Ci
sono persone che dedicano la propria vita a ciò in cui
credono, che lottano tutti i giorni per i diritti e non solo per i
propri, ma anche per quelli di altri esseri umani. Lo fanno a volte
in sordina, a volte sotto i riflettori, a volte indossando una
maschera, altre volte denudando l’anima. Una di queste persone
è senz’altro Vladimir Luxuria.

La
incontriamo una calda sera. Ci accoglie con grande semplicità
, la stessa con la quale inizia il suo raccontare e raccontarsi. Non
teme di mostrare i suoi sentimenti, di parlare delle battaglie, delle
sconfitte e delle vittorie. Sa farlo con i lustrini vestendosi di
ironia, ma sa farlo anche a cuore aperto, e con quella leggerezza che
contraddistingue le persone molto profonde .
-Vladimir
Luxuria, ti batti molto per i diritti, per i diritti delle persone
innanzitutto, e ci tieni a voler parlare non di rapporti omosessuali
ma di rapporti omoaffettivi. Ci spieghi meglio questo concetto?
-Vorrei
subito dire, che nessuno dovrebbe pensare che è qualcosa che
non lo riguarda. Nessuno dovrebbe pensare: io sono eterosessuale e
posso sposarmi, quindi quello che vogliono i gay non mi riguarda.
Perché credo che, ognuno debba sentirsi privato di un diritto,
se un altro essere umano come te non ha gli stessi diritti che hai
tu. Cioè, se qualcuno che prova gli stessi sentimenti che
provi tu, se sei donna innamorandoti di un uomo, o se sei uomo
innamorandoti di una donna. Se gli stessi sentimenti li prova un uomo
verso un uomo o una donna verso una donna è giusto parlare di
rapporti omoaffettivi, perché non esiste solo il sesso, siamo
coppie come tutte le altre, banalmente, noiosamente uguali a tutti
gli altri. Abbiamo fame, abbiamo freddo e proviamo dei sentimenti. E
io credo che questi sentimenti debbano essere riconosciuti con un
istituto giuridico al pari, perché altrimenti è una
discriminazione. Anche io potrei fregarmene. Si è vero sono
trans, però non ho un compagno in questo momento, per cui
potrei dire non è una cosa che mi riguarda, tanto non ho un
compagno con cui regolare. E invece no, io questa cosa la sento mia
propria, perché sento che è una lacuna enorme in questo
paese, in cui, a una coppia formata da persone dello stesso sesso non
viene riconosciuto un istituto giuridico, un riconoscimento giuridico
che le tuteli, nei diritti e nei doveri.
Quali
sono i fattori che non consentono di andare oltre i pregiudizi?
Perché secondo te non si approvano queste leggi?
Io
credo fondamentalmente alla Rousseau, che l’animo umano sia
profondamente un animo buono. Credo però che ci siano delle
persone che fanno una sorta di terrorismo culturale e psicologico.
C’è tutta una classe politica che ha lasciato intendere
che se si concedono dei diritti a qualcuno si tolgono dei diritti a
chi già ce li ha . Un po’ come quando c’era il
movimento degli afroamericani negli Stati Uniti, qualcuno diceva che
se si davano i diritti civili ai neri d’America, si sarebbe
tolto qualcosa ai bianchi d’America. Non è un caso che
Barack Obama, presidente nero degli Stati Uniti d’America,
conoscendo cosa significa essere discriminato per una condizione
naturale, come la pelle, oggi sia stato uno dei più grandi
fautori del matrimonio ugualitario, del matrimonio per tutti. Perché
ha capito, che nessuno più deve essere discriminato per una
qualità neutra come il colore della pelle, un credo religioso
oppure un orientamento sessuale. Poi ci sono delle persone che,
credono che certe proprie convinzioni religiose debbano impedire
agli altri di poter accedere ad alcuni istituti giuridici. Non
tutti però, io direi una minoranza, perché la
maggioranza dei cattolici, secondo me, oggi è più
avanti. Ma c’è una minoranza integralista che anche
nella religione cattolica pensa: se io sono contro l’aborto
nessuna deve abortire, se io sono contro l’affettività
gay, nessuno debba potersi sposare, se io sono contro il preservativo
nessuno debba usare il preservativo. Purtroppo c’è
questa fetta di integralismo religioso.
Vladimir
è credente?
Lo
sono diventata ultimamente, con tutte ovviamente le mie battaglie
interne. Io sono cresciuta profondamente cattolica, addirittura
insegnavo catechismo nella mia parrocchia di origine, che era la
parrocchia di Santo Stefano a Foggia. Quando parlai , mi aprii con il
mio sacerdote dicendo che mi sentivo donna e che volevo adeguare
anche il mio corpo, il mio abbigliamento a questa mia esigenza
interiore o alla mia anima se vogliamo usare un termine più
cristiano, mi è stato detto chiaramente che se io diventavo
trans avrei dovuto lasciare la chiesa. Per un periodo ho represso
questa mia natura e mi travestivo da uomo, fingevo a me stessa e agli
altri pur di continuare a nutrire questa mia fede religiosa. Ad un
certo punto mi è stato insopportabile nascondermi e quindi ho
dovuto abbandonare la chiesa. Per tanti anni ho pensato che quelle
come me, non avessero diritto alla fede, dovessero essere allontanate
da qualsiasi fede religiosa. Poi ho abbracciato la fede buddista per
diversi anni che mi ha molto sollevata, mi ha molto aiutata.
Ultimamente ho conosciuto un prete che si chiama Don Gallo, di
Genova, che diceva delle cose diverse rispetto al mio sacerdote. Mi
diceva che la transessualità è un dono di Dio e che
dove c’è amore c’è Dio. E parlava di Chiesa
appunto dalle porte aperte. Ma non di porte aperte per scacciare via
le persone ma bensì per accoglierle. Mi ha rimesso un po’
voglia di tornare a questa mia prima religione, anche certe posizioni
del Papa, che certo devo un po’ decifrare, perché ancora
non le ho capite bene, però sicuramente la frase “Chi
sono io per giudicare un gay?” dimostra che è un
Papa che ha un linguaggio un po’ diverso rispetto a quello di
prima, e questo mi ha aiutato a riavvicinarmi. E poi ho fatto una
scelta, ho detto ok, non mi interessa adesso quello che mi dicono i
preti. Io sono sicura che se prego con il cuore in mano, ho diritto a
pregare, ho diritto ad essere ascoltata e sono sicura che un Dio, un
Gesù, non escludono nessuno e forse l’offesa peggiore
che è stata fatta al vangelo, l’hanno fatta certe
persone che finora hanno escluso gli altri dalla fede religiosa.
Perché non è un capriccio, non è un capriccio.

Secondo
te, quando incide il potere della Chiesa, ancora oggi, su quelle che
sono poi le decisioni dello Stato italiano?
Diciamo
che il principio costituzionale della laicità dello Stato non
è sempre praticato, perché ancora oggi c’è
chi vuole confondere il concetto di peccato con il concetto di reato.
Purtroppo c’è ancora questa influenza, questa ingerenza,
questo residuo di potere temporale. Non siamo più ai tempi
dei vescovi-conte o del papato contro imperatore, di Bonifacio contro
Federico II , però se si pensa anche all’ultima vicenda
quella della cacciata di Marino da sindaco con una dichiarazione che
ha fatto lo stesso mons. Paglia sul fatto che essendo stato indetto
l’anno giubilare a Roma, non poteva esserci un sindaco, che
prende posizioni sui diritti civili o sul testamento biologico, come
Marino, la dice lunga, e credo che questo desiderio da parte delle
alte gerarchie ecclesiastiche abbia trovato come pretesto tutta la
storia degli scontrini, su cui prima o poi sapremo la verità.
Com’è
cambiata la tua vita dal momento in cui è arrivato il
successo, la popolarità?
Il
successo è arrivato come effetto collaterale, perché io
ad un certo punto quando avevo diciassette anni ho fatto la scelta di
non nascondermi e quando mi sono trasferita a Roma ho cominciato
anche a lottare per i diritti civili, collaborando in associazioni.
Poi cominciai ad organizzare una serata di autofinanziamento di
un’associazione che era “Mucca assassina” e
lì cominciò a conoscermi parecchia gente. Questa serata
divenne molto famosa, cominciarono ad arrivare personaggi e poi
sicuramente ci fu l’invito che mi fece Maurizio Costanzo al
Maurizio Costanzo show che effettivamente mi sdoganò al
grande pubblico. Mi ricordo ancora, dopo le prime apparizioni al
Maurizio Costanzo, l’effetto che mi fece scoprire che molte
persone si avvicinavano dicendomi di avermi riconosciuta o di essere
d’accordo con quello che avevo detto. Io credo che il
successo, la popolarità sia stato un vantaggio, nel senso che
mi ha dato la possibilità di poter parlare a più
persone. Perché ovviamente nell’ambito dei circoli dell’
arci gay ci parlavamo sempre tra di noi, invece io avevo bisogno di
parlare con tutti .
Mi
succedono cose belle adesso, te lo raccontavo prima, una signora di
settant’anni che mi regalato una collanina con un delfino.
L’affetto è una cosa che mi piace molto, più che
essere riconosciuta, qualcuno che mi è riconoscente è
qualcosa che mi piace molto. E te lo dico perché io fino a
diciotto/vent’anni, quando camminavo per strada vedevo gli
occhi delle persone inquisitori, accusatori, di disprezzo. Ed è
stata per me una rivoluzione umana invece poi ritrovare degli occhi
di persone piene di affetto. Mi ha fatto molto bene. Io cerco di
usare anche la mia popolarità per combattere, per tutelare la
dignità di persone che non sono famose come me e che magari
ancora oggi, nelle loro città, nelle loro famiglie hanno
purtroppo un trattamento discriminatorio o peggio ancora sono oggetti
di violenza fisica o psicologica.
Il
successo e la popolarità sicuramente sono serviti a far
conoscere Vladimir come persona, perché poi ad un certo punto
arriva L’ isola dei famosi e tu conquisti il grande
pubblico che attraverso il televoto ti vuole vincitrice...
Quella
è stata un’esperienza che mi ha insegnato come anche in
una trasmissione, appunto nazional popolare come L’isola
dei famosi , alla fine attraverso il televoto ti giudicano per
come ti comporti. Io mi sono comportata in un certo modo e il 60%
delle persone che hanno televotato, mi hanno voluta vincitrice. E’
stato semplicemente quello, aver vinto un pregiudizio di tipo
sessuale, di tipo politico. Mi ricordo che c’era una mia amica
transessuale che mi disse: “Senti, tu con l’Isola hai
fatto un miracolo” – “Che miracolo?”
– “Io ho una vicina di casa che non mi ha mai
parlato, mi guarda da sempre con aria un po’ da
acidona”. Dice che dopo la terza settimana dell’Isola
dei famosi, l’ha fermata e le ha detto : “Oh, te’
devo dì na cosa” - lei si è fermata
anche un po’ meravigliata, chissà cosa pensava che le
dovesse dire - “Te devo dì che quella collega
tua, mi piace”.
Si
ferma, mi guarda e ride divertita. Poi continua.
Sai
questa cosa è servita un po’ per scongelare. Io credo
che bisogna usare ogni mezzo per parlare di questi temi. Che sia un
talk show politico, che sia una trasmissione anche più
leggera. Io non ho la puzza sotto al naso, di pensare che devo
frequentare solo certi tipi di trasmissioni.
E
invece la tua esperienza in Parlamento come è stata?
E’
stata un’esperienza sicuramente molto importante per me. Come
immaginare una persona che a sedici anni non vedeva un futuro,
pensava di non trovare mai lavoro, perché avevo deciso di
essere quello che ero, a ritrovarsi poi a rappresentare il popolo
italiano come parlamentare. Sono una persona che prende molto sul
serio quello che fa. Io non ho mai voluto denigrare le istituzioni.
Io ho studiato, ero in commissione cultura, ho un record di presenze
in parlamento. Sono contenta che almeno uno come Travaglio l’abbia
riconosciuto in un libro molto duro nei confronti dei politici che si
chiama “Se li conosci, li eviti” evidenzia
che sono tra le persone che ha avuto più presenze in
Parlamento in quella legislatura. Ma, perché? Un po’
perché ovviamente la mia candidatura era stata vista come
trasgressione, la nuova Cicciolina, che vergogna. Quindi io volevo
dimostrare invece di essere brava, un po’ come le prime donne
che hanno fatto i primi lavori che facevano gli uomini ma anche
perché generalmente tendo a dedicarmi a quello che faccio al
cento per cento. L’ho fatto, mi ci sono dedicata, ho usato
sempre un linguaggio rispettoso nei confronti delle nostre
istituzioni. Non mi avete mai sentita né dire parolacce, né
saltare sul tavolo della Presidenza, né esporre cartelloni con
insulti, né fare gesti sessisti. Le ho sempre rispettate le
istituzioni, è durata due anni, dopodiché mi ero
ripresentata ma non è stata raggiunta la soglia di sbarramento
e poi ho deciso di lasciar stare la politica. Non di non occuparmi
più delle mie questioni, ma per il momento, di non fare delle
cose finalizzate alla carriera politica.
Ti
sento spesso parlare d’amore con un linguaggio nuovo o forse
antico e dimenticato, cos’è per Vlady l’amore?
L’amore
è conoscenza. Io sono sicura che, anche quelle persone che
hanno atteggiamenti di chiusura, dovrebbero conoscere un po’ di
più . L’amore è un sentimento che è capace
di abbattere qualsiasi barriera. Io penso che se tu ami vieni
riamato. Non ti devi porre dei limiti per amare. Non devi pensare di
essere una persona incapace di amare o di essere amata, per nessun
motivo al mondo, né per una, diciamo così, specificità
fisica, né per una questione sessuale. No! Siamo tutte persone
che hanno bisogno di essere amate e siamo tutte persone che hanno
bisogno di amare. Dante diceva che l’amore fa muovere il sole e
tutti gli altri pianeti. Io penso che l’amore sia l’elemento
più eversivo, più rivoluzionario di questo mondo.
Dobbiamo amare e non dobbiamo lasciarci infettare dall’odio
altrui . Il pericolo peggiore di chi è vittima di pregiudizio
o di una cattiveria è di diventare cattivo a sua volta, di
volersi vendicare della cattiveria ricevuta. Invece noi dobbiamo
essere più manzoniani e pensare che la sofferenza deve
affinare il nostro spirito e dobbiamo usare anche la sofferenza
magari di ingiustizie subite per comprendere di più gli
altri.. e continuare ad amare.

Marilena
Dattis
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