Multe per violazione del codice stradale e ricorsi.
di Erminia Acri  ( erminia.acri@lastradaweb.it )

5 gennaio 2011



Il giudice, in caso di rigetto, può aumentare la sanzione.



La contestazione di un verbale di accertamento di violazioni del Codice della strada, mediante ricorso al Prefetto o al Giudice di Pace, è una scelta da valutare sempre con molta oculatezza perché occorre considerare che, nel primo caso, se il ricorso è respinto, il Prefetto emette ordinanza di ingiunzione di pagamento di una somma pari al doppio di quanto dovuto in partenza, mentre, nel secondo caso, oltre a doversi accollare -senza certezza di recuperarle - le spese per l’instaurazione del giudizio di opposizione, comprese quelle del proprio difensore - ove si decida di agire con l’assistenza di un avvocato-, in caso di rigetto, v’è l’eventualità di dover pagare le spese legali all’avversario e, stanti i chiarimenti forniti dalla Corte di Cassazione Civile, a sezioni unite, con la sentenza n. 25304 del 15.12.2010, sussiste anche il rischio che il giudice adito aumenti d’ufficio l’importo della sanzione, pur senza richiesta da parte della pubblica amministrazione.

 

Nella citata recentissima sentenza, la Corte ha respinto un ricorso fondato, tra gli altri motivi, sull’assunta violazione degli artt. 23 della legge n.689/1981 e 113 c.p.c. che avrebbero precluso al giudicante di determinare la sanzione amministrativa pecuniaria in misura superiore a quella indicata nel verbale impugnato, anche in mancanza di una richiesta in tal senso da parte della pubblica amministrazione opposta, ed ha affermato che il giudice che rigetta l’opposizione, può applicare la sanzione che ritiene più congrua, compresa tra il minimo e il massimo edittale, secondo il suo libero convincimento.

 

Infatti, come precisato nella sentenza, nel verbale non è determinata alcuna sanzione, ma è solo “ricordato” un meccanismo di determinazione ex lege nel caso in cui il trasgressore scelga l’oblazione e nel caso in cui lo stesso non proponga ricorso nei termini e non provveda al pagamento in misura ridotta, sicché il giudice può decidere l’entità della sanzione, anche d’ufficio, in una misura compresa tra il minimo ed il massimo edittale, disponendo dei criteri di cui all’art. 195, secondo comma, Codice della Strada. “...deve concludersi nel senso che la citata l. n. 689 del 1981, art. 23, commi 5 e 6, costituiscono la base normativa del potere del giudice di quantificare una sanzione pecuniaria anche in misura superiore alla terza parte del massimo della sanzione pecuniaria, ovvero, se più favorevole, al doppio del minimo (massimo previsto in caso di mancata proposizione del ricorso), atteso che è espressamente richiamato dalla legge (v. art. citato, comma 7) il libero convincimento del giudice stesso, cosa che risulterebbe priva di significato ove dovesse ritenersi sussistente un appiattimento sul minimo edittale.”.

 

 

 

 

 

Erminia Acri-Avvocato

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