La
Legge 162/2014 (che ha convertito con modifiche il D. L. 132/2014),
all’art. 12 prevede la possibilità di concludere un
accordo di separazione, di divorzio o di modifica delle condizioni di
separazione e divorzio alla presenza del Sindaco, quale ufficiale di
stato civile, del Comune di residenza di residenza di uno dei due
o del Comune presso cui è iscritto o trascritto l’atto
di matrimonio, a condizione che non vi siano:
-
figli
minori
-
figli
maggiorenni incapaci ( cioè soggetti a tutela, curatela,
amministrazione di sostegno) o portatori di handicap grave,
-
figli
economicamente non autosufficienti.
Tale
atto ha la stessa efficacia dei provvedimenti giudiziali che
definiscono i procedimenti di separazione personale, di cessazione
degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e
di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.
Per
quanto attiene all’iter procedurale, l’art. 12 comma 3,
prevede che l’ufficiale dello stato civile riceva da ciascuna delle
parti personalmente la dichiarazione di volersi separare ovvero far
cessare gli effetti civili del matrimonio o ottenerne lo scioglimento
secondo condizioni tra di esse concordate. Allo stesso modo si
procede per la modifica delle condizioni di separazione o di
divorzio. L’atto contenente l’accordo è compilato e
sottoscritto immediatamente dopo il ricevimento delle dichiarazioni.
Nei soli casi di separazione personale, ovvero di cessazione degli
effetti civili del matrimonio o di scioglimento del matrimonio
secondo condizioni concordate (e, quindi, non nel caso di “
modifica delle condizioni”), l’ufficiale dello stato civile,
quando riceve le dichiarazioni dei coniugi, li invita a comparire di
fronte a sè non prima di trenta giorni dalla ricezione per la
conferma dell’accordo. La mancata comparizione dei coniugi a
questo appuntamento rende invalido l’accordo.
L’assistenza
dell’avvocato è facoltativa.
L’art.
12 esclude che l’accordo possa contenere “patti di
trasferimento patrimoniale”. Ciò ha indotto, all’inizio,
a ritenere esclusa dall’accordo qualsiasi clausola con
carattere dispositivo sul piano patrimoniale (ad es., l’uso
della casa coniugale, l’assegno di mantenimento e qualunque
altra utilità economica tra i coniugi), come specificato dal
Ministero dell’Interno con la circolare n. 19/2014.
Tuttavia,
in un secondo momento, lo stesso Ministero forniva una diversa
interpretazione con la Circolare n. 6 del 24 aprile 2015, ammettendo
la possibilità della previsione, nell’accordo, dell’
obbligo di pagamento di una somma di denaro a titolo di assegno
periodico, sia nel caso di separazione consensuale (c.d. assegno di
mantenimento), sia nel caso di richiesta congiunta di cessazione
degli effetti civili o scioglimento del matrimonio ( c. d. assegno
divorzile), sia in sede di modifica delle precedenti condizioni di
separazione o di divorzio, in base all’assunto che l’assegno
di mantenimento, avendo natura di disposizione negoziale, farebbe
sorgere un rapporto di tipo obbligatorio non produttivo di effetti
traslativi su un bene determinato.
Detta
interpretazione ministeriale appariva contraria alla lettera nonché
alla ratio della disposizione di cui all’art. 12 L. 162/2014 e
la circolare n.6/2015 era annullata con sentenza n. 7813/2016 del TAR
del Lazio, a seguito di ricorso proposto da due associazioni:
lAssociazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e i Minori –
AIAF e DONNA CHIAMA DONNA Onlus (entrambe associazioni senza scopo di
lucro che operano nell’ambito della tutela della famiglia e dei
diritti civili della persona), con le motivazioni di cui appresso:
“Non
può condividersi la posizione assunta al riguardo dal
Ministero dell’Interno, atteso che la portata della norma
primaria in esame è invece ampia ed omnicomprensiva.
Detta
norma ricomprende ogni ipotesi di trasferimento patrimoniale,
intendendosi per tale il trasferimento avente ad oggetto beni ben
individuati o una somma di denaro. Infatti sia che si tratti di uno o
più beni ben individuati sia che si tratti di somme di denaro,
in ogni caso si determina un accrescimento patrimoniale nel soggetto
in favore del quale il trasferimento viene eseguito.
Esso
piò avvenire una tantum, in un’unica soluzione, o
mensilmente o comunque periodicamente, e tuttavia la modalità
stabilita non vale a modificare la natura dell’operazione, che
rimane sempre quella di trasferimento patrimoniale.
XII
D’altra parte, una tale previsione normativa è
conforme alla ratio sottesa alla procedura semplificata di
separazione o divorzio o di modifica delle condizioni dell’una
o dell’altro, che è quella di rendere estremamente
agevolato l’iter per pervenire a tale risultato, ma solo in
presenza di condizioni che non danneggino i soggetti deboli.
Si
è visto che è pacifico che, ove vi siano figli minori o
maggiorenni non autosufficienti della coppia, non sia possibile
seguire tale strada.
Ma
anche la scelta di escludere dall’ambito applicativo dell’art.
12 del d.l. n. 132/2014 l’ipotesi di patti di trasferimento
patrimoniale è tesa a garantire il soggetto più debole
della coppia, che altrimenti sarebbe fortemente penalizzato, stante
la procedura particolarmente accelerata e semplificata, che peraltro
vede la presenza solo eventuale – e non già obbligatoria
– di avvocati e che attribuisce all’ufficiale di stato
civile un ruolo meramente certificatore dell’accordo tra le
parti.
XII.1
Solo un’interpretazione letterale della norma assicura la
tutela del soggetto debole, che, in caso contrario, potrebbe essere
di fatto “costretto” ad accettare condizioni patrimoniali
imposte dalla controparte più forte.”
Il
Consiglio di Stato, però, sentenza depositata il 26 ottobre
2016 n. 4478, ha annullato la decisione
del TAR Lazio del 7 luglio 2016 n. 7813,
che dichiarava illegittima la Circolare n. 6/2015 del Ministero
dell’Interno, precisando che l’espressione “patti
di trasferimento patrimoniale” si riferisce, letteralmente,
agli accordi traslativi della proprietà o di altri diritti per
disciplinare i propri rapporti economici definitivamente e di
trasferire la proprietà o altri diritti da uno all’altro.
Pertanto,
secondo il Consiglio di Stato, è possibile concordare
l’assegno di mantenimento nella
separazione consensuale e l’assegno divorzile nella
richiesta congiunta di cessazione degli effetti civili o scioglimento
del matrimonio, così come in sede di modifica delle
condizioni, trattandosi di accordi di contenuto economico e non
di “patti di trasferimento patrimoniale”.
Erminia
Acri-Avvocato
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