La
parola fobia (dal
greco phobos, timore,
paura) indica un complesso di paura intenso, inquietante, devastante
e invincibile provocato da oggetti o situazioni che, normalmente, non
dovrebbero determinare tali emozioni così conflittualmente
insostenibili. In realtà, più che di paura, spesso si
tratta di vere crisi di angoscia grave che si manifestano ogni volta
che, la persona fobica, si trova nella situazione che innesca il
meccanismo "critico".
Partendo
dal principio (più volte ribadito) che la paura rientra
nell’esperienza umana universale e che ognuno di noi cerca, in
qualche modo, per il grado di sofferenza che essa provoca, di
rapportarvisi nel modo più consono e adeguato, la fobia,
appunto, non contraddistingue la risposta a un pericolo
oggettivamente riconosciuto e identificato ma, semmai, una condizione
di apprensione irrazionale che diventa ossessiva e inappropriata.
Tale
situazione ostacola l’individuo anche nelle sue attività
più semplici, attraverso dei comportamenti di evitamento nei
riguardi degli stimoli fobici.
La
paura del buio, della solitudine o, anche, di alcuni animali o di
persone sconosciute sono tutte condizioni dietro le quali si
mascherano angosce interiori, magari derivanti da problematiche non
risolte del nostro percorso di crescita maturativa.
Quando
le fobie si ingigantiscono e dominano gran parte della vita della
persona, stanno a significare che l’insicurezza nel rapporto
con se stessi, con l’ambiente e con le proprie azioni è
fonte di tensione profonda, tale da costituire una gabbia dalla quale
non si esce se non a prezzo di gravi sofferenze.
Infatti,
nei casi più seri, questo malessere limita fortemente la
propria libertà costringendo ad organizzare ogni aspetto della
propria vita in modo da prevenire ogni occasione di problematica.
Le
persone che hanno vissuto in un’atmosfera di paura, di
rimprovero o di violenza in genere, sono molto spesso quelle che
adottano il meccanismo del "controllo autorepressivo" per
affrontare i disagi del quotidiano e, comunque, ridurre l’impatto
con le frustrazioni. Quando, però, una situazione sfugge loro
di mano, o perché si sentono minacciate per qualche motivo (
salute, relazioni affettive o sicurezza materiale) o perché
sono semplicemente un po’ stanche di questa vita troppo "sotto
tono", generano, via via, una situazione di difficoltà
"gestionale" legata a stress continuativo e, nel tempo,
producono quadri di ansia acuta generalizzata che tendono a
"razionalizzare" mediante la produzione di fobie.
Questo
perché, in tal modo, ci si concentra su falsi bersagli,
restando molto lontani dalle vere motivazioni che, a livello
inconsapevole, si ritiene di non poter risolvere. Abbiamo, allora una
"folla" di manifestazioni disturbanti: tachicardia,
pressione alta, crampi, nodo in gola o allo stomaco, vampate di
calore, abbondante sudorazione o sensazioni di freddo, etc.
Partendo
dal principio che la fobia è una manifestazione di sofferenza
strettamente personalizzata, motivata dalla necessità
inconsapevole di attirare l’interesse di qualcuno che ci aiuti
(familiari, ma non solo), nell’intento di ottenere quello che,
tecnicamente, viene definito "vantaggio secondario" (cioè,
nella fattispecie, protezione, sostegno, accettazione, comprensione,
giustificazione, etc. ), possiamo concludere che, la persona fobica
"vive" la sensazione di "penzolare" nel vuoto,
con la percezione di precipitare.
Per
essere d’aiuto non si può
affrontare la problematica con aggressività, magari
sollecitando "incisivamente" il sofferente a non "lasciarsi
andare". Si finirebbe per creare, nella persona, una paura della
propria aggressività e con conseguente maggiore "chiusura"
fobica. Chi soffre di fobia non è certamente un individuo
violento ma può reagire male se si sente costretto a dover
"forzare" la propria fobia. Per lo più, se lasciato
in pace, cerca un luogo dove nascondersi per sentirsi protetto.
Allora,
non essendo un lavoro che si può fare da soli, si
agisce in due modi, con il coinvolgimento di una figura professionale
specializzata:
-
anzitutto è necessario intercettare e amplificare (mediante
spiegazioni rassicuranti e realistiche) la propria solidità
interiore; in questo modo, a livello inconsapevole, nella psiche
della persona fobica si genera un meccanismo di stabilizzazione che
"rassicura" gli elementi delle idee che oscillano nel vuoto
e inizia un barlume di sicurezza e solidità;
-
successivamente, mediante l’applicazione di un percorso
terapeutico concordato tra professionista e sofferente, si lavorerà
per raggiungere l’obiettivo di imparare a costruire
quell’autostima necessaria a dare il giusto valore alle proprie
capacità, onde imparare come risolvere le indecisioni che
generano quei conflitti responsabili delle fobie
Chi
ha paura non fa che sentir rumori. (Sofocle)
Giorgio
Marchese –
Medico Psicoterapeuta
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