Fra genitori e figli...
di Giorgio Marchese  ( direttore@lastradaweb.it )

18 maggio 2017



...un dialogo, è possibile?


MondoCounseling


Perché, a volte, in famiglia, capita di trasmettere messaggi scorretti (magari in buona fede)? Di chi è la colpa quando, fra genitori e figli, c’è un dialogo fra sordi?

Le motivazioni sono molteplici ma riconducibili ad un elemento fondamentale. L’incapacità di saper ricoprire un ruolo per mancanza di competenze specifiche

Il genitore quindi, è in crisi...

Può esserlo nel ruolo specifico di genitore perché non sa come muoversi, può esserlo nel ruolo meno specifico (ma relativamente attinente) di partner, perché qualcosa non funziona nella coppia e si riverbera nel rapporto con i figli. Può esserlo nel rapporto con se stesso, nel rapporto con il lavoro, nel rapporto con il mondo esterno.

La verità è che, come dicevano i latini, forse dovremmo imparare a diventare forti quel tanto che basta per riuscire a rialzarci ogniqualvolta cadiamo, piuttosto che pensare di salvaguardarci dalle frustrazioni, dai conflitti;

è impossibile evitare di impattare con essi, è estremamente probabile che, i problemi, ci inseguano fin dal mattino, ancor prima di alzarci ed ancor prima di svegliarci perché, anche durante il sonno, a volte capita di rimuginare su qualcosa che abbiamo "incontrato" il giorno prima e del cui risultato non siamo soddisfatti... o di qualcosa che "incontreremo" (presumibilmente) il giorno che sta per venirci addosso.

D’altronde, per quanto ci si possa sforzare, il mondo dei figli subisce e determina (al tempo stesso) una evoluzione più rapida di quello dei genitori.

Questi ultimi, quindi, non riescono a comprendere esigenze inimmaginabili, secondo il loro criterio di valutazione. La tentazione (e, a volte, la speranza) di vivere il mondo esterno come la sceneggiatura di un rappresentazione televisiva da poter modificare, a piacimento (e secondo le proprie esigenze), è molto forte.

Ebbene, un discorso del genere è relativamente impostabile quando si vive da soli e non si creano rapporti di responsabilità. Nel momento in cui si hanno dei figli, ci si sente (comunque) in dovere di continuare per dimostrare che, in qualche modo, se ne può venir fuori.

Questo, serve al genitore per l’immediato, per il medio termine e per il lungo termine (perché, comunque non si possono lasciare dei figli in difficoltà) e serve per i figli perché gli si dimostra come, circostanze particolari, possano essere comunque affrontate e risolte nel modo migliore, anche se quest’ultimo può non corrispondere all’eliminazione del problema ma, sicuramente all’adattamento nei suoi confronti...

Che, poi, significa costruire equilibri, diventando migliori, e trasformando in opportunità i disagi nel cercare delle soluzioni temporanee o definitive.

E allora, di chi è la responsabilità quando c’è una difficoltà di comunicazione?

Di entrambi, verrebbe da dire, quindi dei genitori e dei figli. Però, chi lo inizia questo dialogo? Lo iniziano i genitori e quindi, nel momento in cui i genitori si mettono nella condizione di mostrarsi per quello che sono (e cioè, degli esseri umani alla ricerca di proporre quello che hanno, in maniera coerente, nella disponibilità relativa di ciò che rimane della loro energia dopo aver fatto fronte ad una serie di incombenze di cui non si può fare a meno) un figlio dovrebbe poter apprezzare tutto quello che viene trasmesso con correttezza, con lealtà, con estrema franchezza. Certo scegliendo il linguaggio più adeguato!

A questo punto, due immagini contenenti un invito di Giovanni Russo (medico ricercatore, psicoterapeuta, filosofo, direttore e fondatore della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia SFPID di Roma, maestro di vita). Rivolto ai genitori e ai figli.

Apposta noi ci procuriamo amici e figli! Perché quando noi, divenuti più vecchi, cadiamo in errore, voi che siete più giovani, al nostro fianco, raddrizziate la nostra vita nelle opere e nelle parole. (Platone)

Giorgio Marchese - Medico Psicoterapeuta, Counselor



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