E
l’Amore guardò il Tempo e rise, perché sapeva di
non averne bisogno. Finse di morire per un giorno e di rifiorire alla
sera, senza leggi da rispettare. Si addormentò in un angolo di
cuore per un tempo che non esisteva. Fuggì senza allontanarsi,
ritornò senza essere partito, il Tempo moriva e lui restava.
(Luigi Pirandello).
Cara
Mariarita,
come
sai il tuo nome significa “piccola perla”. E, in effetti,
in te si concentra il nucleo potenziale di ogni bene. La vita è
un insieme di fotogrammi di cui, ciascuno, crea l’inizio e la fine di
una storia e che, messi insieme, danno luogo ad una sceneggiatura
originale, irripetibile e irreversibile. E il bello è che, per
renderti conto se il lavoro rispecchia quello che ti aspettavi, devi
arrivare molto in fondo alla visione del “film”.
Cara
Valentina,
la
tua stessa denominazione identifica un’idea di qualità che
nasce dalla determinazione e dalla curiosità. Stai per varcare
quella soglia oltre la quale si è (per legge naturale e
sociale) responsabili di ogni propria azione. Eppure, la paura di
quello che appare più grande della voglia di volare, a volte,
blocca il respiro.
Care
figlie, secondo
il filosofo Emil
Cioran,
la Vita, più che una corsa verso la morte, è una
disperata fuga dalla nascita. A ben riflettere, infatti, quando
veniamo al mondo affrontiamo una sofferenza e un disagio che ci
portiamo avanti tutta la vita: il passaggio traumatico da una
situazione conosciuta all’ignoto. Ma, questa dolorosa condizione di
realtà, viene accompagnata da un altro problema: il renderci
conto che dovremo morire. Inesorabilmente.
Ma,
mi permetto di aggiungere,
la pena maggiore che ognuno si porta dietro, è quella di
sapere (o, peggio, di scoprire) che per forza naturale delle cose
perderemo, nel tempo, gli affetti più cari.
“Così
noi viviamo. Per sempre prendendo congedo” (Rainer Maria
Rilke).
Le
circostanze, fin da piccolo, mi hanno spinto a creare un’alleanza con
la “Compagna” Solitudine avendo paura di mostrare gli
angoli più intimi della mia personalità, quelli che mi
portano, osservando il candore delle nuvole, ad esempio, ad
immaginare scenari di comunione, come quelli di un fantastico Presepe
vivente... in cui, tutti, si converge verso la grotta Sacra, del Bue
e dell’Asinello.
Famiglia...
Termine
dal significato controverso, sinonimo di assunzione di responsabilità
ma, anche, di gruppo che ti protegge le spalle nel territorio ostile
che è diventata, ormai, la Società in cui ci troviamo a
traghettare la nostra esistenza, al motto di “ciascuno
per sé e nessun Dio per tutti!”
Care
Figlie,
anche quando cado, ogni volta che mi rialzo, ricordo di aver giurato
fedeltà al principio dell’aiuto verso i bisognosi e, quindi,
come altri, più importanti, che mi hanno preceduto, da Medico
concludo che la vita ha sempre un valore, non soltanto quando è
attraente ed emozionante ma, anche e soprattutto, le volte che si
presenta inerme e indifesa.
“Non
già conoscere molte cose, ma mettere molte cose in contatto.
Questo è uno dei primi gradini dello spirito creativo”
(Hugo Von Hofmannsthal).
Mi
sarebbe piaciuto che aveste indossato i miei maglioni ma, da
splendide ragazze quali siete, meritate abbigliamento più
consono alle vostre qualità. Eppure immagino che, un giorno,
possiate camminare “nelle mie scarpe”...
Nonostante,
su un convinto piano razionale, io
propugni la libertà di scelta esistenziale
anche andando contro le regole, quando è il caso (e, io, ne
rappresento un valido esempio, avendo abbandonato, poco meno che
trentenne, una promettente carriera di odontoiatra e chirurgo maxillo
facciale per una strada a me sconosciuta, come quella della
psicoterapia, all’epoca della scelta), non posso nascondere la mia
vulnerabile dimensione umana che mi porta a soffrire un po’ all’idea
di non riuscire a condividere, con voi, una dimensione lavorativa
comune o un nipote col mio stesso cognome.
Pensate
che, a volte, spero di diventare così importante da spingere
(com’è successo nella famiglia Freud)
a “forzare” le tradizioni ed avere un mio piccolo omonimo
da stringere tra le braccia.
Care
figlie,
abbiate pazienza di fronte alle aspettative di chi si accinge a
diventare vecchio e, a volte, vede affiorare dal sottoscala delle
proprie emozioni, la voglia e il bisogno di incontrare gli affetti
perduti. Nonna, nonno, papà, mamma, gli amici di un tempo e
quelli di oggi, con cui ho un buon legame ma che non incontro mai, se
non nei miei ragionamenti interiori...
Beh,
in fondo, Anche San Francesco è rimasto prototipo unico.
Che
presunzione smisurata... D’altronde la sincerita che si deve alle
proprie figlie è seconda solo a quella che si deve a se
stessi. E alla persona che si ama di più.
Vi
confesso che
una preoccupazione, sulle altre, attira la mia attenzione: quella che
possiate perdere l’illusione, che faceva muovere quelli della nostra
generazione,di poter costruire un Mondo migliore. Con un pizzico di
“sano” Romanticismo.
Spero
che non rinunciate mai alla voglia di realizzare la, vostra, piccola
parte di bene ovunque vi troverete, perchè, come ha detto
qualcuno, sono queste “piccole” parti di bene che, messe
insieme, riempiono il mondo.
Un
ultima cosa, prima di salutarvi...
L’esperienza
mi ha insegnato che il “dolore” sta in alto, non in
basso. Mentre, tutti, credono che il dolore stia in basso. E, tutti,
vogliono “salire”. Provate a non dimenticarlo.
Ho
letto, tempo fa, che se non sai perché un bambino sulla
giostra saluta i genitori ad ogni giro e, perché, i suoi
genitori gli rispondono sempre, non capisci la natura umana. Bene,
credo di averlo capito adesso.
Comprendete
il mio bisogno di camminare, da solo, per i sentieri di montagna
poggiando un piede dopo l’altro con attenzione. Mi serve per
ricordare che l’esistenza è qualcosa di prodigioso e
misterioso. Io credo che non sia un miracolo camminare sull’acqua
o nell’aria. Ritengo,invece, che il vero miracolo sia poter
camminare sulla Terra, apprezzando ciò che, essa, può
donarci.
Siete
cresciute ed è, dunque, logico che andiate per le vostre
strade. Nel mio cuore, però, io sorrido perchè so che
amori come noi, ovunque saranno, staranno sempre vicino, sentendo di
essere nel posto più incredibile del Mondo.
Cara
Mariarita,
l’augurio che ti faccio, quindi, è quello di scegliere, il più
delle volte possibile, in maniera coerente con quello che, credi
essere (in maniera accettabilmente oggettiva) la via maestra. Al
netto di presunzione e arroganza, per evitare rimorsi, rimpianti o
sensi di colpa. Il Giorno è tuo. Buona passeggiata.
E,
a te, cara
Valentina,
l’invito è quello di restare tranquilla: il tuo coraggio ti
aiuterà (come recita un vecchio adagio) a lanciare il cuore
oltre l’ostacolo, per riuscire ad andare a riprenderlo. Più
vigoroso di prima. Quindi, non temere di sognare in grande: i
risultati dipendono dal sapere, dal volere e dalla perseveranza.
Non
disprezzare il poco, il meno, il non abbastanza L’umile, il non
visto, il fioco, il silenzioso. Perché, quando saranno passati
amori e battaglie, nell’ultimo camminare, nella spoglia stanza,
non resteranno il fuoco e il sublime, il trionfo e la fanfara... Ma
braci, un sorso d’acqua, una parola sussurrata, una nota: Il
poco, il meno il non abbastanza. (Stefano Benni)
Con
tutto l’affetto del Mondo
Vostro
Padre.
P.S.
Provate a rileggere il lavoro con questo sottofondo musicale. Era
quello che ho ascoltato, nei miei pensieri, mentre vergavo ciò
che ho scritto. Ed ha tutto un altro effetto.