di operazioni necessarie a produrre la simulazione e per far ciò debbono essere riprodotti, al computer, non solo gli output umani (vale a dire, il comportamento verbale e non verbale) ma anche le operazioni mentali che questi output sono in grado di generare. Vincoli della simulazione del comportamento generano molti problemi metodologici di difficile risoluzione.

Tra questi ricordiamo:

  • Cosa vuol dire riprodurre il procedimento?
  • Quali sono le operazioni mentali che devono essere riprodotte?
  • A che livello si può parlare di simulazione?
  • A quale livello ci si deve fermare?
  • Un uomo è davvero simulabile interamente?

La risposta a queste problematiche è ancora in discussione poiché ancora oggi psicologi e studiosi della intelligenza artificiale si muovono su binari paralleli che non consentono una reale collaborazione indispensabile al prosieguo della ricerca.

Questa mancanza di interconnessione determina, come conseguenza, poca chiarezza sulle basi metodologiche e sulle effettive possibilità di simulazione del comportamento.

Sicuramente uno studio attento relativo alla simulazione de comportamento, potrebbe fornire grossi contributi sia alla psicologia che alla intelligenza artificiale.

Contributi di tipo metodologico alla psicologia, sempre in cerca di un aspetto epistemologico rigoroso ed unificatore, e forse di tipo creativo per l’intelligenza artificiale; in questi ultimi anni infatti si è vista una crescente tendenza a trasformare e descrivere in chiave computeristica fenomeni e modelli noti da tempo agli psicologi.

Una concreta possibilità di implementazione non può prescindere da una attenta opera di investigazione sia teorica che metodologica.

Da un punto di vista epistemologico è utile chiedersi se è più importante produrre un budino piuttosto che scriverne la ricetta.

Estremizzare l’una o l’altra posizione presenta numerosi svantaggi poiché rallenta il processo realizzativi.

Lo studio condotto da molti studiosi di intelligenza artificiale è mirato a dimostrare che la macchina non è solo hardware ma è anche machina vivente programmata e programmabile.

Secondo questa logica anche il nostro organismo può essere studiato a molti livelli e da diversi punti di vista.

La scienza dei calcolatori può essere considerata come una vera e propria indagine scientifica, cioè come una disciplina empirica in cui alcune forme di osservazione, così come accade nel campo della astronomia, della geologia e dell’economia, mal si adattano allo stereotipo del metodo sperimentale.

Il costruire una macchina dotata di intelligenza significa poter porre domande le cui risposte si deducono osservando la macchina in azione e analizzando tali risposte con tutti i mezzi di indagine e di analisi che abbiamo a disposizione.

Lo studio dell’intelligenza artificiale si pone come obiettivo la costruzione di computer e programmi utili per la società ma soprattutto utili a scoprire nuovi fenomeni o per studiare ed analizzare in maniera più specifica fenomeni di cui siamo già a conoscenza.

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