Una
vita controvento
– PRIMO CAPITOLO
Nacqui
in una calda giornata di Settembre e per volontà di mio padre
mi chiamarono “Dolores”; nome ad hoc, ahimè!
Avevo
solo due mesi di vita quando mi riscontrarono una grave anemia: fu,
infatti, necessaria una trasfusione di sangue che, però, non
fu facile trovare, visto la rarità del mio gruppo sanguigno.
La situazione apparve, sin da subito, così grave che i miei
genitori pensarono bene di mettere un annuncio sui giornali ed
interessare anche la tv, così da coinvolgere quante più
persone possibile, confidando nelle loro sensibilità e
disponibilità.
L’idea
si rivelò, infatti, molto utile, al punto da toccare le corde
dell’animo nobile e gentile di una cara signora di Roma, che fu
disposta alla donazione e, dopo due lunghi e difficili mesi di cura,
finalmente l’antivigilia di Natale tornai nel mio nido…un
traguardo miracoloso! Non furono pochi i momenti di sconforto e
abbattimento in quegli interminabili due mesi ed è per questo
che mia madre, temendo il peggio, decise di farmi ricevere il
sacramento del Battesimo nella cappella dell’ospedale stesso,
chiedendo a sua madre di farmi da madrina, ruolo che mia nonna Elvira
accettò con grande gioia!
Non
so se è per questo motivo, ma tra di noi nacque immediatamente
un legame speciale, durato fino a Settembre del 2000 quando lasciò
questa vita terrena rimanendo, tuttavia, una presenza sempre viva
nella mia quotidianità, conservandone un dolcissimo ricordo.
Ad
attendere il mio ritorno a casa c’era la mia numerosa famiglia: i
miei genitori, le mie tre sorelle (Aurora, Linda e Viviana), e mio
fratello Davide. Dai racconti di mia madre, quello fu il Natale più
bello per tutti loro, credo perché sette anni prima, in
seguito ad una polmonite, avevano già perso una figlia di soli
pochi mesi la paura di rivivere quel dolore li aveva portati a far
voto a S. Francesco di Paola; pertanto decisero di farmi indossare,
per i primi anni, la tunica del Santo, cucita dalla mia adorata nonna
Elvira. Sono certa che il Santo mi abbia aiutata ed è per
questo che gli sono molto grata e devota.
La
mia infanzia non è stata facile: la maggior parte dei miei
ricordi sono molto tristi! Non ho mai dimenticato un papà che
quasi tutti i giorni tornava ubriaco, appena faceva buio; avevo il
terrore del suono del campanello, pregavo che non fosse lui o che se
fosse stato lui, almeno non fosse ubriaco. Purtroppo, invece, lo era
sempre! Le mie paure non erano tanto dovute al suo stato d’ebrezza,
in seguito al quale era, comunque, innocuo, ma piuttosto alla solita
reazione di mia madre, che diventava aggressiva, agitata, irritata,
sofferente e delusa. Vederla così mi faceva tanto male. Lui
lavorava, ma la maggior parte dei suoi guadagni li spendeva per
alcol.
Per
questo motivo, i problemi economici aumentavano ed era sempre mia
madre a dover preoccuparsi di risolvere il problema del pranzo e
della cena, che diventavano sempre occasioni di discussione e molte
volte la vedevo rinunciare al pasto, per far sì che noi
mangiassimo anche la sua parte. Ad aiutarci economicamente c’era
la mia nonna paterna, che più che per noi, lo faceva per
coprire le mancanze di suo figlio. Questo era motivo di scontro fra
le due donne, perché mia madre sosteneva che così mai
si sarebbe responsabilizzato.
Oggi
riconosco che aveva ragione, infatti con gli anni ho maturato un
forte astio per questa nonna. Di lei non conservo un buon ricordo:
con me era sempre scontrosa, mi diceva che somigliavo a mia madre ed
è per questo che non le piacevo molto.
Fra
madre e figlio esisteva un rapporto morboso probabilmente anche
perché l’altro figlio viveva da anni in Canada. Le
nipoti da lei preferite erano le mie sorelle: Aurora, che ne portava
il nome, e Viviana, che, a parer suo, era l’unica che somigliasse a
mio padre e a sua madre Ercolina, la mia bisnonna, donna molto
sfortunata che morì giovane, uccisa per errore, in quanto
scambiata per un’altra persona.
Mia
nonna ci trattava in modo palesemente diverso: persino quando
andavamo a casa sua non ci offriva le stesse pietanze. Ancora ricordo
quando una notte, rimasta a dormire da lei, mi fece mettere nel suo
letto e mi legò i piedi con uno scialle, temendo che potessi
darle calci, causandomi, così, tanto disagio. La sua perdita è
stata meno dolorosa rispetto a quella della mia nonna materna. Ho
anche pensato e, per questo mi sento in colpa, che era giusto che
morisse prima lei.
Tuttavia,
devo esserle grata per le numerose vacanze estive che ho potuto
trascorrere da bambina: con i suoi risparmi, infatti, era solita
affittare la casa al mare e riempirla di ogni bene, di cui avevamo
bisogno, pur sempre a condizione che mia madre sopportasse i difetti
di mio padre, cosa che, poi, non accadeva! Infatti, tra i tanti bei
ricordi che ho di quel periodo di vacanze estive, tra cui anche nuovi
amici e primi amori, ne ho uno bruttissimo, che ha segnato molto la
mia infanzia: ci trovavamo a casa al mare, subito dopo cena le mie
sorelle e mio fratello uscirono per la solita passeggiata, io, non
so perché, rimasi a casa con mia madre.
Ricordo
che era molto nervosa, perché mio padre non era tornato per
cena e non aveva neppure avvisato. Cosi, appena rientrò,
accortasi che ancora una volta aveva bevuto, cominciò ad
urlare rimproverandolo, ma questa volta lui non rimase innocuo e
reagì, prendendola per il collo e mettendola al muro; la
scena fu agghiacciante, scoppiai a piangere, supplicandolo di
smetterla e lui mi diede ascolto. Mia madre, allora, per cercare di
calmarmi, mi portò a comprare un gelato.
Da
quel momento, scattò in me un attaccamento morboso nei suoi
confronti: diventai la sua ombra, non volevo più uscire se non
c’era lei, me ne allontanavo soltanto per andare a scuola, ma appena
rientravo a casa non me ne staccavo nemmeno per un attimo , persino
se andava in bagno l’aspettavo dietro la porta. Allora non capivo il
perchè di questa mia reazione, tutti mi prendevano in giro;
oggi ne capisco il motivo: avevo paura che lui potesse farle ancora
del male e la mia presenza, invece, avrebbe potuto evitare il peggio,
così com’era già successo Nel tempo ho nutrito
rancore e odio verso mio padre, l’ho sempre visto come un
debole e un buono a nulla; l’unica cosa che sapeva fare era creare
problemi.
Mi
vergognavo persino quando, quelle poche volte che veniva a prendermi
a scuola, era trasandato ed impregnato dal cattivo odore dell’alcol.
Avevo timore che i miei compagni mi prendessero in giro, come più
volte accadeva. Più crescevo e più mi allontanavo da
lui, al punto da credere di non volergli bene. Quando mia madre ebbe
la forza di liberarsene, mandandolo definitivamente via da casa,
provai anche io un senso di liberazione.
Quando
mi capitava di incontrarlo per strada, cercavo in tutti i modi di
evitarlo. Non andavo neanche più a casa di mia nonna, dove era
andato ad abitare e dove si sentiva protetto e assecondato, ciò,
ovviamente, non fece altro che peggiorare la situazione. Mia nonna lo
supportava anche economicamente, togliendo a noi quel poco di aiuto
che ci dava. Ancora una volta mia madre dovette rimboccarsi le
maniche e trovarsi un lavoro, per sostenere la famiglia. Andò
a fare la collaboratrice domestica e rimase li, nella stessa
abitazione, per ben vent’anni.
Dovette
affrontare economicamente da sola anche il matrimonio di mia sorella
Aurora e non fu semplice, perché le spese erano tante: l’abito
da sposa per mia sorella, i vestiti per noi e tutto il necessario
per affrontare un matrimonio; ciò portò mia madre
all’esasperazione. Quel giorno non vidi in lei il volto sereno
e felice di chi sta per sposare la prima figlia, ma quello di una
donna preoccupata e ansiosa di non riuscire a farcela.
Mio
padre venne a fare solo la passerella in chiesa per portare sotto
braccio Aurora all’altare e tutti speravamo che, almeno quel
giorno, non si fosse ubriacato, per evitare una pessima figura a
tutta la famiglia. Per fortuna a badare a lui, nonostante stesse
male, c’era mio zio Alfredo, marito di zia Vera, sorella di mia
madre, che morì da lì a pochi mesi poiché
colpito da tumore ai polmoni.
Il
dolore per tutti noi fu immenso, perché la sua era una
presenza positiva e costante, lo vedevamo come un padre modello,
proprio quello che a noi mancava, era molto legato ai suoi figli, non
faceva mancare nulla a loro, così come a noi. Cercava di
colmare l’assenza di mio padre, che aveva molte volte tentato
di portare sulla buona strada, ma invano, perché lui ci
ricascava sempre! Nonostante siano passati trent’anni dalla sua
morte, il suo ricordo è vivo dentro di me, continuo a volergli
bene, come quando era in vita.
Intanto…qualcosa
d’importante si stava preparando…
Francesca
Posteraro
Adattamento
del testo: Fernanda Annesi, Maria Felicita Blasi, Paola
Posteraro
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