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XXIX Olimpiade.
di Antonio Zanfini  ( antonio.zanfini@poste.it )

15 settembre 2004

Anteprima Pechino


 

Quand’ero bambino, c’era una favola che leggevo sempre prima di addormentarmi; una vecchia favola cinese intitolata L’usignolo, che vorrei raccontare perché me l’ha fatta tornare in mente l’arrivederci a Pechino, che ha chiuso le XXVIII Olimpiadi di Atene 2004 e forse servirà a rendere meglio il concetto che il sottoscritto si e’ fatto, non solo di quell’appuntamento, ma pure dell’altro, più a breve e sempre a Pechino, del Gran Premio di Formula 1 per il campionato 2004.

"Tanti anni fa, un Imperatore della Cina, leggendo un libro che descriveva le meraviglie dei giardini di Corte, apprese che la più straordinaria era un usignolo dal canto dolcissimo e sublime. Chiese subito di vederlo ed al povero ciambellano occorse tanto affanno per scovarlo; ma tant’è: la sera stessa, in un palazzo imperiale parato come nelle occasioni più solenni, su un baldacchino d’oro posto davanti al trono, l’uccellino, che pure di primo acchito era apparso insignificante, sciolse un canto che supero’ ogni meraviglia, fino a fare scivolare due lacrime sulle guance del più illustre ascoltatore, che lo volle trattenere a Corte nella più dorata delle gabbie, ogni giorno richiedendone il canto e sempre ricavandone la stessa commozione.

Finche’, un brutto mattino, venne recapitata all’Imperatore, in un pacco sigillato, una piccola diavoleria: un usignolo meccanico d’oro zecchino, tutto tempestato di pietre preziose, che, opportunamente caricato con una chiavetta, pure d’oro, emetteva un gorgheggio del tutto simile a quello dell’usignolo vero ed in più agitava la coda e le ali, creando dei magnifici riflessi con tutte quelle gemme dai colori cangianti

Sara’ stato per la magnificenza dei preziosi, o per la perfezione del canto, o perché cantava ogni volta che al Sovrano veniva voglia, fatto sta’ che divenne il preferito e nessuno fece caso che l’usignolo vivo era scappato via da una finestra lasciata incautamente aperta.

Per lungo tempo la vita di Corte rimase tranquilla, fino ad una brutta sera in cui l’uccello meccanico, nel bel mezzo di un’ennesima ripetizione dello stesso canto, improvvisamente emise un sibilo, poi una serie di rumori come di molle che si spezzassero e tacque.

Apriti cielo!

Nessuno riuscì a decifrare se l’ Imperatore fosse solo sgomento, oppure furioso o cos’altro ancora (gli Imperatori, specie quelli la cui investitura deriva da imprecisate volontà divine, non sono mai stati chiari), comunque la vita di Corte divenne insostenibile, in un crescendo di pressione e minacce, anche di esecuzioni capitali, rivolte all’unico (ricordiamo che la storia e’ di tanti anni fa) orologiaio della Cina, piovuto lì da chissà’ quale Occidente, che i maligni sussurravano potesse essere stato il mittente del famoso pacco e che, dopo avere armeggiato per un mese sulla carcassa dell’ex-meraviglia, riuscì a restituire un arnese che avrebbe potuto funzionare ancora, ma, per l’usura delle componenti e l’impossibilità di reperimento di pezzi di ricambio(come si direbbe oggi), per una sola cantatina una volta l’anno.

Non poteva bastare!

Per lo sconforto, l’Imperatore, ormai resosi persuaso come la situazione fosse irreversibile ed addirittura esistesse anche il rischio di altri cedimenti strutturali (sempre come si direbbe oggi), dichiarò il lutto nazionale, cominciò ad accusare malattie dai sintomi più svariati, fino a porsi definitivamente a letto, assistito da un nugolo di medici, che, chissà quanto in buona fede, dopo vari consulti espressero unanimemente la diagnosi peggiore: male oscuro e pochi giorni di vita.

Intanto la ferraglia della meraviglia che era stata giaceva sul comodino, proprio dove cadeva lo sguardo dell’augusto infermo. Trascorsero così quattro dei cinque giorni assegnati per il trapasso. La sera del quinto la stanza dell’Imperatore venne richiusa e l’ultimo paggio corse anche lui ad acclamare il nuovo Imperatore.

Una notte che al povero malato dovette sembrare interminabile, con l’ombra della morte che si profilava sempre più grande dal grande balcone che fronteggiava il letto. L’imperatore non aveva neanche la forza di chiudere gli occhi per non vederne gli artigli che si protendevano a ghermirlo, era impietrito, sudava freddo, finché....improvvisamente, l’ombra cominciò a svanire, riducendosi ad una forma sempre più minuscola...un piccolo, tenero uccellino che si poso’ sul comodino e comincio’ a cantare con una melodia dolcissima, come neanche era stata la prima volta, tanto tempo prima.

Un sonno lieve chiuse gli occhi dell’Imperatore, il sudore cessò, il respiro si fece regolare. L’indomani i dignitari che si erano recati coi paramenti ufficiali a constatarne il decesso lo trovarono in piedi, vestito della divisa turchina e nera di supremo giudice, quello che rimetteva un po’ di ordine quando troppe novità creavano scompiglio".

La favola finisce qui; non sappiamo quali difficoltà l’Imperatore abbia incontrato per lo smaltimento della carcassa dell’usignolo meccanico, né cosa sia poi occorso all’usignolo vero, ma vogliamo immaginare che da qualche parte ci sia ancora, perché...

La Cina sta vivendo il tentativo di creare una nuova era della sua lunghissima esistenza, una in più, la seconda in appena un secolo, dopo che le precedenti erano durate millenni; prima il comunismo, non ancora del tutto esaurito, ora l’occidentalizzazione, ancora dentro la scorza del tentativo precedente; in entrambi il concetto del tutto e subito, come fosse possibile creare un nuovo albero trascurando se gemma e portainnesto siano compatibili.

Un gran premio di formula 1, ma più ancora una Olimpiade, rappresentano momenti di notevole sforzo economico e (perché no?) di sfarzo che l’Occidente metabolizza normalmente, perché elementi di un circuito di consumi già consolidato, cui accede più facilmente chi non possiede identità precise e diverse, anche se è più povero.

La Cina ha identità che originano dalla notte dei tempi e forse sono assai più complicate delle logiche dei mercati occidentali. "La Cina ha risorse e potenzialità immense" si afferma da più parti e tutti danno per scontato che anche lì, l’Occidente è già "fatto".

Il giocattolino meccanico incanterà i nuovi imperatori, ma per quanto tempo?

Davvero per sempre?

 

Antonio Zanfini

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