…
come a me sembra, che
dobbiamo accettare l’idea che la realtà sia solo interazione?”
(Carlo Rovelli – Sette Brevi Lezioni di Fisica. Adelphi Ed.)
Cari
lettori, anche
in forza di ciò,
non
passa giorno che, i più sensibili, non sentano il bisogno di
domandarsi (per cercare una risposta chiara) come sia mai possibile
l’estrinsecarsi di tanta cattiveria, da parte degli esseri
umani.
Non
ti ho dato, o Adamo, né un posto determinato, né un
aspetto proprio e né alcuna prerogativa tutta tua perchè
quel posto, quell’aspetto e quelle prerogative che tu desidererai...
tutto, secondo il tuo voto e il tuo consiglio, ottenga e conservi. Ti
posi nel mezzo del Mondo perchè, di là, meglio
scorgessi tutto ciò che è nel Mondo. Non ti ho fatto né
celeste e né terreno, né mortale e né immortale
perchè (di te stesso quasi libero e sovrano artefice) ti
plasmassi e ti scolpissi nella forma che avresti prescelto. (Pico
della Mirandola)
Essere Umano, per
definizione “ontologica” (riguardante la natura e la
conoscenza dell’essere come oggetto in sé) dovrebbe
essere il risultato premiante di un faticoso percorso che porta a
divenire (e,
quindi, ad “essere”) un
individuo (entità
capace di riflettere e provare emozioni, distinguendo se stesso dal
resto del contesto che, pure resta condizionato da ciò che si
è... che, a sua volta, diviene il risultato dell’adattamento
all’Input ambientale) portatore
di valori di sensibilità solidale, improntati al bisogno di
una crescita condivisa.
E
allora?
Il
termine Male,
nella lingua italiana, identifica, etimologicamente, “tutto
ciò che (attraverso, danno, tormento, etc.) è contrario
al Benessere, alla Virtù, alla Legge, al Dovere, alla
Convenienza”.
La
parola Bene,
viene definita dai dizionari, come “ciò
che è necessario per rendere felice (Beare) e tranquillo, in
quanto conveniente alla Natura umana, secondo principi etici e
morali”.
E
andiamo ai comportamenti
Cari
Lettori,
è qui che casca l’asino (e mi scuso con lui se si è
fatto male…): principi
etici e morali!
La
Morale,
fotografa il valore di riferimento per ciò che attiene alla
congruità di un’idea o di un comportamento. Tale
indicatore, però, non è assoluto ma
(neurofisiologicamente parlando) varia con ciò che, nel tempo
storico, viene ritenuto probo, o meno. Ad esempio, le battaglie dei
Gladiatori, all’epoca degli Antichi Romani, oggi sarebbero
censurate
e vietate; così come, certe libertà pedofile ritenute
“normali” nei tempi andati, oggi sono perseguite
penalmente e considerate riprovevoli.
L’Etica,
dal canto suo, connota la correttezza di idee e comportamenti,
all’interno di precisi riferimenti, fuori dai quali,
assumerebbero valenze differenti. Ecco, quindi, che il soldato in
azione è obbligato ad uccidere prima di essere ucciso e,
l’avvocato penalista, ha l’obbligo di far rispettare
l’esecuzione di un giusto processo (chiedendo l’invalidazione
dell’intera procedura, in caso di errori tecnico formali) anche
nei confronti del peggiore assassino…
Nella
realtà dei fatti…
Esiste
un solo parametro “relativamente” assoluto che, il mio
vecchio maestro Giovanni Russo, mi insegnò a riconoscere come
LOGICA
UNIVERSALE.
Una sorta di satellite artificiale puntato sulle Leggi di Natura, che
governano ciò che esiste nell’Universo e che ci rende
come siamo.
Questo
elemento di riscontro oggettivo si comporta come l’oracolo di Delfi:
è a tua disposizione ma risponde, al massimo, con un si o con
no; per cui, il confronto con esso, diventa valido in funzione delle
domande che gli si pongono.
Se,
inoltre, teniamo conto del fatto che, il suo principio ispiratore si
basa sulla massima del “mors
tua, vita mea” (cioè,
“devo
mantenermi in vita a qualsiasi costo”)
ecco che diviene importante avere, crescendo in un ambiente ispirato
ad una sana educazione, le idee chiarissime sull’importanza (in
senso egoistico) del principio del Rispetto. Tale presupposto
fondamentale, sarebbe responsabile dell’attivazione delle specifiche
zone di corteccia cerebrale, coinvolte quando facciamo prevalere
scelte morali.
La
nostra mente, sostanzialmente, si comporta come il pittore che,
partendo dai colori fondamentali (in base alla propria creatività
frutto, anche, dell’apprendimento) li miscela per produrre
nuances non presenti, in partenza, sulla tavolozza: ogni individuo
(cosiddetto) pensante, si trova a disposizione un range determinato
dalla genetica (all’interno del filamento di DNA); il bello è
che, però, ciascuno, in base a capacità acquisite (e
non innate) può, inconsapevolmente, “tirar fuori”
dal nastro a doppia elica, informazioni adeguate alle circostanze
(sul piano oggettivo) oppure no. Questo meccanismo, si chiama
epigenetica e "sceglie" all’interno di archetipi plurimillenari. “Chi
ha visto vuotarsi tutto, quasi sa di che si riempie tutto.(A.
Porchia)
Più
o meno, accade questo:
Ogni
manifestazione del mondo esterno, viene scomposta, all’interno
dei campi di elaborazione cerebrale, nei suoi costituenti
fondamentali elettromagnetici che vanno a sollecitare una sorta di inconscio collettivo (frutto di miliardi di anni di evoluzione) che è simile in tutti ma, allo steso tempo, "specifico" per ciascuno di noi;
Ogni
costituente (micropezzettino del puzzle che abbiamo percepito) viene
riconosciuto, come tale, in funzione di quanto di simile ci
ritroviamo in memoria e che abbiamo specializzato in quello che è l’inconscio personale;
Quello
che ripeschiamo dal serbatoio dei ricordi, si porta dietro, anche,
lo strascico emotivo che abbiamo provato nel momento in cui abbiamo
vissuto l’esperienza che, frammentata, abbiamo poi archiviato, condizionati dai Modelli Operativi inconsapevoli, acquisiti negli ambienti nei quali siamo cresciuti;
Tale
vestito emotivo (acquisito con l’esperienza e, quindi, non
geneticamente determinato), condiziona la scelta in funzione del
piacere o del fastidio che ci arreca;
tutto
ciò premesso, con tale meccanismo, riconosceremo il quadro
(venuto dall’esterno) assemblando pezzetti di ricordi che gli
somigliano e saremo indotti a decidere sul da farsi, in relazione
all’evento determinatosi e, a quel punto, percepito;
le
nostre reazioni saranno diverse in base alla personalità di
ciascuno e al momento dell’accaduto ma, comunque, non potranno
derogare dal range messo a disposizione da Madre Natura, come i
colori fondamentali della tavolozza di cui prima, pur con la nostra
capacità di miscelare e sfumare...
Il
punto è che, ogni decisione, sarà presa dopo un
confronto con il parametro di riferimento oggettivo (che si rifà,
come detto prima, alle leggi di Natura) che abbiamo definito Logica
Universale e che, si ritiene, sia allocato nell’Ipotalamo
(importante struttura cerebrale).
In
base alle convinzioni, ai condizionamenti, all’ignoranza, al
pregiudizio, alla presunzione, alla maturità, alla chiarezza o
all’incapacità più o meno temporanea, opereremo
scelte che riterremo idonee, anche quando produrremo dubbi in
proposito che ci faranno cambiare idea. Infatti, in quei momenti,
valuteremo giusto riconsiderare e, di conseguenza, cambiare, per una
nuova direzione.
Con
questo principio, sarà motivata (anche se non “giustificata”),
nella mente, qualsiasi azione, dalla più nobile alla più
efferata. Tutto troverà un perchè. Magari frutto di un
aggiustamento interiore di comodo accomodamento.
Nella
vita ci sono cose che ti cerchi e altre che ti vengono a cercare. Non
le hai scelte e nemmeno le vorresti, ma arrivano e, dopo, non sei più
uguale. A quel punto le soluzioni sono due: o scappi cercando di
lasciartele alle spalle, o ti fermi e le affronti. Qualsiasi
soluzione tu scelga, ti cambia, e tu hai solo la possibilità
di scegliere se in bene o in male. (Giorgio Faletti – Io
uccido)
Quindi,
ad esempio, è possibile restare indifferenti di fronte alle
efferatezze compiute all’interno di un qualsiasi mattatoio..
E,
allora, non è affatto strano che si lascino morire affogati
bambini e genitori che tentano di salvarsi da guerre che abbiamo
creato (direttamente o indirettamente) noi. Non è roba
dell’altro mondo che, di fronte a simili tragedie (le cui
immagini scuotono le coscienze ma non determinano le azioni) ci si
muova solo per lucrarci su....
Allo
stesso modo e con il medesimo principio neurofisiologico ma non certo
morale e civile, assistiamo a slanci di solidarietà estrema.
Ognuno
ha una base bimodale comportamentale (che va dal quadro solidale a
quello menefreghistico) con varie sfumature molto personali: ciascuno
sceglie in base al carattere acquisito, alle capacità del
momento, agli egoistici bisogni da appagare, etc
Come,
spesso, mi è capitato di scrivere, i saggi sostengono che noi
nasciamo per portare avanti un progetto. Per quanto si possa
speculare su ciò, non si può fare a meno di concludere
che, al di là di evolvere le nostre capacità (nel bene
o nel male) migliorando la gestione del nostro potenziale genetico e
restituendo il tutto (con gli interessi) a "fine corsa"
come si fa con i prestiti bancari, non si può andare.
La
Natura (o chi per Lei), magnanima, ha creato un escamotage per
indurci a darci da fare: godere. D’altronde, se per avere dei
figli, non si provasse quel piacere estremo che, i più,
chiamano “orgasmo”, con ogni probabilità ci si
sarebbe estinti, da Adamo ed Eva in avanti.
Quindi,
come ho spiegato prima, tutto quello che facciamo è provare
piacere da ogni esperienza, anche quella negativa (fatte salve le
situazioni in cui l’imprevisto ci pone di fronte al dolore). E
anche nella sofferenza, vale lo stesso
discorso.
Sì,
è necessario soffrire, perfino invano, per non vivere invano
(Cit.)
Insomma,
dal momento che, come sosteneva il sommo poeta “fatti
non fummo, per viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza”
, forse
è arrivato il momento di accettare l’idea di essere poca cosa
rispetto alla grandiosità di ciò che ci circonda...
però, siccome quello che ci circonda, ci comprende e ci
costituisce (perchè siamo fatti della stessa materia dei
“sogni dell’Universo”) ecco, sarebbe opportuno fare
nostra quella massima, che, testualmente, recita: “Per
poter raggiungere certe altezze, non le abbasso... le alzo ancora!”
Giorgio
Marchese (Medico
Psicoterapeuta, Counselor) - Direttore "La Strad@"
Questo
editoriale trae spunto da quanto scritto in tante altre occasioni. I
fatti della vita danno la stura, ogni giorno, ai contenuti di miliardi di anni di
trasformazioni che ci hanno consentito di esistere nella forma che (più
o meno) conosciamo e che ci rendono simili ad ogni altra struttura del
Creato. Naturale, quindi, soffermarsi, una volta di più, a
capire perchè siamo come siamo.
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