Lo ZEN e L’arte del tiro con l’arco.
di Redazione La Strada  ( info@lastradaweb.it )

6 novembre 2013


"Arco e freccia sono un pretesto...una via verso la meta stessa..."


 

"...Herrigel comincerà così un emozionante tirocinio, nel corso del quale si troverà felicemente costretto a capovolgere le sue idee e soprattutto il suo modo di vivere. All’inizio con grande pena e sconcerto: dovrà infatti riconoscere prima di tutto che i suoi gesti sono sbagliati, poiché sono sbagliate le sue intenzioni, infine, che proprio le cose su cui fa affidamento sono i più grandi ostacoli : la volontà, la chiara distinzione tra mezzo e fine, il desiderio di riuscire. Ma il tocco sapiente del maestro lo aiuterà a scrollarsi di dosso tutto questo, a restare vuoto, per accogliere, quasi senza accorgersene, l’unico gesto giusto, che fa centro...un colpo una vita...In tale colpo la freccia, il bersaglio, l’io si intrecciano inscindibilmente..."

Il tiro con l’arco non mira quindi in nessun caso a conseguire qualcosa di esterno con arco e freccia, d’interno e con se stessi...Arco e freccia sono un pretesto...sono una via verso la meta stessa...

Il maestro deve educare...Lasciare naufragare per consentire la disponibilità ad accettare il salvagente che gli offre...

La giusta via è simile all’acqua...che adattandosi a tutto...a tutto è adatta...

Chi se la prende facile all’inizio se la trova più difficile poi...

La vera arte è senza scopo...senza intenzione... Le è d’ostacolo una volontà troppo volitiva...

Lei deve imparare la giusta attesa...staccandosi da se stesso...Lasciandosi dietro tanto se stesso quanto tutto ciò che è suo, finché non resti altro che una tensione senza intenzione...Aspetti che sia l’ora...

Ripetere...ripetere...ripetere...

Dare l’esempio...

L’allievo giapponese è educato, appassionato e venera il maestro...

All’inizio all’allievo non si richiede che imitare ...ed il maestro assiste agli incerti tentativi con pazienza...nell’attesa della crescita...: il maestro non spinge, l’allievo non corre...

Prima che artista il maestro si ripropone di fare dell’allievo un esperto...

Per arrivare al punto in cui l’abilità tecnica diventa spirituale è necessaria la concentrazione di tutte le forze psico-fisiche...

Il maestro prima di compiere l’arte si prepara spiritualmente con riti ...raggiunge la calma meditativa...l’equilibrio delle forze...e l’arte si compie quasi da sola...

L’allievo imita e comprende che la realizzazione non dipende dalla sola buona volontà...ma un pericolo lo attende : quello di fermarsi a ciò che sa nella conferma del successo e della fama (il maestro deve prevederlo e prevenirlo)...

La comprensione va al di là delle parole...

Come una candela che ne accende un’altra, il maestro trasmette lo spirito della vera arte da cuore a cuore...perché si illumini e l’allievo comprende che più importante di tutte le opere esterne è quella interiore...deve diventare morbido e plasmabile...

L’uomo - l’artista - l’opera sono una cosa sola...

Ma la via è ardua; sovente l’allievo prosegue solo per fede nel maestro , ma non appena egli gli ha mostrato la via deve lasciare che proceda da solo : deve fare la prova della solitudine...Il maestro distacca l’allievo da sé esortandolo ad andare più lontano. L’allievo così potrà perdere di vista il maestro, ma mai dimenticarlo, e avrà per lui una sorta di gratitudine disposta ad ogni sacrificio (che prende il posto della venerazione incondizionata e della fede)...

Facevo il mio lavoro con distacco e disinteresse e fu allora che la freccia si tirò ed il maestro si chinò ad essa e non a me, che avevo soltanto lasciato che ciò accadesse...

Da noi se si ha da fare un cammino di 100 km a 90 km ci si considera solo a metà...

Le vostre frecce non arrivano abbastanza lontano spiritualmente...Voi dovete comportarvi come se la meta fosse infinitamente lontana...Un buon arciere con un arco di media potenza tira più lontano di un pessimo arciere con un arco di buona potenza...Tutto dipende dalla presenza dello spirito...

La grande dottrina del tiro con l’arco non considera il bersaglio come la meta...Conosce solo quella meta che non si raggiunge tecnicamente...

Si tolga dalla mente il pensiero di colpire nel segno...Può diventare un maestro d’arco anche se non tutti i colpi fanno centro...

Il fare centro è solo la conferma esterna della sua mancanza di intenzione, del suo abbandono dell’io, della sua concentrazione...

Vi sono gradi nella maestria...e solo chi ha raggiunto l’ultimo non può mancare anche il bersaglio esterno...

Si tratta di processi cui l’intelletto non arriva...così l’arciere colpisce il bersaglio senza aver mirato...

Ogni volta che diventavo orgoglioso dei miglioramenti il maestro mi redarguiva : "cosa le salta in mente ?... Dei colpi cattivi non deve irritarsi, come dei colpi buoni non deve rallegrarsi...deve liberarsi dall’altalena del piacere-dispiacere...deve stare al di sopra con distacco...ed anche in questo deve esercitarsi instancabilmente...Non può neanche immaginare quanto sia importante...!"

Il maestro ci propose un esame pubblico... : "Non si tratta soltanto di mostrare la vostra abilità...ma verrà apprezzato molto di più l’atteggiamento spirituale dell’arciere, fin nei particolari meno appariscenti del suo comportamento...Io mi aspetto che non vi lasciate turbare dalla presenza di spettatori..."...Nelle settimane successive ci esercitammo a casa senza ne arco ne frecce e scoprimmo che riuscivamo a concentrarci col rilassamento...Quando poi a lezione riprendevamo arco e frecce riuscivamo più facilmente a scivolare nello stato di presenza dello spirito...Superammo la prova...Da allora, contentandosi di pochi tiri, il maestro passò a spiegarci la grande dottrina del tiro con l’arco e ad applicarla ai gradi raggiunti...

Chi è capace di far centro senza ne arco ne frecce è maestro nel più alto significato del termine...

Un giorno chiesi al maestro come avremmo fatto al ritorno in patria... "La sua domanda ha già avuto risposta nell’invito che vi ho fatto a sottoporvi ad un esame. Lei è arrivato ad un grado in cui maestro ed allievo non sono più due, ma uno...Può dunque separarsi da me in qualunque momento...e anche se vi saranno tra noi grandi oceani, quando lei si eserciterà come ha imparato, io sarò sempre presente..."

LEI NON POTRÀ PIÙ RINUNCIARE AL TIRO CON L’ARCO SPIRITUALE...MA AD UNA COSA DEVO PREPARARLA : NEL CORSO DI QUESTI ANNI E’ DIVENTATO DIVERSO...LO SENTIRÀ INEVITABILMENTE QUANDO IN PATRIA RITROVERÀ AMICI E CONOSCENTI : NON VI INTENDERETE PIÙ COME UNA VOLTA...VEDRETE MOLTE COSE DIVERSAMENTE E MISURERETE CON ALTRO METRO...ANCHE A ME E’ AVVENUTO LO STESSO...

Solo con l’abbandono dell’intenzione e dell’io l’abilità diventa spirituale e la tecnica viene usata...

Osserva per 10 anni il bambù, fatti bambù tu stesso...quindi dimentica tutto e dipingi...

LA TRANQUILLITÀ DELL’ANIMO CHE L’ALLIEVO PERDE AL PRINCIPIO DELL’INSEGNAMENTO (per i primi fallimenti) LA RIACQUISTA ALLA FINE, COME TRATTO PERMANENTE DEL CARATTERE... E, A DIFFERENZA DEL PRINCIPIANTE, NON HA PIÙ DESIDERIO DI FARSI VALERE...EGLI VIVE VOLENTIERI NEL MONDO, MA E’ PRONTO AD ABBANDONARLO SENZA TURBAMENTO !

 

Si ringrazia Katia Caprarelli per avere cercato e trovato tale materiale, pubblicato per la prima volta l’otto luglio 2006.

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