Persone e ruoli.
di Dora Principe  ( kartasia@tiscalinet.it )

17 luglio 2010






La lista è lunga!


Quaderni di psicologia

Padri, madri, genitori, figli e ancora mariti, mogli, amanti..., la lista è lunga!

E’ interessante vedere come gli uomini si siano crudelmente ingabbiati in ruoli rigidi e istituzionali per soddisfare l’innata sete di appartenenza e il riconoscimento di quel perbenismo che apre le porte di una società ipocrita e povera di giusti apprendimenti.

Dimentichiamo di essere persone, esseri umani, agglomerati di energia che va continuamente e costantemente nutrita e scambiata.

Immettere idee nuove e corrette per migliorare la propria identità ed esplicitare, in modo utile e sano, il rapporto individuale e collettivo con il giusto tempo e i giusti modi; allora, la società, quindi il gruppo, ha un senso e i ruoli un significato vero e profondo, simbolo di riconoscimento per se stessi e gli altri.

La consapevolezza di sé e del proprio sviluppo rende proficua la funzione che ricopriamo e gestiamo, la conoscenza ne migliora la qualità rendendogli dignità. Sono sempre i singoli che fanno la differenza, è il loro uso degli strumenti intelligenza e volontà che cambia le carte in tavola tirando fuori l’asso quando la partita sembra irrimediabilmente persa.

Perché? Cosa è e da dove viene questa capacità?

Il percorso che ogni singolo individuo fa e deve fare per migliorarsi, per contribuire in modo utile allo sviluppo di sé e della società in cui vive è diverso e per questo unico.

Il nostro equilibrio psicofisico tradito, maltrattato, frustrato rivendica rispetto e attenzione, urla la possibilità di mostrare la sua capacità, reale e tangibile, di garantire una vita serena e soddisfacente dove il traffico di emozioni e difficoltà viene, con maestria, regolato da un’elegante ed efficiente neutrergia.

Sì, elegante, perché rende i nostri comportamenti e atteggiamenti gentili, ma sicuri; delicati, ma decisi; forti di pensieri riconosciuti dalla logica e quindi giusti.

Non è il ruolo, dunque, riconoscimento del diritto di definizione del nostro operato, bensì l’alibi a rimanere intrappolati tra fragili sbarre ricoperte d’oro, oro vecchio quanto il mondo, ma sempre luccicante, irresistibile attrazione per vittime di apprendimenti sbagliati, pigri e impauriti dalla vita.

Se da soli non sappiamo o non riusciamo a capire e migliorare cerchiamo aiuto; rinunciare significa garantirsi un futuro di frustrazioni, rimpianti, di fasi transitorie faticose e dolorose, l’illusione di vivere.

Nel momento in cui qualcuno ci offre la sua corretta conoscenza (magari coadiuvata da umanità e disponibilità) non possiamo rifiutare, se l’opportunità è quella di essere e non esistere, di svegliarsi al mattino finalmente felici e consapevoli di iniziare un nuovo giorno, un nuovo percorso di conoscenza!

Dora Principe (2 marzo 2002)

 

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