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Nietzsche - Jung.
di Oretta Lanternari  ( oretta.lanternari@gmail.com )

14 dicembre 2014



Le rivoluzionarie idee del filosofo tedesco riprese dal più grande degli allievi freudiani


 

L’alchimia nietzscheana per superare gli eventi difficili.

A Natale del 1882 Nietzsche scriveva: "Questo ultimo boccone di vita è stato il più duro che io abbia dovuto masticare [....] se non invento l’espediente alchimistico di ricavare l’oro anche da questo fango sono perduto."(37) Nietzsche faceva riferimento a due avvenimenti per lui molto drammatici: la morte di Wagner e la rottura del rapporto con Lou Salomè, che, in un primo momento gli procurarono una profonda depressione.

Scrivendo Così parlò Zarathustra, realizzò il processo alchimistico, riuscendo a trasformare l’energia che lo opprimeva in un’eruzione vulcanica di idee rivoluzionarie e provocatorie. A supporto di tali idee, Josef Paneth in una lettera alla fidanzata, racconta il contenuto di uno degli incontri avuti con Nietzsche a Nizza tra il 1883/84 " [...] poi parlammo del pessimismo, e mi disse di essersene liberato grazie alle sofferenze fisiche, per spirito di contraddizione, per non lasciarsi tiranneggiare dal dolore, per cattiveria, per volontà di dominio. Disse anche che gli uomini non civilizzati sono molto meno sensibili di noi fisicamente, e che la nostra educazione ci rende eccessivamente sensibili, cosa che io potei confermargli." (38)

L’ alchimia junghiana come arte sacra concessa a pochi.

In analogia, Carl Gustav Jung, eminente esponente della psicoanalisi esordiente, in Psicologia e alchimia, descrive e spiega l’affascinante complesso di idee contenuto nel concetto di alchimia. Luigi Aurigemma, studioso di Jung, dice " L’interesse di Jung per l’alchimia prende corpo alla fine degli anni venti quando il sinologo Richard Wilhelm, gli invia da Pechino un testo taoista, " Il segreto del fiore d’oro" con la richiesta di un commento. Jung ne afferra subito il carattere in pari tempo psicologico e alchimistico, scoprendo singolari affinità tra gli antichi simboli cinesi e i sogni dei suoi pazienti."(39) "Alchimia sarebbe in sostanza espressione di un movimento religioso, la pulsione a trasformare la "materia prima" dall’esperienza in conoscenza. Arte sacra e solitaria concessa a pochi, uniforme soltanto nel perseguire un fine di liberazione, onde riportare alla luce il lato divino che dorme nell’oscurità delle cose, del corpo degli istinti."(40)

Jung dice : " Fa parte della banalità dell’aspetto esteriore che l’oro diventi moneta, cioè che venga coniato, impresso, valutato, applicato alla psiche, sarebbe ciò che Nietzsche ripudia in Zarathustra : il dare nomi alle virtù. Plasmando e dandogli un nome, l’essere psichico viene dissolto in unità monetizzante, valutate. Ma ciò è possibile soltanto in quanto esso è anche una pluralità innata, un cumulo di unità ereditarie non integrate . L’uomo non è un Sè, ma massa e particella nella massa, [.....] Per questo ha bisogno sin dai tempi più antichi, dei misteri della trasformazione per diventare "qualcosa " e solo così si strappa alla psiche collettiva, animale, che è pura e semplice pluralità."(41)

Jung prova a spiegare la simbolologia manifestata nei sogni dei suoi pazienti in parallelo con l’alchimia e dice : "Questa è la ragione per la quale il deflusso d’energia nel mondo circostante è considerevolmente ridotto e ne risulta un sovrappiù di energia da parte dell’inconscio. [.....] Quel che era prima il divertente spettacolo di varietà di personaggi inconsci comincia a divenire assai inquietante."(42) "Del resto, non è difficile ricorrere ad abbellimenti estetici accettando le ninfee arcaichezzanti, poiché dietro a queste figure graziose non sospettiamo affatto il mistero dionisiaco dall’antichità, il dramma satiresco e la sua tragica implicazione : il sanguinoso squartamento del Dio diventato animale. Si pensi che ci volle un Nietzsche per mettere a nudo in tutta la sua debolezza la visione scolastica che gli europei hanno della antichità ! E cosa ha significato per lui Dionisio !"(43)

"Non v’è dubbio che nello stato prodromico della malattia, Nietzsche sapesse che gli era stata assegnata la truce sorte dello Zagreo. Dionisio significa l’abisso della dissoluzione veemente, appassionata, di ogni particolarità umana in ciò che l’anima primordiale ha di divino e di animale : un’esperienza benefica e terribile, alla quale un’umanità ben protetta dalla propria cultura crede di essere scampata, fino al momento in cui le riesce di scatenare una nuova orgia di

sangue, della quale poi a loro volta tutti i ben pensanti si meravigliano, dandone la colpa al capitalismo, all’industria bellica, agli ebrei, alla massoneria."(44)

Sono presupposti necessari per capire perché Jung porta Nietzsche e la simbolologia utilizzata nello Zarathustra a suffragio delle sue riflessioni. Infatti egli dice : " non si è mai veramente saputo che cosa gli antichi filosofi intendessero con il lapis. A questa domanda si può dare una risposta soddisfacente soltanto qualora si sappia quale contenuto del loro inconscio essi vi proiettassero."(45) Rimaneva dunque irrisolto un problema che come è noto, fu ripreso da Nietzsche in Così parlò Zarathustra : quello della trasformazione in superuomo, che egli situò pericolosamente vicino all’uomo di quel mondo. Con ciò Nietzsche mise inevitabilmente in luce il suo risentimento anticristiano, perché il suo superuomo è una hibris della coscienza individuale, destinata a scontrarsi immediatamente con la forza collettiva del cristianesimo che porta alla distruzione catastrofica dell’individuo."(46)

Alla luce di quanto esposto balza all’attenzione come Nietzsche giunse alla creazione di un " uomo nuovo", offrendo lo spunto alle successive indagini della psicoanalisi.

37) F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Adelphi, Milano, 1992, cronologia 1882 - 84 pp.385.

  1. C. Pozzoli, Nietzsche nei ricordi e nelle test. dei contemp. Rizzoli, Milano, 1990, pp. 313.
  2. L. Lauricemma in C.G. Jung, Psicologia e alchimia, Boringhieri, Torino 1981, controcopertina.

  1. ibidem.

  1. Ibidem.
  2. Ibidem.

43) Ibidem.

  1. Ibidem pp. 96.
  2. Ibidem.

 

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