Uso e abuso della professione psichiatrica.
di Giorgio Marchese  ( direttore@lastradaweb.it )

30 ottobre 2011



Psicofarmaci: +76% in dieci anni.


Counseling News

Negli Usa, più di una persona su dieci fa uso di psicofarmaci, in particolare una donna su quattro, in un’età compresa fra i 40 e i 60 anni. Gli adulti vanno in farmacia per comprare soprattutto antidepressivi anche se, paradossalmente, la maggior parte delle persone veramente depresse rifiuta ogni cura. Questi i dati forniti dal National Center for Health Statistics.

Dal 1998 al 2008 il consumo di questi medicinali, pare che sia cresciuto del 400% in America e del 76% in Italia, con la media di tre pillole al giorno ogni cento abitanti.

Il sospetto, ovviamente, è che molte prescrizioni siano inappropriate.

L’Istituto farmacologico Mario Negri tiene, in questi giorni, un convegno per i suoi 50 anni, il cui sottotitolo non lascia adito a dubbi di interpretazione: "Le prescrizioni di psicofarmaci rappresentano uno dei più grandi successi di marketing industriale degli ultimi anni, nonostante la consapevolezza dell’efficacia solo parziale degli stessi".

Due anni fa l’Organizzazione mondiale della sanità scrisse che:

  • solo 6 pazienti su 10 fra quelli che assumono regolarmente antidepressivi ne traggono beneficio;
  • solo in un caso su due il miglioramento è dovuto all’effetto placebo.

"Sono trent’anni che usiamo più o meno gli stessi principi attivi" - spiega Gianluigi Forloni, direttore del dipartimento di neuroscienze del Mario Negri - "L’efficacia non è migliorata di molto, ma in compenso si sono ridotti gli effetti collaterali. Ecco perché molto spesso le prescrizioni arrivano dai medici di famiglia".

Uso e abuso della professione psichiatrica

Mentre dagli Stati Uniti giunge la notizia dell’uso poco congruo di psicofarmaci, a Modena è stata inaugurata la Settimana della salute mentale. Tra gli ospiti d’onore Allen Frances, professore emerito alla Duke University negli Stati Uniti, uno degli psichiatri più importanti del mondo.

La sua fama è legata alla direzione della quarta edizione del Diagnostic and statistical manual of mental disorders, la classificazione dei disturbi mentali usata dai medici di tutto il pianeta. Nel 2013, a quasi dieci anni di distanza, è prevista la pubblicazione di una nuova versione.

Allen Frances, il custode del lavoro precedente, ha iniziato una grande battaglia culturale che lunedì, su invito del direttore del dipartimento di Salute mentale dell’Ausl locale Fabrizio Starace, porta anche a Modena con una lezione magistrale dal titolo Uso e abuso della diagnosi psichiatrica.

"Assisto a un’inflazione diagnostica, che fa aumentare il numero dei disturbi da manuale, particolarmente per i bambini - denuncia Frances - "La medicalizzazione della normalità e delle differenze individuali ha portato all’uso eccessivo di trattamenti psicofarmacologici e all’ulteriore discriminazione del paziente psichiatrico. Anche perché i medici sono sempre meno abituati alla diagnosi clinica, quella che, oltre ai manuali guarda al rapporto individuale col paziente. Tra le ultime mode dei disturbi ci sono il deficit d’attenzione, il bipolarismo infantile, l’autismo. Le cure più abusate per queste sindromi sono antipsicotici atipici dai possibili effetti collaterali".

Riflessioni e considerazioni

La notizia di questa settimana, evidenzia contenuti particolarmente interessanti. La valutazione personale (da medico) porta a concludere che, spesso, si cerca di silenziare sintomi e problemi senza approfondirne motivazioni e conseguenze.

Con un occhio rivolto alle esigenze di chi, ogni giorno, cerca di capire come condurre le proprie giornate, dibattendosi fra paura, angoscia e senso di precarietà, non si può non giungere alla seguente conclusione: ha senso levarsi di torno i fastidi di una frustrazione, senza aver capito e risolto, i motivi della frustrazione medesima?

Stare accanto a chi soffre per trasmettergli tranquillità e, soprattutto (quando si può e si "deve") per evitare che entri in una spirale clinica che lo faccia percepire come oggetto malato e passivo e non (come, invece sarebbe opportuno) come soggetto artefice e corresponsabile di quanto gli accade, psicologicamente (almeno). E’ questo che, da medici, il giuramento di Ippocrate, ci impone.

Cari colleghi medici, vi invito a riflettere su una massima di John Waine, ricordando a tutti noi che il compito di chi indossa il camice è quello di essere, innanzitutto, un buon counselor:

Quando ti viene comunicato che sei affetto da una malattia, puoi prepararti a guarire o a soffrire. L’importante è capire e lottare.

Fonti

  • www.edott.it

 

G. M. - Medico Psicoterapeuta / Counselor - Presidente Neverland (Scarl - No Profit - ONLUS)

 

 

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