Palazzo
del Quirinale, 31/12/2015
Buonasera, un
saluto molto cordiale a quanti mi ascoltano e gli auguri migliori,
altrettanto cordiali, a tutte le italiane e a tutti gli italiani, in
patria e all’estero; e a coloro che si trovano in Italia e che amano
il nostro Paese. A tutti un buon 2016. L’anno che sta per
concludersi ha recato molte novità intorno a noi: alcune
positive, altre di segno negativo. Questa sera non ripeterò
le considerazioni che ho fatto, giorni fa, incontrando gli
ambasciatori degli altri Paesi in Italia sulla politica
internazionale, e neppure quelle svolte con i rappresentanti delle
nostre istituzioni. Stasera vorrei dedicare questi minuti
con voi alle principali difficoltà e alle principali speranze
della vita di ogni giorno. Il lavoro anzitutto. L’occupazione
è tornata a crescere. Ma questo dato positivo, che
pure dà fiducia, l’uscita dalla recessione economica e la
ripresa non pongono ancora termine alle difficoltà quotidiane
di tante persone e di tante famiglie. Il lavoro manca ancora
a troppi dei nostri giovani. Sono giovani che si sono
preparati, hanno studiato, posseggono talenti e capacità e
vorrebbero contribuire alla crescita del nostro Paese. Ma non possono
programmare il proprio futuro con la serenità
necessaria. Accanto a loro penso a tante persone, quarantenni e
cinquantenni, che il lavoro lo hanno perduto, che faticano a trovarne
un altro e che vivono con la preoccupazione dell’avvenire della
propria famiglia. Penso all’insufficiente occupazione
femminile. Il lavoro manca soprattutto nel Mezzogiorno. Si
tratta di una questione nazionale. Senza una crescita del Meridione,
l’intero Paese resterà indietro. Le diseguaglianze
rendono più fragile l’economia e le discriminazioni aumentano
le sofferenze di chi è in difficoltà. Come
altrove, anche nel nostro Paese i giovani che provengono da alcuni
ambienti sociali o da alcune regioni hanno più opportunità:
dobbiamo diventare un Paese meno ingessato e con maggiore mobilità
sociale. Il lavoro e la società sono al centro di un grande
processo di cambiamento. L’innovazione è una sfida
che riguarda tutti. La competizione richiede qualità,
creatività, investimenti. Impresa privata e settore pubblico,
in particolare scuola, università e ricerca, devono operare
d’intesa. La condizione economica dell’Italia va migliorando:
questo va sottolineato. Anche le prospettive per il 2016
appaiono favorevoli. Senza dimenticare l’azione svolta dalle
istituzioni, va detto - e tengo a dirlo - che moltissimi nostri
concittadini hanno operato con impegno e con senso di responsabilità,
in settori diversi e con compiti differenti. Hanno contribuito in
questo modo, malgrado la crisi, a tenere in piedi l’economia
italiana. A tutti loro desidero render merito ed esprimere
grande riconoscenza. Così come intendo inviare un
messaggio di sostegno e di speranza alle famiglie particolarmente in
affanno: non vanno lasciate sole, e chiedo l’impegno di tutti perché
le difficoltà si riducano e vengano superate. Un elemento
che ostacola le prospettive di crescita è rappresentato
dall’evasione fiscale. Secondo uno studio, recentissimo, di
pochi giorni fa, di Confindustria, nel 2015 l’evasione fiscale e
contributiva in Italia ammonta a 122 miliardi di euro. 122 miliardi!
Vuol dire 7 punti e mezzo di PIL. Lo stesso studio calcola che anche
soltanto dimezzando l’evasione si potrebbero creare oltre
trecentomila posti di lavoro: gli evasori danneggiano la comunità
nazionale e danneggiano i cittadini onesti. Le tasse e le imposte
sarebbero decisamente più basse se tutti le pagassero. In
questi giorni avvertiamo allarme per l’inquinamento, specialmente
nelle grandi città. Il problema dell’ambiente, che a
molti e a lungo è apparso soltanto teorico, oggi si rivela
concreto e centrale. Mi auguro che lo si affronti con un comune
impegno da parte di tutti. Sono utili le diverse opinioni -
e non si può certo comprimere il confronto politico - ma siamo
di fronte anche alla natura, e ai suoi mutamenti, che contribuiscono
a provocare siccità e alluvioni. In presenza di una
sfida così grande, che coinvolge la salute, è
necessario che prevalga lo spirito di collaborazione. Dobbiamo
avere maggior cura dei nostri territori. Da quelli montani a
quelli delle piccole isole, dove nostri concittadini affrontano
maggiori disagi. Occorre combattere contro speculazioni e
sfruttamento incontrollato delle risorse naturali. E’ confortante
vedere la formazione di molti movimenti spontanei, l’impegno di tanti
che si mobilitano per riparare danni provocati dall’incuria e dal
vandalismo, e difendono il proprio ambiente di vita, i parchi, i siti
archeologici. L’Italia è vista all’estero come il
luogo privilegiato della cultura e dell’arte, e lo è davvero.
Questo patrimonio costituisce una nostra ricchezza, anche
economica. Abbiamo il dovere di farlo apprezzare in un ambiente
adeguato per bellezza. L’impegno delle istituzioni,
nazionali e locali, deve essere in questo campo sempre maggiore. Un
esempio: si può chiedere ai cittadini di limitare l’uso delle
auto private, ma, naturalmente, il trasporto pubblico deve essere
efficiente. E purtroppo non dovunque è così. Il
compito di difendere l’ambiente, peraltro, ricade in parte su
ciascuno di noi. Molto della qualità della nostra vita
dipende dalla raccolta differenziata dei rifiuti e dal rispetto dei
beni comuni. Non dobbiamo rassegnarci alla società
dello spreco e del consumo distruttivo di cibo, di acqua, di
energia. Passando ad un altro argomento su cui c’è
grande attenzione, tutti sappiamo che il terrorismo fondamentalista
cerca di portare la sua violenza nelle città d’Europa, dopo
aver insanguinato le terre medio-orientali e quelle
africane. Realizzare condizioni di pace e stabilità per i
popoli di quei Paesi è la prima risposta necessaria, anche per
difendere l’Europa e noi stessi. La prosperità, il
progresso, la sicurezza di ciascuno di noi sono strettamente legati a
quelli degli altri. Non esistono barriere, naturali o artificiali,
che possano isolarci da quel che avviene oltre i nostri confini e
oltre le frontiere dei nostri vicini. In questi decenni di pace e
di democrazia abbiamo sempre dispiegato un impegno costante in difesa
di questi valori, ovunque siano minacciati. La presenza diffusa
dei nostri militari all’estero lo testimonia. A loro - e ai tanti
volontari - va grande riconoscenza. Il terrorismo ci vuole
impaurire e condizionare. Non glielo permetteremo. Difenderemo le
conquiste della nostra civiltà e la libertà delle
nostre scelte di vita. Con questo spirito abbiamo sentito, tutti, su
di noi la sofferenza dei parenti delle vittime di Parigi e ci siamo
stretti intorno alla famiglia di Valeria Solesin. Le nostre Forze
di polizia e i nostri servizi di sicurezza stanno agendo con serietà
e con competenza per difendere la tranquillità della nostra
vita. Il pericolo esiste ma si sta operando con grande impegno per
prevenirlo. Agli altri Paesi dell’Unione Europea abbiamo
proposto di aumentare la collaborazione e di porre sollecitamente in
comune risorse, capacità operative, conoscenze e informazioni
per meglio contrastare e sconfiggere il terrorismo di matrice
islamista. In questo periodo masse ingenti di persone si spostano,
anche da un Continente all’altro, per sfuggire alle guerre o alla
fame o, più semplicemente, alla ricerca di un futuro migliore.
Donne, uomini e bambini: molti di questi muoiono annegati in mare,
come il piccolo Aylan e, ormai, purtroppo anche
nell’indifferenza. Il fenomeno migratorio nasce da cause
mondiali e durerà a lungo. Non ci si può illudere di
rimuoverlo, ma si può governare. E si deve governare. Può
farlo con maggiore efficacia l’Unione Europea e la stiamo
sollecitando con insistenza. Occorrono regole comuni per
distinguere chi fugge da guerre o persecuzioni e ha, quindi, diritto
all’asilo, e altri migranti che vanno invece rimpatriati, sempre
assicurando loro un trattamento dignitoso. L’Italia ha
conosciuto bene, nei due secoli passati, la sofferenza e la fatica di
chi lascia casa e affetti e va, da emigrante, in terre lontane. Il
nostro è diventato, da alcuni anni, un Paese di
immigrazione. Molte comunità straniere si sono
insediate regolarmente nel nostro territorio, generalmente bene
accolte dagli italiani. Tanto che affidiamo spesso a lavoratrici e a
lavoratori stranieri quel che abbiamo di più caro: i nostri
bambini, i nostri anziani, le nostre case. Sperimentiamo,
giorno per giorno, sui banchi di scuola, al mercato, sui luoghi di
lavoro, esperienze positive di integrazione con cittadini di altri
Paesi, di altre culture e di altre fedi religiose. Il 70 per cento
dei bambini stranieri in Italia, lo dice l’Istat, ha come migliore
amico un coetaneo italiano. Bisogna lavorare per abbattere,
da una parte e dall’altra, pregiudizi e diffidenze, prima che
divengano recinti o muri, dietro i quali potrebbero nascere
emarginazione e risentimenti. Serve accoglienza, serve anche
rigore. Chi è in Italia deve rispettare le leggi e la
cultura del nostro Paese. Deve essere aiutato ad apprendere la nostra
lingua, che è un veicolo decisivo di
integrazione. Larghissima parte degli immigrati rispetta le
nostre leggi, lavora onestamente e con impegno, contribuisce al
nostro benessere e contribuisce anche al nostro sistema
previdenziale, versando alle casse dello Stato più di quanto
ne riceva. Quegli immigrati che, invece, commettono reati
devono essere fermati e puniti, come del resto avviene per gli
italiani che delinquono. Quelli che sono pericolosi vanno
espulsi. Le comunità straniere in Italia sono
chiamate a collaborare con le istituzioni contro i predicatori di
odio e contro quelli che praticano violenza. Negli ultimi anni è
cresciuta la sensibilità per il valore della
legalità. Soprattutto i più giovani esprimono
il loro rifiuto per comportamenti contrari alla legge perché
capiscono che malaffare e corruzione negano diritti, indeboliscono la
libertà e rubano il loro futuro. Contro le mafie
stiamo conducendo una lotta senza esitazioni, e va espressa
riconoscenza ai magistrati e alle forze dell’ordine che ottengono
risultati molto importanti. Vi è, poi, l’illegalità
di chi corrompe e di chi si fa corrompere. Di chi ruba, di
chi inquina, di chi sfrutta, di chi in nome del profitto calpesta i
diritti più elementari, come accade purtroppo spesso dove si
trascura la sicurezza e la salute dei lavoratori. La quasi
totalità dei nostri concittadini crede nell’onestà.
Pretende correttezza. La esige da chi governa, ad ogni
livello; e chiede trasparenza e sobrietà. Chiede rispetto dei
diritti e dei doveri. Sono numerosi gli esempi di chi reagisce
contro la corruzione, di chi si ribella di fronte alla prepotenza e
all’arbitrio. Rispettare le regole vuol dire attuare la
Costituzione, che non è soltanto un insieme di norme ma una
realtà viva di principi e valori. Tengo a ribadirlo
all’inizio del 2016, durante il quale celebreremo i settant’anni
della Repubblica. Tutti siamo chiamati ad avere cura della
Repubblica. Cosa vuol dire questo per i cittadini? Vuol dire
anzitutto farne vivere i principi nella vita quotidiana sociale e
civile. Nell’anno che sta per aprirsi si svolgerà il
maggior percorso del Giubileo della Misericordia, voluto da
Francesco, al quale rivolgo i miei auguri ed esprimo riconoscenza per
l’alto valore del suo magistero. E’ un messaggio forte che invita
alla convivenza pacifica e alla difesa della dignità di ogni
persona. Con una espressione laica potremmo tradurre quel
messaggio in comprensione reciproca, un atteggiamento che spero si
diffonda molto nel nostro vivere insieme. Sappiamo tutti che
quando si parla di noi italiani le prime parole che vengono in mente
sono genio, bellezza, buon gusto, inventiva, creatività.
Sappiamo anche che spesso vengono seguite da altre, non altrettanto
positive: scarso senso civico, particolarismo, individualismo
accentuato. Ricevo ogni giorno molte lettere e, in questo mio
primo anno di presidenza, in giro per l’Italia e al Quirinale, ho
incontrato tante persone e conosciuto le loro storie. Parlano
di coraggio, di impegno, di spirito d’impresa, di dedizione agli
altri, di senso del dovere e del bene comune, di capacità
professionali, di eccellenza nella ricerca. E non si tratta
di eccezioni. Nei miei colloqui con i rappresentanti di altri
Paesi, in Italia e all’estero, ho sempre colto una considerazione e
una fiducia nei confronti dell’Italia e degli italiani maggiori di
quanto, a volte, noi stessi siamo disposti a riconoscere. L’Italia
è ricca di persone e di esperienze positive. A tutte loro
deve andare il nostro grazie. Sono ben rappresentate da
alcune figure emblematiche. Ne cito soltanto tre: Fabiola Gianotti,
che domani assumerà la direzione del Cern di Ginevra, Samantha
Cristoforetti, che abbiamo seguito con affetto nello spazio, Nicole
Orlando, l’atleta paralimpica che ha vinto quattro medaglie
d’oro. Nominando loro rivolgo un pensiero di riconoscenza a
tutte le donne italiane. Fanno fronte a impegni molteplici e tanti
compiti, e devono fare ancora i conti con pregiudizi e arretratezze.
Con una parità di diritti enunciata ma non sempre assicurata;
a volte persino con soprusi o con violenze. Un pensiero
particolare alle persone con disabilità, agli anziani che sono
o si sentono soli, ai malati. Un augurio speciale, infine, a tutti
i bambini nati nel 2015: hanno portato gioia nelle loro famiglie e
recano speranza per il futuro della nostra Italia. Vi
ringrazio, e a tutti buon 2016!
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