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La logica, la vita e la morte...
di Giorgio Marchese  ( direttore@lastradaweb.it )

7 agosto 2004





Ma il tutto, in fondo, a cosa si riduce?


 

Una bussola... facile facile ! - 4

Continuiamo la rubrica che si occuperà di spiegare in che modo imparare a padroneggiare la nostra bussola interiore definita logica Universale, per riuscire a liberarci dalla schiavitù dei conflitti ed orientarci fra cos’è giusto e cosa va evitato. Il lavoro risente degli studi del medico psicoterapeuta Giovanni Russo e dei suoi avanzamenti scientifici.

BUONA LETTURA.

Alla fine di uno dei suoi ultimi articoli, lei cita una frase del Dr. Russo in cui si afferma che vivere e morire sono "troppo" in relazione a fattori del mondo esterno. Io ero convinta che cose del genere dipendessero quasi esclusivamente da noi, in particolare da decisioni dell’inconsapevole, sia il modo in cui viviamo sia il momento di morire. Come stanno le cose?

Di questo argomento, ricordo che ne abbiamo discusso già lo scorso anno di questi tempi, comunque possiamo riprenderlo. Secondo quanto afferma la scienza, la vita e la morte si producono all’interno del nucleo dell’atomo perché lì, come sa (e come ho scritto nel primo articolo sulla Logica e le Leggi di Natura) esiste un’attività frenetica di aggregazione (a carico dell’interazione forte) e disaggregazione (a carico dell’interazione debole) che riguarda particelle il cui "ciclo" coinvolgerà l’intero organismo.

In sostanza, cosa significa?

Che la Vita è sotto l’egida dell’interazione forte; La Morte è sotto l’egida dell’interazione debole. Nell’alternarsi di queste 2 interazioni, si determina il processo della vita. Nella prima parte dell’esistenza, fino ai trent’anni, si ha (negli atomi) la prevalenza dell’azione dell’interazione forte, con conseguente crescita e sviluppo; nella seconda parte (che sappiamo avere una lunghezza di tipo indefinito) si la prevalenza dell’azione dell’interazione debole, con conseguente invecchiamento e morte. QUESTA E’ LEGGE DI NATURA!

Ma le cose vanno sempre così, o c’è qualche "variante"?

Nell’ecosistema in cui ci troviamo, non esistono "protocolli" specifici, ma tutto si modifica in base a tanti fattori per cui, ad esempio, quando si sta molto male, a livello psicologico, finisce col prevalere l’interazione debole; è ovvio che, in casi del genere, le attività metaboliche globali risentono di questo trend e, in casi particolarmente "complessi", il passo a decidere (inconsapevolmente) di morire, è breve!

Non capisco!

È semplice: o si vive godendo del lavorare, degli affetti, del mangiare, dell’amare, etc. oppure non si può chiamare vita ma sofferenza crescente che ti porta alla ricerca della morte come estrema difesa NATURALE... e quando apri gli occhi, può essere tardi.

Insomma...

Insomma, dipende sempre dall’inconsapevole, escluso eventi traumatici, decidere di morire o di vivere, però sempre in relazione ai condizionamenti del mondo esterno. Perché, se noi vivessimo in un ambiente evoluto, civile, a basso tenore di frustrazioni, potremmo mettere in atto apprendimenti corretti riguardanti la conciliazione, il rispetto reciproco... e tutto questo ci porterebbe a decidere, inconsapevolmente, di vivere molto più a lungo; mentre, una vita difficile, legata alla necessità di superare, quasi in continuazione, frustrazioni di varia natura, porta, ad un certo punto, alla determinazione di non voler andare avanti: questo, ovviamente, avviene negli anni, non certo in breve tempo. Questo rientra fra i motivi per cui l’età media non è altissima.

E la Logica che fa?

Come ho scritto molte volte, nella logica sono insite tutte e quattro le interazioni : in base alle "prevalenze", vince la voglia di vivere o quella di morire. ANCHE QUESTO FA PARTE DELLE LEGGI NATURALI . Nel decadimento naturale (in base a: programma genetico, valutazioni fra frustazioni e gratificazioni, consuntivi "globali", modello di alimentazione, etc.), la logica "osserva" e chiude i battenti, al momento opportuno; nel decadimento da malattia, in base alla voglia di sopravvivenza, la logica può "riattivarsi" o meno.

La psicoterapia che valenza ha, in tutto ciò?

È compito dell’analista inviare messaggi / stimolo che rappresentino Energia di Attivazione, condizionando le dinamiche delle idee dell’analizzato in maniera positiva.

Ascoltare queste cose mi fa avvertire un senso di impotenza e mi fa venire il dubbio che ciò faccio sia inutile!

Perché inutile?

Perché se la mia realizzazione come essere umano è così condizionata, ostacolata da fattori del mondo esterno, e lo è anche il momento di morire, allora i miei tentativi di voler vivere bene, seguendo leggi di natura il più possibile, sono vani?

No! Non è vero!

Perché non è vero, se io non posso riuscirci, essendo inserita in un ambiente che mi ostacola?

Chi gliel’ha detto che non può riuscirci? La cosa è fattibile, ma costa impegno... e la fatica conseguente incide sulla decisione riguardante la durata della vita. Non è che non sia possibile riuscirci!

Però, la fatica consiste nell’usura per il fatto che un essere umano deve adattarsi a tanti fastidi!

Per riuscire a vivere secondo criteri corretti deve costruirsi un ambiente che glielo consenta; quindi, già le viene richiesto un lavoro supplementare...

..ma, appunto, un ambiente ristretto, perché non posso cambiare la Società.

Sì, un ambiente ristretto, che può andare a cercare altrove o può costruire a casa sua. Può anche optare pere la realizzazione di entrambe le cose, perché può scegliere, nei periodi di riposo, di andare a villeggiare in località turistiche dove raggiungere lo scopo; è chiaro che, avendo dei costi molto alti, dal punto di vista economico, per poter realizzare una cosa del genere, ha bisogno di impegnare del tempo della sua vita per guadagnare, non solo per far fronte alle esigenze quotidiane, ma anche per quello di cui stiamo parlando.

Ma, così, non si finisce col trascorrere molto tempo immersi in fastidi di varia natura, per poi godere in pochi momenti, come andando a trascorrere un fine settimana altrove? La vita a cosa si riduce?

Ascolti, il fine settimana altrove dà la possibilità di ricaricare le batterie, non va inquadrato come un vero e "unico" momento di benessere. Il benessere deve poter essere vissuto nel quotidiano, anche se non durante tutto l’arco della giornata, perché poi ci si trova ad impattare con difficoltà di varia natura. Bisogna programmare un tipo di vita familiare e lavorativa che consenta di non avere molte frustrazioni. Le faccio un esempio pratico: io sto riflettendo su come organizzare le attività del nuovo centro-studi, che sto realizzando, in maniera da non dovermene pentire, perché le offerte di collaborazione che sto ricevendo sono tante, soprattutto per quanto riguarda i corsi di formazione professionale; io sto aspettando prima di dare delle risposte, positive o negative, perché non vorrei stravolgere troppo il mio sistema di vita globale, quindi, anche lavorativo e personale, soltanto con la motivazione di un incremento delle entrate economiche, perché, poi, a quel punto, avrei uno scadimento della qualità della vita; in conclusione, sto riflettendo per vedere come poter raggiungere un punto di pareggio delle spese di gestione, senza sentirmi costretto a fare delle scelte di cui, poi mi pentirei, per eccesso di attività lavorativa portata avanti con dei criteri che mi allontanerebbero dalle Leggi di Natura, mentre io sto cercando di costruire qualcosa che mi avvicini a a queste ultime, che mi faccia vivere con la certezza di potere raggiungere quelle che sono le mie legittime aspirazioni: scrivere, comunicare verbalmente dei messaggi positivi ed esplicare con intensità minore l’attività di psicoterapeuta. Ma per ottenere questo, occorre un’organizzazione, a monte, ponderata e riflettuta, perché, altrimenti, se l’idea è buona, si raggiunge un successo economico, un successo professionale, però aumenta anche lo stress. Quindi, sto facendo attenzione a non esagerare. Non voglio fare come tanti che più vanno avanti e più si "ingorgano". Io man mano che procedo, voglio migliorare, migliorare l’aspetto economico, ma migliorando la qualità del lavoro e della vita, in senso generale.

Ma è difficile!

È difficile.....c’è un nuovo aforisma che ho letto e le voglio riportare: "Non esistono problemi, esistono soluzioni; poi è l’essere umano, col suo carattere, che crea i problemi". Ciò vuol dire che niente è irrisolvibile, ma tutto ha una soluzione, però, poi, sono le persone che, con le loro difficoltà interne, rendono la cosa complessa. Quindi, dovremmo sempre chiederci qual è il problema che dobbiamo risolvere ed impegnarci perché ciò accada.

E nel mio caso?

Come le ho detto molte volte, nel suo caso si tratta di resistere finché non può organizzarsi uno studio con dei collaboratori che, al posto suo, impatteranno, dietro adeguato compenso, con le frustrazioni che oggi sta subendo lei.

Ma ci vorrà del tempo!

Ce ne vuole per tutti! Lei ha il vantaggio di essere più giovane di me, ad esempio. Io ho 40 anni e ancora non sono riuscito a concretizzare un ambiente tranquillo, dal punto di vista lavorativo e sto facendo attenzione perchè la cosa non si procrastini ulteriormente, dovendo comunque stare coi piedi nella realtà, perché il centro di cui le ho parlato avrà dei costi, e se li dovrò sopportare tutti da solo, comunque la qualità della mia vita peggiorerà perché dovrò lavorare di più. Quindi, non è di facile soluzione, però una via d’uscita, certamente, verrà fuori. Ci vorrà del tempo, forse qualche anno. Non m’illudo di entrare nel nuovo studio, che sarà confortevole, sedermi alla scrivania e finalmente concedermi degli ampi spazi di tempo per scrivere articoli scientifici e libri. I primi tempi sarà un po’ peggio di com’è adesso, perché la cosa deve iniziare a funzionare, non posso mettermi dietro le quinte, però l’obiettivo è quello, in tempi ragionevolmente brevi, di riuscire ad ottenere quello che mi sono proposto. Ma non subito, quindi, magari, avrò 45 anni. Però, per riuscire ad avere la spinta per andare avanti, è importante sapere che arriverà il giorno in cui, finalmente, avrò raggiunto quello che mi aspetto e, nel frattempo, ci saranno tante tappe intermedie che mi renderanno il percorso poco noioso. E questo aiuta ad andare avanti. Vale per tutti così, però bisogna saperlo che è necessario farlo. L’importante è che non si porti avanti una vita ripetitiva. Io, per esempio, se dovessi continuare a fare quello che sto facendo, che pure è interessante come attività professionale, finirei con l’abbattermi e demoralizzarmi, perché ogni giorno saprei in anticipo ciò che mi aspetta e sarebbe la fine. Viceversa, dover pensare ad avviare le attività di un Centro studi con attività di formazione, richiede la necessità anche di inventarti delle cose nuove ogni giorno, per cui non ci si annoia. Se lei si pone come obiettivo quello di star bene, allora, è possibile che, nel percorso, riesca a vivere vicino a Leggi di Natura, senza bisogno di andare, per esempio, in alta montagna. Basta riuscire a stabilire con se stessi che le difficoltà e i bastoni tra le ruote che gli altri ci possono mettere, vanno valutati con distacco, sapendo che, in un modo o nell’altro, tutto può essere affrontato e risolto. Questo è il concetto di prendere la vita con filosofia.

Come ci salutiamo, stavolta?

Con un aforisma di Federico Schiller nel quale, se porrà attenzione, troverà molte risposte alle sue domande: "Vivere vuol dire sognare, essere saggi vuol dire sognare piacevolmente".

G. M. - Medico Psicoterapeuta

 

Si ringrazia Erminia Acri per la formulazione delle domande e la collaborazione nella stesura del dattiloscritto

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