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Un attimo di eternità.
di Massimo Morrone  ( zuminimu@libero.it. )

22 maggio 2012



Metafora divertente e "profonda" sul concetto di tempo e della sua utilità...


Alessia rubava il tempo ai ricchi per darlo ai poveri, un po’ come Robin Hood, solo meno veniale se vogliamo essere precisi. Lavorava in una fabbrica che produceva sorprese con all’interno uova di cioccolato, ma prima d’allora non aveva ritenuto la sua vita molto soddisfacente. Senza considerare il fatto che il suo fidanzato non voleva mettersi in testa che il matrimonio è una cosa ridicola e che forse era il caso di darci un taglio con le sue continue richieste. Alessia non si divertiva più di tanto nel privato, non aveva molti amici, si circondava di gatti e di ricordi, e di chitarre senza corde. Diceva che una musica che parte dal silenzio ha già una buona base e, se qualcuno le faceva notare, che come frase non era molto originale, lei faceva spallucce rispondendo che nella vita non contano le frasi. Qui bisogna aprire una breve parentesi per parlare dell’infanzia di Alessia. Non aveva mai conosciuto i genitori nemmeno per telefono, né aveva partecipato a lacrimevoli trasmissioni televisive per sperare d’incontrarli. Una vecchia zitella si era sempre occupata di lei assicurandole che si trattava della sua unica e vera zia. La persona in questione si chiamava Alessia pure lei e faceva la chiromante, prevedeva il futuro in cambio di pochi milioni. Non viveva male Alessia, ma le dispiaceva vedere una mandria di persone confluire nello studio di quella adorabile svitata che si proclamava sua zia forse da prima che lei venisse al mondo. Comunque non aveva di che lamentarsi, pane e vino non le mancavano e una casa abbastanza ben ammobiliata aveva lei. Forse la polizia avrebbe, un giorno o l’altro, arrestato la zia zitella, ma forse no e fino a quel giorno poteva vivere di rendita. Così aveva pensato Alessia fino all’età di diciotto anni, quando aveva incontrato un personaggio talmente appariscente da essere ignorato da tutti. Il vis à vis era avvenuto in pieno giorno in una delle strade della sua città, in pieno traffico, lui le si era affiancato ed aveva detto le seguenti parole:

Non è stanca di questi notiziari? Non sarebbe forse più gradito se la salvezza degli uomini, dipendesse solo e soltanto dal tempo? Pensi il dio tempo...Se vuole ne possiamo parlare insieme, costa solo duecentomila lire il segreto più semplice del mondo...

Non puzzava di alcool, né di medicinali, e quindi Alessia si stupì che non l’avessero ancora rinchiuso da qualche parte. Quella mattina lei aveva un dente che le faceva male, quello del giudizio, e le mestruazioni, per cui l’invadenza di quel tipo vestito di turchese, i capelli verde pisello, le sopracciglia finte, stuoli di anelli alle dita, le parve esagerata e molesta. Stava per mandarlo dove non si trovano angeli, quando lui sputò in terra esclamando

Così va via anche questo fastidiosissimo dolore...

Alessia si sentì subito meglio e siccome non era una credulona lo mandò decisamente al diavolo, ma poi lo seguì un po’ per ringraziarlo, un po’ per curiosità, un po’ perché costui l’aveva afferrata per il braccio e la sua presa era molto tenace.

Dove mi porti, scioccherello? - lo apostrofò con dolcezza Alessia - alle sette ho lezione di piano.

Non preoccuparti - le disse lo strano tipo - da oggi puoi smettere di chiamarmi scioccherello, il mio nome è Fan.

Fan come fanc...

Si, Fan, hai capito bene.

I due andarono d’accordo subito, non appena ebbero svuotato una tazza di tè da dieci litri piena di gin e cola.

Le cose stanno così - esordì Fan. Oggi tutti si lamentano del tempo. Hai fatto caso?

No - disse Alessia - non l’ho mai notato.

Ridi, ridi, ma le cose stanno così e non m’interrompere. In ogni modo non è importante. Quello che conta è che io posso dilatarlo e restringerlo a mio piacimento. Viene un tizio e mi chiede voglio una giornata di trentasei ore? Pronta, eccola qua. Un altro dice come mi pesano le mie otto ore ed io gliele faccio pesare come se fossero quattro. È’ chiaro il concetto?

Per niente, vendi sogni?

L’importante è che tu abbia le idee chiare. Allora sai cosa ho pensato? Vendiamolo il tempo.

Non ti seguo - disse Alessia - sono bloccata alle parole "hai fatto caso?"

Uffa, eppure è semplice, poniamo che tu voglia avere molto tempo a tua disposizione.

Si questo l’ho capito, tu l’accorci e l’allunghi a tuo piacimento.

Esatto, ma finora l’ho fatto gratis. Capisci?

Ed ora?

Ora voglio venderlo.

Per denaro.

Ah, ah. Denaro? Ah, ah. La cosa più inutile dell’universo.

Inutile? Mia zia dice...

So cosa dice quella tua falsa zia, ma dai retta a me. Il denaro una volta che crepi, non ti serve. Invece c’è una cosa che, una volta che crepi, ti serve ancora.

Questa l’ho già sentita, l’anima vero?

Insomma Alessia, non sono il diavolo. Non essere così scontata.

Chi cacchio sei allora?

Sono Fan. Sono la persona che in cambio del tempo chiede una semplice cosa.

Cosa?

La vita.

Eh?

Si, la vita. Io ti do tutto il tempo che vuoi, ma tu mi dai la tua vita.

L’anima...

Ancora con l’anima? Sei melodrammatica Alessia.

Scusa, non afferro.

Che ore sono adesso?

Le sei.

A che ora hai lezione di piano?

Diciamo alle sette?

Bene io posso parlare con te per altre otto ore e saranno soltanto le sei e cinque.

E allora?

Allora io ho allungato cinque minuti fino a farli diventare tre ore.

E in cambio ti dovrei dare la mia vita?

Si, ma non tutta.

Cioè quanta?

Quella che non ti serve.

Alessia prese la bottiglia e la spaccò sulla testa di Fan, il vetro cominciò a sanguinare.

Prima che tu combini altri prodigi - disse Fan - mi spiego meglio, ascolta. Nel corso della tua esistenza hai avuto giornate vuote in cui ti sei annoiata a morte e avresti voluto che il tempo passasse in fretta?

Alessia finse di pensarci su.

Qualcuna - concesse poi - quando per esempio vidi mia zia predire tre futuri diversi alla stessa persona accontentandosi dei soldi che questa le mollava.

Brava, quella giornata è mia.

In che senso?

Nel senso che a te non è servita. Quindi me la prendo io.

A parte il fatto che non so come tu possa prendertela, ma c’è un’altra domanda. Cosa te ne fai?

Questi sono affari miei, l’importante è che tu dica: è tua.

E a me cosa succede? Mi vengono le vene varicose, mi spunta un bubbone, parlo con le arachidi?

Niente di tutto questo. Solo una piccola trance della durata di qualche secondo.

Solo questo?

Già ed in cambio io ti do tutto il tempo che ti serve.

A quanto ho capito tempo per tempo.

Non esattamente. Tempo utile per tempo inutile.

Ma che fai? Ricicli il tempo?

Non ha importanza quello che faccio, ci stai o no?

Io le mie giornate inutili non te le do.

E chi te le ha chieste? Io voglio che tu giri casa per casa. Sei più credibile di me. La gente ti ascolterà. Ti do una valigia dove tu potrai conservare tutti gli istanti inutili che essi ti hanno donato. Quindi la porti a me. Difficile?

Ed io che ci guadagno?

Posso pagarti in due modi. O facendoti trovare un lavoro in un posto inventato solo per te. Oppure facendoti rubare il tempo.

Uno solo non mi basta, ne voglio due - esigette Alessia decisa.

Ingorda, ma ti accontenterò.

Cosa? Allora voglio un’altra cosa...

Ora non esagerare.

Quindi non vuoi che t’aiuti...

D’accordo ti abbonerò le duecentomila lire. Il prezzo del mio segreto.

Vedi che un po’ venale lo sei?

No, quello era un compenso simbolico, senza nessuna importanza. Allora ci stai?

Prima il segreto.

Fan si grattò l’orecchio destro riflettendo un po’.

No, prima devo sapere se ci stai.

Ma come faccio a sapere che tu non sei pazzo?

Semplice, guarda l’orologio. Poi chiudi gli occhi, riaprili dopo una manciata di secondi e guarda di nuovo l’orologio.

Tutto qui?

Si, fai quello che ti dico, non commentare sempre.

Alessia obbedì.

Non è possibile, mi hai spostato le lancette dell’orologio.

Guarda fuori.

Era buio pesto. Alessia non credeva ai suoi occhi, avrebbe voluto vedere con quelli di Fan, ma magari anche i suoi avevano nelle pupille qualche trucco.

Mi hai convinto pazzo. Accetto l’incarico, fuori il segreto.

Eccoti la valigia - disse Fan - ti raccomando quando prendi il tempo inutile, mettilo qui dentro. La gente ti consegna il tempo, tu l’afferri con la mano, apri la valigia, lo metti dentro e poi richiudi. Aprila solo se devi metterci il tempo inutile, mai per qualsiasi altro motivo. Ci siamo intesi?

A che ora passerai a prendermi dal manicomio?

Finiscila di dire idiozie e vai. Ah, un’altra cosa...

Spara.

Lascia stare quel fesso del tuo ragazzo o t’impalmerà.

Questi non sono affari tuoi.

Dici? Con lui avrai tanto di quel tempo inutile che vorrai liberartene e verrai da me.

Alessia gli mostrò la lingua con aria battagliera, poi prese la valigia.

Quanto durerà questo lavoro?

Il tempo che vorrai. Ormai conosci il segreto.

Mica vero, e poi come farò a rubare il tempo?

Lo saprai quando dovrai farlo, in quanto al segreto te l’ho spiegato, basta che tu afferri il tempo per bene e lo metti nella valigia.

Ed il posto? Voglio lavorare in una fabbrica di sorprese con dentro la cioccolata.

Da domani vi lavorerai.

Mi piacerà?

E che ne so, non sono mica un indovino - si difese Fan.

Ascolta - disse Alessia - ci sono ancora due o tre cose che vorrei chiederti.

Ora non ho tempo - ironizzò Fan e scomparve.

Alessia si chiese dove avrebbe trovato il tempo per scambiare il tempo visto che doveva lavorare tutto il giorno in una fabbrica di sorprese. Si disse però che col segreto non avrebbe avuto difficoltà a trovare il tempo che le necessitava, in caso di bisogno, poi, Fan l’avrebbe sicuramente aiutata. Si diede della stupida, ma come aveva potuto pensare che questa cosa non fosse un’idiozia, un prodotto della sua mente andato a male?

Oh insomma, animo - si rimproverò Alessia - la valigia è qui. Che ti costa provare?

Il primo contatto lo ebbe con il suo ragazzo Agostino. Lo incontrò in un bar del centro. Appena lui la vide gli corse incontro e la strinse forte. Mi vuoi sposare? - esordì. Proprio non riusciva a cambiare pensò Alessia.

Per cambiare argomento gli disse: hai avuto giornate inutili nel corso della tua vita?

Nemmeno una da quando ti conosco.

Ago ti prego, sii serio - fu il commento di Alessia a queste parole.

Uffa, ma sono serio. Ok, d’accordo ne ho avuto qualcuna. E con questo?

Vieni con me presto - disse Alessia.

Agostino la seguì convinto che Alessia volesse avere con lui un incontro all’ultimo sangue.

Invece Alessia appena girato l’angolo, al riparo da orecchie e soprattutto da occhi indiscreti, disse: fuori queste giornate inutili.

Cosa?

Dammi le giornate buttate al vento. In cambio ti darò tempo utile.

Ma che stai dicendo? - replicò quel povero cristo sempre più confuso.

Ago ascolta. Io ho il potere di prendermi le tue giornate inutili e di darti in cambio giornate utili che potrai usare a tuo piacimento. Momenti non sprecati, intensi, che potrai condividere con chi preferisci.

Quindi con te - sottolineò lui.

A questo non avevo pensato - disse Alessia - ma, si, credo che funzioni così.

D’accordo, mi sembra una trovata originale, cosa devo fare chiudere gli occhi e dire: te le cedo?

Alessia si grattò il naso. Doveva fare così? Non rammentava se Fan glielo aveva spiegato.

Annuì, tanto valeva provare, non era mica detto che l’esito sarebbe stato positivo, anzi, aveva forti dubbi che questo accadesse. Agostino chiuse gli occhi e scandì le fatidiche parole ed ecco che il suo viso si schiarì, dal suo cuore uscì una grossa nuvola grigia che si avvicinò alla valigia di Alessia, la quale a forza di restare a bocca aperta rischiava di ingoiare tutti gli insetti del vicinato. Si decise a chiudere la bocca e ad aprire la valigia e da questa una nuvola rosa fuoriuscì e andò verso il cuore di Agostino entrandovi. Alessia catturò la nuvola grigia nella valigia e diede un pizzicotto talmente violento ad Agostino che questi urlò va pensiero sull’ali dorate con un tono di voce quasi disumano.

Che diavolo ti prende? - chiese poi con le lacrime agli occhi, mentre si massaggiava il braccio vittima della strizzata di Alessia.

Ho sbagliato, avrei dovuto darmelo io. Ma tu, piuttosto, come ti senti?

A parte il pizzicotto, bene. E vedo che ho tante giornate che potrò passare utilmente con te - disse facendo l’occhiolino mentre Alessia si andava riprendendo lentamente.

Quindi questa trappola funziona! - esclamò.

Sembra evidente - confermò il ragazzo.

Già...- mormorò, ancora perplessa, Alessia.

Ora passeremo insieme queste giornate - asserì Agostino con entusiasmo.

Si, certo - lo rassicurò Alessia - tuttavia non subito, prima devo provare su qualcun altro. Ti telefono poi io.

Va bene zuccherino - cinguettò felice Agostino, tornando verso il bar.

Quello che accadde nei giorni a seguire, fu, in effetti, molto semplice. Alessia lavorava in fabbrica otto ore al giorno, infatti, aveva ricevuto una lettera di convocazione dalla ditta Gutti (quella che vendeva come diceva lo slogan sorprese con dentro uova di cioccolato per tutti!), aveva superato brillantemente il colloquio, ed era stata immediatamente assunta. Tuttavia, come si potrà immaginare, le otto ore non duravano veramente tanto. Il potere di Fan si era trasmesso ad Alessia che poteva esercitarlo come e quando voleva. Per cui , una volta finito di lavorare, era ancora giorno. Lei era libera di andare in giro a scambiare il suo prodotto. Faceva felice una quantità di persone. La cosa che prediligeva però era quella di rubare il tempo ai ricchi per donarlo ai poveri. Infatti, una notevole quantità di tempo che i ricchi consideravano poco proficua, poteva essere sottratta loro da Alessia, senza che questi se ne accorgessero, e donata ai poveri che potevano usarla nel modo più conveniente possibile. Innanzitutto avevano la possibilità di vivere più a lungo, beneficiare del tempo dei ricchi per quanto concerne anche l’aspetto economico (Alessia rubava istanti, che anche se per i ricchi non avevano molta importanza, erano tuttavia preziosi per la classe più indigente), infine i poveri erano così pieni di fantasia che, col maggior tempo a disposizione, istanti allettanti, potevano inventare tante cose utili e ricavarne profitti. Insomma Alessia si sentiva davvero una grande benefattrice e non sprecava affatto il suo tempo. In effetti, come ebbe modo di constatare, il suo tempo non andava buttato via perché veniva utilizzato per fare le cose che le piacevano di più. La vita di scempi e di stenti, che aveva fino ad allora condotto nell’agiatezza, restando a carico della zia zitella indovina imbrogliona, era finito. Poteva concedersi il lusso di aiutare persone che non versavano in ottime condizioni e questo fatto la rendeva felice, poteva lavorare alla sua fabbrica e questo fatto la rendeva entusiasta. Inoltre i rapporti col suo ragazzo erano cresciuti a livello qualitativo. Lui non le chiedeva più di sposarla, anzi di tanto in tanto le stava vicino nei suoi baratti aiutandola ad aprire e a chiudere la valigia ed a portarla, perché a mano a mano che il tempo passava, questa diventava sempre più pesante. Insomma la vita di Alessia era cambiata in meglio, decisamente in meglio, era così gioiosa di ciò che aveva, che non c’era neanche il tempo o la voglia di pensare se questa manna un giorno o l’altro sarebbe finita. Fan, dopo quell’unico colloquio non si era fatto più sentire, e sembrava essersi completamente dimenticato di lei, ma, ovviamente, non era affatto così. Una sera di settembre, mentre Alessia stava tornando a casa, stanca dal suo lungo camminare, ma senza ombra di dubbio soddisfatta, Fan la sorprese uscendo da un bidone dell’immondizia. Era vestito con gli stessi colori del giorno del loro primo incontro, solo più sgargianti, notevolmente di più.

Ciao, ti ricordi di me? - la salutò.

Alessia sorrise.

Come no? Ero molto scettica, all’inizio su quello che dicevi, ma poi ho dovuto ricredermi, mi hai dato il potere più bello del mondo.

Fan sputò in terra:

e adesso basta così - decise.

Subito, la valigia si sciolse dalla mano di Alessia e passò in quella di Fan.

Grazie piccola stella, mi hai reso notevolmente felice. Ora però devo andare in un’altra città. Qui ho finito.

E questo che vuol dire? Che non avrò più poteri? Che non potrò fare quello che volevo?

Fan scosse il capo.

Tu potrai fare quello che vuoi. Non è affare mio. Tu mi hai reso felice, ma io ho reso felice te. Mi sembra che il rapporto sia stato alla pari. Una cosa è garantita non perderai il tuo posto in fabbrica, anche se dubito che continuerai ad essere la ragazza di Agostino.

Questo, se permetti, lo decido io, sorta di pallone gonfiato. Ma tu credi veramente che io ti lasci andare così?

Ascolta - disse Fan - ti dirò una cosa che non dico a tutti. Proprio perché mi sei simpatica e soprattutto perché mi rendo conto che una mia partenza, così repentina, potrebbe farti male, e questo non lo voglio. Tu hai reso felice un sacco di persone. Quando le persone muoiono e non hanno più giornate inutili, vuol dire che hanno raggiunto il loro scopo. Quando si muore si viene giudicati in base a questa semplice ragione. Hai sprecato il tuo tempo? Male. Non l’hai sprecato affatto? Bene. Il criterio con il quale si decide se si è sprecato o meno non è affar tuo, ma sappi che la maggior parte della gente, nel suo cuore, intimamente, lo sa. E tutte quelle che tu hai privilegiato, e sono moltissime, lo sai, saranno felici anche dopo la morte.

Ma - disse Alessia.

So, cosa vuoi dire. Lo sarai anche tu. Neanche tu hai sprecato il tuo tempo.

Ma potrei sprecarlo da oggi in poi. Come le altre persone, non credi?

Vorrebbe dire che non hai e non avete imparato niente.

Alessia comprendeva le parole di Fan tuttavia aveva ancora molte domande da fargli.

Non potrò più rubarlo ai ricchi per darlo ai poveri?

Tu no, ma qualcun altro si. Ho una sola valigia Alessia e devo andare in ogni città.

Ma tu - chiese Alessia - cosa ci guadagni? E soprattutto quanto tempo hai per prendere tutto il tempo inutile?

Fan sorrise. I suoi occhi emanavano lampi di allegria.

Tutto il tempo che voglio. Tutto il tempo che voglio e ancora.

Non capisco - disse Alessia.

Eppure è semplice, cosa credi che ci faccia con tutto questo tempo inutile?

Lo ricicli?

No - disse Fan. Non lo riciclo.

E allora?

Allora sappi che l’eternità è un attimo, ma basta un attimo solo a farti diventare immortale.

Detto questo Fan scomparve.

Gli occhi di Alessia si rigarono di lacrime. Aveva voglia di urlare e pestare i piedi, ma si rese conto che non avrebbe risolto niente con un atteggiamento così puerile. Piuttosto doveva darsi un contegno. In fondo il lavoro in fabbrica non l’avrebbe perso, Ago, forse, nonostante la iettatura di Fan, neanche. Poteva sempre fare del bene al mondo che la circondava.

Per strada mentre dirigeva i suoi passi verso la consueta via del ritorno a casa, aveva lasciato l’abitazione della zia, acquistando un appartamento carino e dignitosamente ammobiliato in Via dei Sogni Infiniti, riandò con la mente alle ultime parole dette da Fan

L’eternità è un attimo, ma basta solo un attimo a farti diventare immortale.

Rimuginando a lungo comprese cosa Fan aveva voluto dire. Il tempo inutile non sarebbe mai stato riciclato, sarebbe servito a Fan per diventare immortale, ma Alessia si rese conto che il termine immortale legato all’attimo non voleva fare riferimento al tempo, ma a come il tempo era utilizzato; in fondo Fan faceva all’ingrosso quello che le persone con la valigia facevano al dettaglio, ma era chiaro che Fan aveva un quantitativo inesauribile di tempo utile da distribuire ed il tempo inutile lo avrebbe gettato, di città in città, nel bidone profondo dell’immondizia. Ed ora Alessia aveva anche capito chi fosse davvero Fan. Prima di entrare in casa, si asciugò una lacrima di commozione.

C’è ancora tempo - pensò - per crescere.

Massimo Morrone

(c) copyright by Massimo Morrone

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