Ma... cos’è, la Libertà?
di Giorgio Marchese  ( direttore@lastradaweb.it )

di Vincenzo Andraous  ( vincenzo.andraous@cdg.it )

23 aprile 2014

Nel 1952, Roberto Rossellini dirige Totò in un travagliato racconto che espone il dramma di un modesto barbiere il quale, (poco dopo la fine della seconda guerra mondiale), viene scarcerato dopo una lunga detenzione, inflittagli per aver ucciso la moglie per gelosia. Una volta "fuori", però, scopre una Società corrotta e amorale. Dopo aver capito di essere stato, addirittura indotto all'uxoricidio dai parenti della moglie stessa (che si sono serviti di lui per loschi traffici) fa di tutto per riuscire a tornare in galera (unico posto in cui si sente "libero" e al sicuro) e, addirittura, a farsi condannare all'ergastolo. Partendo dalla definizione dei dizionari della lingua italiana, secondo cui il termine "libertà" equivale alla "Condizione di chi è libero di pensare ed agire in piena autonomia", proviamo a domandarci, in questo particolare periodo storico: ma cos'è la libertà? "Ho cercato la libertà, più che la potenza, e questa solo perché, in parte, assecondava la prima" (Marguerite Yourcenar). Libertà, trae la sua radice etimologica dal latino ed equivale alla condizione di fare ciò che piace e che fa star bene. Quando possiamo affermare, di riuscire a determinare una simile e, paradossalmente semplice condizione esistenziale? Con molta probabilità, ogni volta che siamo stati in grado di capire la Natura per poterne seguire le regole. Forse non è indispensabile scoprire il posto che occupiamo, in quella scala gerarchica che governa l'Universo... PER LEGGERE TUTTO IL TESTO, CLICCARE SUL TITOLO.


..per potere, disciplinatamente, evitare disastri e contribuire al benessere di ogni forma vivente.

Però, è vero che, se non conosciamo noi stessi, è inutile (e controproducente) provare a conoscere il Mondo. Ciascuno di noi è, in verità, un’immagine del grande gabbiano, un’infinita idea di libertà, senza limiti.(Richard Bach)

L’umanità ha subito, sulla propria pelle, tutti i limiti e la fatica di un processo evolutivo (non ancora terminato) che ha prodotto, accanto a validi risultati, anche grandi privazioni di libertà relative. Però, con molta probabilità, è stata la Società industriale, con l’introduzione della catena di montaggio (per produrre, alla svelta, sempre più oggetti mettendo insieme le singole parti) a portare a considerarci come un agglomerato di pezzi, senza più quella forza "divina", in grado di animarci e di condurci, in maniera sensata, per tutto l’arco esistenziale.

Forse è da allora che abbiamo barattato la libertà, per puro egoismo materialistico... e abbiamo perso considerazione di noi, alla ricerca di un profitto senza valore. Come, può, infatti, essere importante qualcosa (ad esempio, il potere o il denaro) che ci priva della libertà e del tempo di poter curare valori come: famiglia, ricerca del senso della vita, amicizia, solidarietà, etc.?

Date valore alla vostra libertà, o la perderete è questo che ci insegna la Storia (Richard Stallman).

"Anche in un periodo di grave crisi è evidente che, se diventasse decisivo un approccio meramente finanziario alla salute, la Società perderebbe quel livello di umanità che deve assolutamente avere per non diventare ingiusta e peggio disumana". Sono le affermazioni del Cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana.

"La malattia - continua Bagnasco - non si risolve eliminando il malato, ma curandolo e accompagnandolo, sapendo che la malattia più temuta e il dolore più grande sono la solitudine e l’abbandono. Quando una società s’incammina verso la trascuratezza della vita debole o peggio verso la sua negazione, seppure mascherata con belle parole e nobili intenzioni dichiarate, finisce per non trovare più le motivazioni e le energie necessarie per adoperarsi al servizio del vero bene dell’uomo".

Chi è pronto a dar via le proprie libertà fondamentali per comprarsi briciole di temporanea sicurezza non merita né la libertà né la sicurezza. (Benjamin Frankli)

Eppure accade anche questo. Giuseppe Revelli, malato di cancro al polmone, scrive una lettera aperta al direttore del Corriere della Sera sul tema dei costi delle terapie a carico dello Stato. Il paziente ha 59 anni e combatte da quattro anni contro seri problemi di salute. Da meno di un mese, sui suoi referti è stampato il costo delle terapie a carico della Regione Lombardia.

"Sono in attesa di essere chiamato per iniziare un ciclo di radioterapia panencefalica - spiega Revelli - che, al momento, non so ancora quanto costerà alla comunità e di questo e per questo ringrazio e chiedo scusa anticipatamente a tutti. Vorrei però, se possibile, avanzare una piccola proposta: forse è corretto che i cittadini prendano coscienza di quanto ogni prestazione sanitaria pesi in realtà su tutta la comunità, però ritengo che ancor più utile sarebbe, sempre nel rispetto e nello spirito di coscienza e consapevolezza, se il Presidente, i membri alla giunta e del Consiglio regionale tutto, allegato allo stipendio mensile, trovassero l’elenco dei cittadini (nome e cognome, quota parte, etc.) che per quel mese, con i propri contributi e sacrifici, hanno permesso che lo stipendio gli fosse regolarmente erogato. Questo, certamente, non per spirito di vendetta o per generare falsi sensi di colpa ma, semplicemente perché, non dico tutti i mesi, ma magari a dicembre, dopo la tredicesima, un pensiero e un semplice GRAZIE a tutti noi potrebbero anche dedicarlo".

Parafrasando un concetto di Elio Vittorini nel suo libro "Uomini e no", potremmo dire che la conoscenza dei requisiti per lo sviluppo e la maturazione della Società, rappresenta un patrimonio che non è dell’uno soltanto ma dell’uno e di tutti; "un tale inestimabile valore deve costituire un momento di unità fra tutti, un’occasione di stare insieme, vivere insieme (ognuno nel rispetto dell’altrui spazio vitale), insieme lavorare e credere nell’avvenire".

Ogni anno, in Italia, si celebra l’anniversario del 25 Aprile, una delle festività civili della Repubblica italiana, quella in cui si ricorda la fine dell’occupazione tedesca in Italia, del regime fascista e della Seconda guerra mondiale, simbolicamente concordata, appunto, per il 25 aprile 1945. La data venne stabilita ufficialmente nel 1949 e fu scelta, convenzionalmente, perché fu il giorno della liberazione da parte dei partigiani delle città di Milano e Torino, ma la guerra continuò per qualche giorno ancora, fino ai primi giorni di maggio.

Questa festa annuale è, chiaramente e simbolicamente, festa di liberazione. Ci auguriamo che diventi, sempre più festa di ognuno e di ciascuno, di tutti gli uomini, persino di chi tace e di chi ascolta, anche di chi non c’è più, è festa degli uomini piegati da una solitudine imposta, costretti a una mera sopravvivenza, obbligati alla prossimità della morte.

Una festa degli uomini e delle donne, dei giovani e degli anziani, dei sacerdoti e dei militari, di ieri e di oggi, che insieme, nella fede che ognuno professa, hanno scelto la lotta più giusta, per la democrazia, il rispetto delle uguaglianze, della libertà che è tale perché significa farsi carico di una responsabilità, e questa responsabilità diventa azione, una vera e propria scelta morale. Festa degli intuitivi delle idee politiche, dei creativi delle passioni del cuore, dei coerenti della mente e generosi della pancia, nuovamente è festa di tutti.

Festa dei legacci tolti ai polsi, festa dei vincitori, festa dei vinti, festa nelle parole di Calvino, di Tobino, di Fenoglio, di Pavese...

festa di amare il prossimo tuo come fosse te stesso, finalmente, nelle parole di Gesù, anche per chi crede nelle parole resistenti, anche per chi, come noi, crede nei gesti resilienti.


Da una stazione, non si partirà mai, per la libertà! (Otto von Bismark)

La chiusa angoscia delle notti, il pianto
delle mamme annerite sulla neve
accanto ai figli uccisi, l’ululato
nel vento, nelle tenebre, dei lupi
assediati con la propria strage,
la speranza che dentro ci svegliava
oltre l’orrore le parole udite
dalla bocca fermissima dei morti
"liberate l’Italia, Curiel vuole
essere avvolto nella sua bandiera":
tutto quel giorno ruppe nella vita
con la piena del sangue, nell’azzurro
il rosso palpitò come una gola.
E fummo vivi, insorti con il taglio
ridente della bocca, pieni gli occhi
piena la mano nel suo pugno: il cuore
d’improvviso ci apparve in mezzo al petto.

(da La storia delle vittime. Poesie della Resistenza (1943-47 1963-65), Milano, Mondadori, 1966)

 

 

Vincenzo Androus - Counselor, Tutor Comunità "Casa del Giovane" Pavia

 

Giorgio Marchese - Direttore La Strad@

29 aprile 2012

Grazie al prof. Alessandro Citro, per la collaborazione.

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