Pianeta
Counseling
“E
come quei che con lena affannata,
Uscito
fuor del pelago a la riva,
Si
volge a l’acqua perigliosa e guata,
così
l’animo mio, ch’ ancor fuggiva,
si
volse a retro a rimirar lo passo….”
Inferno,
I vv. 22-26
Seppur
con grande modestia, sento questi versi danteschi molto calzanti alla
mia attuale condizione esistenziale.
Quando
arrivai a Neverland ero in pieno naufragio: sommersa dalle onde di
una tardiva, e proprio per questo ancor più drammatica,
rivoluzione adolescenziale. Proprio così: l’incantesimo
dell’infantilismo prolungato, che mi aveva avvinta fin’oltre
i trent’anni, si era finalmente, inevitabilmente, rotto; ed
eccomi alle prese con più di un conflitto interiore, con tanta
confusione in merito a chi fossi e a quale fosse il senso della mia
vita, con evidenti difficoltà nel gestire le emozioni e, di
conseguenza, le relazioni ( soprattutto quelle affettive ).
Sintomi più significativi della mia sofferenza erano
l’iperattività (fisica e mentale), gli scatti d’ira,
la progressiva difficoltà a prendere sonno e una logorante e
quotidiana altalena di stati d’umore.
Oggi,
grazie al percorso di analisi e a quanto successivamente appreso nel
corso di counselor, posso dare un nome e un senso a quanto ho
vissuto, riconoscendolo come una fase transitoria: un naufragio
naturale e indispensabile, attraverso il quale tutti, mi auguro,
prima o poi approderemo sulla spaggia calda della maturità.
Le
fasi transitorie sono dei periodi esistenziali caratterizzati da
comportamenti ancora immaturi - e, di conseguenza, limitanti ai fini
di un vissuto consapevole e dell’acquisizione di una identità
equilibrata - messi in atto da un individuo per appagare i propri
bisogni.
Fase
transitoria per eccellenza è il periodo che va dalla
pre-adolescenza alla post-adolescenza, e che teoricamente si dice
concluso intorno ai 20 anni: momento di rodaggio, in cui l’essere
umano si affaccia al davanzale di se stesso , per confrontare gli
apprendimenti familiari con i messaggi provenienti dal mondo
esterno, al fine di emanciparsi dai modelli educativi di riferimento,
strutturando - come è atteso - una personalità propria
ed autonoma.
Indicatori
tipici delle fasi transitorie sono degli atteggiamenti non
accettabilmente maturi, e sostanzialmente limitanti di ciò che
è il potenziale energetico di ciascun individuo; fra questi,
per citarne alcuni: l’identificazione e la gregarietà,
ovvero la ricerca di stimabilità attraverso i pareri altrui;
la competizione con gli altri e l’ambizione scorretta;
l’esibizionismo; l’autoritarismo, spesso contraltare di
un senso di assoluta e irrinunciabile libertà personale; il
sesso senza amore; lo studio motivato dall’obbligo sociale;
l’eccesiva dipendenza dalle necessità del tempo storico
e dai desideri, ovvero da conformismi, surrogati di sicurezze,
compensazioni solo momentanee di frustrazioni e\o bisogni
esistenziali.
Dal
momento che la nostra società contemporanea è intrisa
di forti condizionamenti, e che è sempre più difficile
rimanere fedeli a se stessi in un mondo che corre frenetico dietro la
banderuola del potere, dell’apparenza, del consenso costruito
sulla mistificazione della verità, il rischio di rimanere
intrappolati nel limbo della transitorietà, oppressi dalla
solitudine e dal fardello doloroso di conflitti irrisolti, è
reale e non poco significativo. E’ in gioco la nostra
felicità, la qualità della nostra vita, che riceverà
luce - in ultima analisi - solo dal senso che sapremo darle.
Per
questo sono convinta della necessità, oggi più che mai,
di un grande, salvifico, atto di umiltà. E di coraggio. Il
coraggio di naufragare e di mettersi in discussione, attraverso un
percorso di analisi e rielaborazione del proprio vissuto.
Istruito
all’uso consapevole della logica universale, allenato allo
sviluppo del proprio potenziale neutrergico, l’essere umano può
modificare la sua dinamica mentale e, di conseguenza, il suo
comportamento; gli apprendimenti sbagliati, causa del disagio
esistenziale, lasceranno il posto ad un nuovo sistema di valori,
fondati su bisogni primari, e dunque riflesso diretto di una
identità equilibrata.
Questi,
i principali indicatori di maturità: l’autoaffermazione,
intesa come capacità di esprimere se stessi attraverso il
proprio ruolo, sapendone godere; l’autostima, ovvero la
considerazione medio-alta di se stessi, conquistata con diligenza e
sacrificio, funzionale alla capacità di tutelarci dai pericoli
; l’appagamento sessuale all’interno di un rapporto
d’amore, e la capacità di dare e ricevere amore in
egual misura ; il modesto attaccamento alle cose materiali; la
capacità di ottimizzare e capitalizzare il proprio tempo e le
esperienze fatte; la solidarietà nel rispetto di sé,
ovvero l’altruismo misurato; il bisogno di riservatezza, di
pace e tranquillità; l’autorevolezza;
l’autoconservazione.
In
conclusione, consegno le mie speranze e l’entusiasmo per il
nuovo anno di studi alle parole di Pier Paolo Pasolini :
“Penso
che sia necessario educare le nuove generazioni al valore della
sconfitta. Alla sua gestione. All’umanità che ne
scaturisce. A costruire un’identità capace di avvertire
una comunanza di destino: dove si può fallire e ricominciare,
senza che il valore e la dignità di un uomo ne siano
intaccati. A non divenire uno sgomitatore sociale, a non passare sul
corpo degli altri per arrivare primo. In questo mondo di vincitori
volgari e disonesti, di prevaricatori falsi e opportunisti,, della
gente che conta, che occupa il potere, che scippa il presente
(figuriamoci il futuro); a tutti i nevrotici del successo,
dell’apparire, del diventare; a questa antropologia del
vincente preferisco di gran lunga chi perde. E’ un esercizio
che mi riesce bene. E mi riconcilia con il mio sacro poco.”
Katia
Palumbo,
13 maggio 2016
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