Tessuto Nervoso.
di Giorgio Marchese  ( direttore@lastradaweb.it )

19 gennaio 2015






I Neuroni, la Nevroglia e il sistema "specchio".


Neuroscienze - PNEI

Questo articolo è stato pubblicato, per la prima volta, il 16 Maggio 2009. Siccome la Scienza procede spedita, nelle sua scoperte, è diventato necessario aggiornarlo opportunamente.

BUONA LETTURA

Abbiamo visto, in un precedente lavoro (Il cervello - nel cuore del sistema che ciò che ci differenzia da altre forme (viventi o meno) presenti in Natura, è data dalla complessità di un organismo in cui, ciascuna cellula è in grado di vivere di luce propria ma, solo quelle del sistema nervoso prosencefalico sono idonee a metterci in condizione di capire chi siamo, sul piano introspettivo.

Reti neurogliali e stati di coscienza

Gli esperti presumono che, alla base dei diversi stati di consapevolizzazione o delle attività totalmente inconsapevoli (che rappresentano la maggior parte delle funzionalità cerebrali) vi sia un processo di cambiamento di connessioni (in termini di rafforzamento o inibizione sinaptica) nelle reti neuronali e nevrogliali e nei "dialoghi" corrispondenti, della durata di qualche secondo, che provoca un cambiamento nell’elaborazione locale delle informazioni, mediante una sincronizzazione strategica conseguente all’accumulo di sostanze come neurotrasmettori, neuropeptidi e ormoni.

Le abitudini e le "modifiche" neurali

Dal punto di vista sperimentale, si è potuto constatare che gli elaborati che portano alla creazione delle abitudini, mettono in atto una trasformazione a carico delle reti neurali (neuroni e nevroglia interconnessi) le quali creano circuiti che "sfuggono" alle zone cerebrali deputate al controllo consapevole, per un maggior rendimento in termini di velocità e di ottimizzazione metabolica.

Ogni apparato del nostro organismo, è composto da una serie di organi. Ogni organo è strutturato in base ad un tessuto peculiare, le cui mattonelle sono rappresentate dalle cellule. Per il tessuto nervoso, i costituenti cellulari sono:

  • Neuroni;
  • Nevroglia.

Quali che siano i tipi cellulari, nel sistema nervoso centrale dialogano fra loro prevalentemente mediante sinapsi e, la forma prevalente di trasmissione sinaptica è quella chimica. Le cellule della glia, pare che prevedano prevalentemente sinapsi elettriche che, connettendole, le mettono in comunicazione fra loro. Ad esempio, si ipotizza che, sempre nel Sistema Nervoso Centrale, gli Astrociti connessi in tal modo, formino una specie di rete la cui stimolazione elettrica si propaga come un’onda, la cui esistenza fornisce una prova della presenza di trasmissione dei segnali in tali cellule. Quindi, contrariamente a quello che si ipotizzava fino a qualche anno addietro, le cellule gliali (come aveva ipotizzato negli anni settanta del secolo scorso, Giovanni Russo) si possono considerare qualcosa di più e di meglio di semplici elementi di sostegno.

Secondo il neurobiologo Gerald Edelman, pur essendo all’inizio di una rivoluzione per ciò che riguarda le neuroscienze, ancora non conosciamo in maniera soddisfacente il ruolo dell’85% di tutte le cellule che stanno nel sistema nervoso: le cellule gliali. Appunto.

A questo proposito, pur avendone parlato piuttosto approfonditamente in altri articoli, non guasta riprendere il discorso cercando, magari, di fornire altri dettagli interessanti.

Di questa grande famiglia, esistono diversi sottogruppi

Quali sono le funzioni studiate abbastanza bene ?

  • Gli Oligodendrociti (in periferia) e cellule di Schwann (nelle zone più zone "centrali") producono la guaina mielinica che riveste le fibre nervose cosiddette veloci, da 80 metri al secondo.
  • La Microglia in collaborazione con gli Astrociti, al pari dei macrofagi, svolge il ruolo di spazzino in grado di eliminare detriti dall’area cerebrale in caso di lesioni; in caso di stati patologici, ritraggono i filamenti e diventano mobili, per intervenire nei processi di difesa.
  • Le cellule ependimali, sarebbero responsabili della formazione del liquor cefalorachidiano: l’ipotesi è che, mediante il ritmo cranio sacrale (che consente al liquor di muoversi in tutto il Sistema Nervoso Centrale con un flusso pari a 8 - 12 "onde" al minuto), riescano a inviare flussi di informazione di tipo bioumorale (come elemento aggiuntivo neuromodulatoriale).
  • Per gli Astrociti il discorso è veramente interessante. Svolgono un ruolo fondamentale nella formazione della Barriera Emato - Encefalica, insieme alle cellule endoteliali dei capillari sanguigni (praticamente, partendo dal principio che in ogni cellula esistono i presupposti fondamentali per la costruzione di strategie operative, è come se gli Astrociti avessero il potere di consentire o negare, comunque regolandolo ad hoc, l’accesso a sostanze "amiche" o "nemiche"); attuano una lenta depolarizzazione e assumono, inattivandoli, alcuni neurotrasmettitori liberati dalle terminazioni sinaptiche; formano una rete che riveste i neuroni e fibre nervose; attuano una connessione fra i vasi sanguigni e la Pia Madre; insieme agli Oligodendrociti intervengono nella riparazione di lesioni nel S.N.C. occupando gli spazi dei neuroni degenerati; insieme agli altri tipi, isolano i neuroni (con funzione paramielinica) fino alle zone sinaptiche e presinaptiche; insieme agli altri tipi, partecipano alla conduzione nervosa, attraverso una lenta depolarizzazione e un’inattivazione di alcuni neurotrasmettitori, a livello sinaptico (Serotonina, Dopamina, Gaba, Norepinefrina)

Molte altre sono in via di definizione

Un recente studio italiano effettuato dal dipartimento di Scienze biomediche sperimentali dell’Università di Padova, suggerisce un ruolo insospettato per gli Astrociti. Dagli esperimenti effettuati si è osservato che, affinché il cervello possa "attivarsi", gli Astrociti devono prima ordinare la vasodilatazione dei capillari che irrorano il tessuto cerebrale. In questo modo, aumenta la quantità di ossigeno disponibile nei neuroni possono produrre e utilizzare più energia.

Le cellule gliali continuano a sorprendere i neuroscienziati per le inaspettate funzioni che rivelano: un nuovo studio condotto presso l’Università di Tel Aviv (TAU) dimostra che hanno un ruolo cruciale per la plasticità cerebrale, a sua volta fondamentale per tutte le funzioni di adattamento, apprendimento e per la memoria.

Fino a pochi anni fa, si riteneva che queste cellule costituissero solo una matrice di sostegno e di isolamento dei neuroni: il loro stesso nome deriva dal termine greco per “colla”. Le cose stanno in modo ben diverso, secondo Maurizio De Pittà della Schools of Physics and Astronomy and Electrical Engineering della TAU, primo autore dell’articolo di resoconto apparso sulla rivista online “PLoS Computational Biology”: “Le cellule della glia – ha spiegato – hanno una funzione di supervisione sul cervello: regolando le sinapsi; esse controllano infatti il trasferimento di informazioni tra neuroni, influenzando l’elaborazione delle informazioni e l’apprendimento”.

Basandosi su dati ottenuti in precedenti studi, De Pittà, insieme al collega Eshel Ben-Jacob e con la collaborazione di Vladislav Volman, del Salk Institute dell’Università della California a San Diego, e Hugues Berry, dell’Università di Lione, ha sviluppato il primo modello computazionale dell’influenza che le cellule della glia hanno sul trasferimento delle informazioni attraverso le sinapsi.

Il quadro che ne emerge, prevede che i messaggi abbiano origine nei neuroni che, poi, come già ben noto, usano le sinapsi per comunicarli ad altri neuroni. Sarebbe però la Glia a svolgere il ruolo di moderatore generale, in grado di regolare quali messaggi debbano essere effettivamente inviati e quando, fungendo a seconda delle necessità ora da stimolatore del trasferimento di informazioni ora da inibitore, se le sinapsi tendono a divenire iperattive.
I risultati dello studio potrebbero avere importanti implicazioni per un’ampia gamma di disturbi e di patologie, sottolineano gli autori. Quasi tutte le malattie degenerative riguardano anche la glia: nel caso dell’epilessia, per esempio, l’iperattività dei neuroni in una zona del cervello si propaga anche in altre parti, sopraffacendo l’attività normale. Ciò può succedere quando le cellule gliali non riescono a regolare l’attività sinaptica. Per contro, quando l’attività cerebrale è bassa, le cellule della glia stimolano la trasmissione di informazioni, mantenendo attiva la connessione tra neuroni. (Le Scienze – 02.01.2012)

Gli astrociti giocano un ruolo cruciale per instaurare l’ambiente ottimale per il funzionamento del cervello: è quanto sostengono neuroscienziati dello University of Rochester Medical Center che firmano in proposito un articolo sulla rivista “Science Signaling”. Secondo lo studio, queste cellule estremamente diffuse nel cervello avrebbero un ruolo ben più vasto e importante rispetto alla mera funzione di sostegno e di nutrimento nota già da alcuni decenni: determinano infatti la riduzione o l’interruzione dei segnali elettrici alla base dell’attività cerebrale.
Per lungo tempo, gli astrociti sono stati considerati le ‘governanti’ del cervello perché sostengono e nutrono i neuroni, provvedendo anche a smaltire i loro prodotti di scarto”, ha sottolineato Maiken Nedergaard, professore di neurochirurgia all’Università di Rochester e coordinatore dello studio. “Abbiamo scoperto invece che sono in grado di influenzare l’attività dei neuroni secondo meccanismi rimasti finora sconosciuti”.
L’attività del cervello si basa su segnali elettrochimici veicolati da ioni sodio, calcio e potassio e uno dei compiti degli astrociti è mantenere il bilancio ionico. Per esempio, quando un neurone invia un impulso, i livelli di potassio al di fuori della cellula aumentano improvvisamente, ma devono subito diminuire nuovamente affinché il cervello funzioni in modo corretto. L’eccesso di potassio viene riassorbito proprio per l’azione degli astrociti.

La tesi sostenuta da Nedergaard e colleghi in quest’ultimo studio è che il meccanismo possa essere attivo oltre che passivo: sarebbero gli astrociti a determinare una diminuzione dei livelli di potassio all’esterno dei neuroni comunicando loro un segnale di stop.

Lungi dall’avere un ruolo solo passivo, gli astrociti possono innescare un assorbimento di potassio in grado di influenzare l’attività neuronale”, ha sottolineato Nedergaard. “Si tratta di un meccanismo potente la modulazione rapida dell’attività neuronale”. (Le Scienze 03.04.2012)

I Neuroni

I neuroni, rappresentano solo il 10% delle cellule presenti nel Sistema nervoso. La loro struttura anatomica, prevede:

  • Corpo (altrimenti definito "soma" o "pericario") - presenta numerose isole di reticolo endoplasmatico granulare che costituiscono la cosiddetta sostanza tigroide (corpi di Nissl o zolle tigroidi). Sono inoltre presenti numerosi mitocondri, apparati di Golgi, lisosomi e spesso anche corpi pigmentati derivanti da processi di lisi cellulare. Sono presenti inoltre neurofilamenti e neurotubuli (citoscheletro).
  • Dendriti - In numero vario, ricevono gli impulsi dalla periferia, (assenti nei neuroni unipolari), molto ramificati e mai molto lunghi, con citoplasma molto simile a quello del soma.
  • Assone (o "neurite" ) - Da cui partono gli impulsi per la periferia. C’è sempre ed è unico, può essere molto lungo con ramificazioni più scarse e di solito presenti all’estremità. Le terminazioni del neurite si dilatano nei bottoni sinaptici, mediante cui il neurone prende rapporto con altre cellule. Il neurite è caratterizzato da neurofilamenti e neurotubuli, che servono per il trasporto delle vescicole sinaptiche (trasporto assonico), contenenti i mediatori chimici sintetizzati nel soma e assemblate dall’apparato di Golgi, fino ai bottoni sinaptici. Mancano, nel neurite, il reticolo granulare, i ribosomi e l’apparato di Golgi. Il neurite può essere coperto da manicotti mielinici formati dalle cellule di Schwann o dagli oligodendrociti, nel qual caso si parla di fibre mieliniche, oppure non possedere tale avvolgimenti, anche se le cellule gliali isolano sempre l’assone, nel qual caso si parla di fibre amieliniche.

Dal punto di vista funzionale, il neurone è una cellula eccitabile, che risponde agli stimoli mediante modificazioni della concentrazione ionica sui due lati della sua membrana (nel punto di stimolazione).

Oggi sappiamo, inoltre, che i neuroni sono tutti collegati gli uni agli altri a formare catene, anche estremamente complesse e ramificate, alle quali partecipano da un minimo di due (catena bineuronale) a molte migliaia o milioni di neuroni, tutti collegati attraverso giunzioni sinaptiche o elettriche. I neuroni di ogni catena, posti tra il primo (neurone sensitivo) e l’ultimo (neurone motore) sono gli interneuroni e dalla loro presenza e numero dipende la complessità delle risposte.

Il concetto di neurone come cellula dotata di propria individualità risale alla fine del 1800 (Cajal e His), ma solo negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso la microscopia elettronica confermò la loro intuizione.


Biologia cellulare del neurone

Dopo il ritardo iniziale, lo studio della struttura intracellulare del neurone è progredito seguendo l’evoluzione della biologia cellulare, adottandone i metodi (con le tecniche della biochimica, della biologia molecolare, della microscopia elettronica e della elettrofisiologia) e le basi teoriche (in particolare la genetica). La neurobiologia molecolare studia la struttura interna del neurone (la membrana, gli organuli interni, il nucleo) e l’organizzazione funzionale.

La struttura interna del neurone è qualitativamente identica a quella di tutti gli altri tipi di cellule: è presente una membrana cellulare (costituita da due strati di molecole fosfolipidiche), un nucleo (contenete l’informazione genetica organizzata in cromosomi), un nucleo e il citoplasma (contenente lisosomi, ribosomi, mitocondri, il complesso di Golgi, il reticolo endoplasmatico liscio e ruvido). Come abbiamo già visto, la morfologia del neurone è caratterizzata da tre elementi: il corpo cellulare (soma), i dendriti e gli assoni. Mentre il primo ha struttura compatta, i secondi presentano una struttura molto allungata e ramificata. La microscopia elettronica ha rivelato che il contenuto dei dendriti prossimali (larghi dendriti che non si allontanano molto dal soma) è simile a quello del citoplasma cellulare. Tuttavia, con l’aumento della lunghezza dei dendriti (e quindi con l’aumento della distanza dal corpo cellulare e la diminuzione del diametro dendritico) tale contenuto cambia: la densità degli organuli tende a diminuire e diviene predominante la presenza di una struttura cellulare specializzata (stabile ed altamente ordinata) denominata citoscheletro. Il citoscheletro è una complesso reticolo di proteine fibrose presente all’interno del neurone, localizzato in particolare nei dendriti e nell’assone; ha funzione di supporto strutturale ed è composto da tre tipi di proteine: i mictotubuli, i neurofilamenti ed i microfilamenti (o filamenti di actina).

Le alterazioni del citoscheletro, sono responsabili della gravità relativa alla demenza nella Malattia di Alzheimer. I problemi, infatti, sono direttamente proporzionali al numero dei grovigli neurofibbrillari che testimoniano la presenza di neuroni morti o significativamente compromessi.

Dendriti ed Assoni

L’assone è una lunga protuberanza (lunga anche un metro è più, nei neuroni motori degli organismi animali superiori) che si proietta dal corpo della cellula nervosa: la sua funzione consiste nella trasmissione di uno stimolo elettrochimico (chiamato potenziale d’azione) solitamente verso i dendriti di un’altra cellula nervosa, che può trovarsi anche molto lontano. In genere lungo il suo percorso l’assone ha una forma cilindrica liscia e regolare, con sezione di diametro costante. In prossimità della sua terminazione l’assone prende una forma ramificata (terminazione pre-sinaptica) con una serie di rigonfiamenti (varicosità o bulbi assonali) sedi di organuli chiamati vescicole sinaptiche. Questi rigonfiamenti possono essere presenti alle estremità dell’assone o lungo di esso, sempre nel tratto terminale. Come abbiamo già visto, alcuni assoni presentano lungo il loro percorso una struttura esterna chiamata guaina mielinica che ha funzioni di protezione ed isolamento (con conseguente migliore trasmissione del segnale) ed è creata da cellule nevrogliali.

I dendriti sono estensioni del corpo del neurone specializzate nella ricezione del segnale sinaptico. Hanno in genere una struttura molto ramificata, ma a differenza dell’assone non si proiettano dal corpo cellulare per grandi distanze (raramente raggiungono il millimetro di lunghezza, e spesso molto meno). I dendriti di alcuni tipi di neuroni - come i motoneuroni - hanno una struttura liscia ed affusolata, mentre in altri mostrano una superficie irregolare ricca di piccole sporgenze sedi di contatti sinaptici (chiamate specializzazioni sinaptiche), soprattutto lungo il loro tratto terminale.

L’impulso Nervoso

L’impulso nervoso rappresenta una trasmissione di segnali dai recettori sensoriali, al Sistema Nervoso Centrale (dove sono ricevuti, identificati e interpretati) e dal SNC alle placche motrici (dove producono contrazioni muscolari). Responsabile di queste caratteristiche è la membrana plasmatica, semipermeabile, che delimita la cellula. In condizioni di riposo la membrana plasmatica presenta una differenza di potenziale elettrico fra l’esterno e l’interno di -70mv. Questo potenziale è dovuto al fatto che sul lato interno della membrana sono presenti grosse molecole proteiche con carica elettrica negativa, mentre sul lato esterno vi è una elevata concentrazione di ioni Na+, con carica positiva, espulsi attivamente dalla cellula mediante un meccanismo definito pompa sodio-potassio; quando è in riposo la membrana plasmatica è impermeabile all’ingresso degli ioni Na+ (Sodio). Se un neurone viene in qualche modo stimolato, la membrana plasmatica diventa permeabile agli ioni Na+, che entrano dentro la cellula in grande quantità; il flusso di ioni Na+ provoca un’inversione di polarità: all’interno della membrana c’è ora un eccesso di carica positiva, ed all’esterno una carenza di carica positiva: la membrana si depolarizza, fino ad assumere un potenziale di +50mv, detto potenziale d’azione.

Una volta insorto, il potenziale d’azione si propaga da dove è stato applicato lo stimolo alla zona di membrana successiva, causando la sua depolarizzazione, quindi la trasmissione dell’impulso nervoso. La depolarizzazione della membrana continua lungo tutta la fibra nervosa grazie a continui flussi di ioni che spostandosi da un lato all’altro della membrana mantengono il potenziale d’azione, così il potenziale d’azione si propaga per tutto l’assone. La condizione di depolarizzazione però dura solo circa 0.5 msec. Trascorso questo tempo riprende l’attività della pompa sodio-potassio, che espelle attivamente gli ioni Na+ fuori dalla cellula e ripristina quindi il potenziale di riposo della membrana plasmatica. L’intervallo di tempo necessario perché venga ripristinata la condizione di riposo è chiamato periodo refrattario, ed in questo lasso di tempo quel tratto di membrana è incapace di rispondere agli stimoli. Nelle fibre nervose rivestite da guaina mielinica la depolarizzazione "salta" da un nodo a quello successivo, così che l’impulso si può propagare per balzi, assai velocemente.

LE SINAPSI

Le singole cellule nervose sono in contatto tra loro al fine di poter trasmettere l’impulso nervoso. Questi contatti, denominati "sinapsi"(dal greco "sinapsis" = collegamento), sono dispositivi al cui livello ha luogo la trasmissione dell’impulso nervoso da un neurone ad un altro. In base alla modalità di funzionamento, le sinapsi vengono distinte in elettriche e chimiche.

Nelle sinapsi elettriche il potenziale d’azione si propaga direttamente dalla membrana del neurone presinaptico a quella del neurone postsinaptico. Nelle sinapsi di tipo chimico il passaggio dell’impulso nervoso da un neurone a quello successivo avviene tramite la liberazione di sostanze, dette neurotrasmettitori. Nell’organismo umano tutte le sinapsi sono di tipo chimico, ed il neurotrasmettitore più diffuso è l’acetilcolina.

Le strutture componenti le sinapsi sono:

  • la membrana presinaptica, corrispondente alla terminazione assonica della cellula dalla quale proviene lo stimolo;
  • la membrana postsinaptica, corrispondente alla membrana del neurone alla quale giunge lo stimolo;
  • la fessura sinaptica, cioè lo spazio extracellulare fra i due neuroni coinvolti.

All’estremità, l’assone del neurone presinaptico si ramifica e forma espansioni, che a causa della loro forma prendono il nome di bottoni sinaptici. Qui il citoplasma è ricco di vescicole contenenti il neurotrasmettitore.

L’arrivo dell’impulso nervoso provoca la rottura di queste vescicole, che liberano il neurotrasmettitore nella fessura sinaptica. I dendriti del neurone postsinaptico possiedono recettori chimici al quale si lega il neurotrasmettitore; questo legame modifica la permeabilità agli ioni Na+ della membrana plasmatica e ne causa la depolarizzazione, cioè l’insorgenza del potenziale d’azione. In questo modo l’impulso nervoso si trasmette da un neurone ad un altro. La presenza della sinapsi è dunque all’origine di un piccolo intervallo nella trasmissione dell’impulso nervoso, un intervallo brevissimo, che dura meno di un millesimo di secondo.

Principali neurotrasmettitori e recettori

Le sostanze potenzialmente utilizzabili come neurotrasmettitori vengono definite neurotrasmettitori candidati e sono normalmente concentrati in specifici neuroni. Microdosi di neurotrasmettitori candidati, rilasciate nel SNC, danno vita a determinate risposte. Per essere certi che un neurotrasmettitore sia il trasmettitore di una sinapsi deve soddisfare le seguenti condizioni:

  • Il neurone presinaptico deve contenere il neurotrasmettitore, e deve altresì essere in grado di sintetizzarlo.
  • Il neurotrasmettitore dev’essere liberato dal neurone ad una determinata stimolazione.
  • L’applicazione mediata di microdosi di neurotrasmettitore nella membrana sinaptica, deve avere i medesimi effetti del normale rilascio dello stesso neurotrasmettitore da parte del neurone.
  • Sostanze farmacologiche devono modificare allo stesso modo i due tipi di stimolazione (da rilascio normale e da applicazione indotta di neurotrasmettitore).


La maggior parte dei trasmettitori conosciuti fa parte di una di queste tre categorie:

  • Amine;
  • Aminoacidi;
  • Oligopeptidi.

Questo argomento è stato approfondito nell’articolo La biochimica delle emozioni.

I fattori di crescita neuronale.

La crescita e lo sviluppo delle cellule nervose è controllato da una serie di fattori diversi tra cui, uno dei più studiati è senza dubbio il nerve growth factor (NGF) scoperto negli anni ’50 da alcuni ricercatori fra cui, Rita Levi Montalcini. L’NGF non induce proliferazione cellulare come molti altri fattori di crescita, ma stimola l’emissione dei neuriti nelle cellule nervose embrionali. I bersagli principali dell’NGF sono i neuroni sensoriali, che trasportano gli impulsi nervosi dalla periferia al sistema nervoso centrale, e i neuroni simpatici, presenti nel sistema simpatico, responsabile degli atti neurovegetativi involontari. Questi due tipi di neuroni sopravvivono poco tempo in coltura in assenza di NGF (ma altre cellule continuano a crescere bene in sua assenza). Quando il fattore viene aggiunto a una cultura di neuroni sensoriali o simpatici, le cellule rispondono a questo trattamento con una sorprendente massiccia emissione di neuriti. Il meccanismo di azione dell’NGF è complesso e non ancora completamente compreso: al pari di molti altri fattori di crescita, l’NGF si lega ad un recettore della membrana plasmatica che catalizza la fosforilazione dell’amminoacido tirosina, cui segue una lunga serie di eventi a cascata. Dopo la scoperta dell’NGF sono state identificate molte altre molecole collegate alla crescita delle cellule nervose, tra cui il fattore di crescita insulino-simile di tipo II, proteine di matrice extracellulare come la laminina, la fibronectina, etc.

Torniamo ad approfondire il rapporto fra neuroni e nevroglia.

Prosciugando l’eccesso di fattore neurotrofico delle sinapsi dei neuroni, gli astrociti sono in grado di regolare finemente la trasmissione sinaptica dei processi di apprendimento e di quelli che presiedono alla formazione della memoria. Lo hanno scoperto ricercatori dell’Università di Bologna  che pubblicano in merito un articolo sul Journal of Cell Biology.

Gli eventi cellulari cruciali per l’apprendimento e la formazione della memoria sono il potenziamento a lungo termine (LTP) e la depressione a lungo termine (LTD), che influiscono sulla capacità dei neuroni di comunicare l’uno conn l’altro. I neuroni che subiscono LTP mostrano una risposta elettrica più elevata rispetto al normale a uno stesso stimolo, mentre quelli che hanno subito una LTD ne hanno una più debole. Si ritiene che questi cambiamenti derivino da alterazioni nelle sinapsi, come per esempio la variazione nella densità dei recettori postsinaptici.

Studi precedenti hanno indicato come la secrezione del fattore neurotrofico BDNF (brain-derived neurotrophic factor) sia coinvolta nelle modificazioni sinaptiche a lungo termine e che la sua azione sulla forza della connessione sinaptica dipenda dalla sua specifica forma: si ritiene, in particolare, che nella forma pro-BDNF promuova la depressione a lungo termine, mentre nella forma matura promuoverebbe il potenziamento a lungo termine.

Si pensava anche che i neuroni rilasciassero la forma pro-BDNF, che poi sarebbe maturata nella fessura sinaptica, ma studi recenti avevano indotto a pensare che i neuroni rilasciassero solamente la forma matura, e che quella pro-BDNF fosse confinata all’interno delle cellule per esservi elaborata.

Per venire a capo della cosa, i ricercatori hanno studiato il destino delle due forme in sezioni cerebrali di ratto dopo induzione di LTP. Le tecniche di immunofluorescenza hanno mostrato che i neuroni in effetti secernono entrambe le forme di BDNF, ma che una parte cospicua della forma pro-BDNF viene immediatamente sequestrata dagli astrociti.

Il coinvolgimento degli astrociti nella trasmissione sinaptica è una scoperta piuttosto recente: oggi si sa per esempio che essi rilasciano glutammato nello spazio sinaptico per preparare al potenziamento a lungo termine. La captazione specifica della forma pro-BDNF da parte degli astrociti mostra ora che essi sfruttano una varietà di processi per intervenire sulla comunicazione sinaptica.

Probabilmente, osservano i ricercatori, gran parte del fattore pro-BDNF viene degradato all’interno degli astrociti, ma è verosimile che una piccola parte venga riciclata e riemessa suggerendo che queste cellule abbiano un ruolo di modulazione fine della plasticità sinaptica. (Le Scienze 13.10.2008)

Astrociti Superstar...

Prendiamo spunto da questa bella immagine d’insieme per porre l’attenzione sul rapporto di "forze" in termini di strategia e operatività, nel sistema nervoso, a proposito di neuroni e nevroglia. Da quello che si può notare, l’Astrocita si trova in diretto contatto con un capillare da cui trae l’ossigeno che servirà ad attivare le reazioni mitocondriali che produrranno l’energia necessaria ad attivare l’intero sistema nervoso. Inoltre, altri particolari "illuminanti" sono i seguenti:

- Anzitutto il contatto assonico fra Astrocita e neurone (questo sta a significare che l’Astrocita "modula" l’attivazione neuronale "a suo piacimento")

- Poi, il controllo esercitato, sempre dall’Astrocita, sui bottoncini pre e post sinaptici del neurone (questo significa che l’Astrocita controlla qualità e quantità di rilascio e assorbimento dei neurotrasmettitori; tutto ciò ci spiega che l’efficacia degli psicofarmaci, che agiscono, appunto sui neurotrasmettitori, è direttamente proporzionale alla sinergia astrocitaria: in pratica un farmaco funziona" in base alla "collaborazione" offerta da chi lo assume, circa la disponibilità coerente di aiutarsi a star bene, sul piano psicologico.

Risonanza magnetica funzionale e tomografia a emissione di positroni hanno rivoluzionato le neuroscienze, consentendo di osservare, in modo non invasivo, l’attività cerebrale in vivo. Esse si basano sulla correlazione fra il livello di attività cerebrale in un’area e il flusso ematico che la irrora, eppure finora non era affatto chiaro quale fosse il meccanismo che lega questi due valori, dato che i neuroni non sono direttamente connessi ai vasi sanguigni.

Ora, come viene riferito in un articolo su "Science", un gruppo di ricercatori del Picower Institute for Learning and Memory del MIT ha scoperto non solo che l’elemento di congiunzione è rappresentato dagli astrociti, ma anche che queste cellule svolgono una serie inaspettata di funzioni.
"Gli astrociti sono implicati in molti disturbi cerebrali ed esprimono un grandissimo numero dei geni attivi nel cervello", ha osservato Mriganka Sur, che ha diretto lo studio. "Il loro ruolo è cruciale per la comprensione delle disfunzioni cerebrali e per lo sviluppo di potenziali agenti terapeutici."
Lo studio mostra che gli astrociti influenzano complesse e elaborazioni neuronali, come la durata e la selettività delle risposte delle cellule cerebrali agli stimoli, un’influenza passata finora inosservata perché essi utilizzano segnali chimici, che sfuggono ai più tradizionali metodi di ricerca che monitorano l’attività elettrica: come spiega il co-autore James Schummers, "dal punto di vista elettrico, gli astrociti sono pressoché silenziosi".

Quando gli astrociti sono stati osservati attraverso una tecnica di microscopia a protoni che ne permette la visualizzazione in vivo, "la prima cosa che abbiamo notato è che gli astrociti rispondono agli stimoli visivi. Questo ci ha preso alla sprovvista", ha commentato Schummers.
"Questo lavoro mostra che gli astrociti - che costituiscono circa il 50 per cento delle cellule della corteccia, ma la cui funzione era ignota - rispondono in maniera privilegiata a stimoli sensoriali, regolano il flusso sanguigno locale e influenzano anche la risposta neuronale", ha detto Sur. "Inoltre gli astrociti sono disposti secondo mappe che appaiono ordinate, disposte lungo la superficie corticale in ’sincrono’ con le mappe neuronali." (Le Scienze 20.06.2008)

In quest’altra immagine, riportata sull’ultimo numero di Neurology (Official Journal of the American Academy of Neurology), è possibile osservare il meccanismo di "omeostasi" del ferro nel Sistema Nervoso Centrale, essenziale per molteplici funzioni (sintesi del DNA, mielinizzazione, neurotrasmissione, etc.)

Legenda figura

Lo ione ferrico (Fe3+) legato alla transferrina presente nel lume endoteliale (parte interna del capillare sanguigno), si lega al recettore della transferrina 1 (TfR1) della membrana delle cellule endoteliali che introduce questo complesso negli endosomi, dove lo ione Fe3+ è ridotto a ferroso Fe2+. Lo ione ferroso Fe2+ viene trasportato nel citosol (che è la sostanza gelatinosa che costituisce la porzione interna della cellula) mediante il DMT1 (Trasportatore Metallico Divalente 1) e quindi esportato nel fluido extracellulare aiutato dall’azione della ferroportina.

La ceruloplasmina, espressa nei processi astrocitari, ossida nuovamente lo ione ferroso a ferrico, che si lega alla transferrina. La transferrina è la principale sorgente di ferro per i neuroni. Lo ione ferroso può anche legarsi all’adenosin trifosfato ATP o al citrato rilasciato dagli astrociti ed essere trasportato nella forma di ferro non legato alla transferrina (NTBI), che è la sorgente di ferro per gli oligodendrociti e astrociti. Gli oligodendrociti sintetizzano la transferrina, che potrebbe avere un ruolo nel trasporto del ferro lungo i suoi processi. Nel citosol, i depositi di proteina ferritina catturano e riducono i livelli di ferro libero. La mitoferrina (non mostrata) trasporta il ferro all’interno dei mitocondri, dove la frataxina facilita la biosintesi dei clusters ferro/sulfurei (Fe/S).

"Il ferro è essenziale per molteplici funzioni del SNC, includenti la sintesi del DNA, l’espressione genica, la mielinizzazione, la neurotrasmissione, il trasporto degli elettroni a livello mitocondriale. Molte proteine implicate nella sua omeostasi sono coinvolte in disordini associati con un anormale metabolismo del ferro. Una conoscenza di base dei meccanismi implicati nell’omeostasi del ferro è di rilevanza clinica per l’accumulo o la deplezione di ferro intracellulare che potrebbe danneggiare la funzione normale e promuovere morte cellulare. Il ferro si accumula in regioni selettive del cervello durante l’età, nelle malattie neurodegenerative acquisite come l’Alzheimer, il Parkinson e in alcuni disordini genetici come la neurodegenerazione con accumulo di ferro nel cervello (NBIA). Disregolazione dell’omeostasi del ferro è anche una caratteristica critica di atassia di Friedreich (FA). Il link tra il ferro e le malattie neurodegenerative fornisce potenziali target terapeutici per questi disordini" (Traduzione dall’inglese, ad opera della dott.ssa Fernanda Annesi - Biologa CNR).


"L’uomo fa dei movimenti inutili, all’apparenza. Per questo è superiore alla macchina" (Marcello Marchesi)

I Neuroni specchio

Si presume siano la base dei rapporti interpersonali. Parliamo di un prerequisito inconsapevolmente condiviso da tutte le persone e capace di aprire la possibilità di un contatto profondo tra loro, costruendo al contempo un ponte verso la "conoscenza", concetto da interpretarsi nella più ampia delle sue accezioni. Lo scienziato che ne ha scoperto e dimostrato l’esistenza, il Prof. Vittorio Gallese e la sua equipe dell’Università di Parma, lo chiama: "Sistema multiplo di condivisione dell’intersoggettività". In pratica, una complessità essenziale per stabilire relazioni empatiche tra individui diversi

"Per capire se stesso l’uomo ha bisogno di essere capito dall’altro. Per essere capito dall’altro l’uomo ha bisogno di capire l’altro" (Jorge Luis Borges).

Questo è il nodo cruciale, la riflessione che ci viene da fare quando, dopo momenti trascorsi in uno stato di apparente indifferenza, siamo costretti ad affrontare emozioni incontrollabili. Avviene ogni volta che siamo in comunicazione o in contatto con l’altro, fuori da sé. Amore. Odio. Gioia. Dolore. Felicità. Tristezza. Ma non solo. Il sistema dei "Neuroni Specchio", può essere la chiave per svelare anche altri segreti meno ovvi: quelli collegati all’osservazione di un’azione, di un comportamento e delle sue finalità. Un esempio: l’agire artistico che, come scriveva Vincent Van Gogh, "... nell’arte dà forma alle superfici; ma sono le immagini del profondo che, d’un tratto, la increspano".

"Noiosa è una persona che parla quando voi vorreste che vi ascoltasse" (Ambrose Bierce)

Questo tipo di neuroni, è stato Individuato nei primati, (Lemuri, scimmie e uomo moderno) e in alcuni uccelli. Nell’uomo è localizzato

nell’area di Broca e

nella corteccia parietale inferiore del cervello. Alcuni scienziati considerano la scoperta dei neuroni specchio una delle più importanti della neuroscienza, negli ultimi dieci anni.

La scoperta

Negli anni ’80 e ’90 Giacomo Rizzolatti lavorando con

Leonardo Fogassi

e Vittorio Gallese ad un progetto di ricerca, presso l’Università di Parma, collocò degli elettrodi nella corteccia frontale inferiore di un macaco per studiare i neuroni specializzati nel controllo dei movimenti della mano, come il raccogliere o il maneggiare oggetti.

Durante ogni esperimento era registrato il comportamento dei singoli neuroni nel cervello della scimmia mentre le si permetteva di accedere a frammenti di cibo, in modo da misurare la risposta neuronale a specifici movimenti.

Come molte altre notevoli scoperte, quella dei neuroni specchio fu dovuta al caso.

Lo stesso Rizzolatti racconta che, mentre Fogassi prendeva una banana in un cesto di frutta preparato per degli esperimenti con una scimmia, alcuni neuroni dell’animale avevano reagito. Come poteva essere accaduto questo, se la scimmia non si era mossa e, soprattutto, se fino ad allora si pensava che quei neuroni si attivassero soltanto per funzioni motorie? In un primo momento gli sperimentatori pensarono si trattasse di un difetto nelle misure o un guasto nella strumentazione, ma tutto risultò a posto e le reazioni si manifestarono di nuovo, non appena fu ripetuta l’azione dell’afferrare.

Più recentemente, prove ottenute tramite fMRI, PET, EEG e test comportamentali hanno dimostrato che nel cervello umano esistono sistemi simili e molto sviluppati. Sono state identificate con precisione le regioni che rispondono all’azione- osservazione. Data l’analogia genetica fra primati (compreso l’uomo), non è affatto sorprendente che queste regioni cerebrali siano strettamente analoghe in essi.

Localizzazione topografica dei neuroni specchio

Nella scimmia i neuroni specchio sono stati localizzati nella circonvoluzione frontale inferiore e nel lobo parietale inferiore. Questi neuroni sono attivi quando le scimmie compiono certe azioni, ma essi si attivano anche quando vedono compiere da altri la stessa specifica azione. Utilizzando la risonanza magnetica funzionale per immagini (fMRI, la stimolazione magnetica transcranica (TMS) e l’elettroencefalogramma (EEG), i ricercatori hanno dimostrato che nel cervello umano esiste un sistema analogo.

Il sistema neuronale specchio nell’uomo

L’osservazione diretta dei neuroni specchio è più difficile nell’uomo che non nelle scimmie. Mentre in queste ultime si possono osservare i singoli neuroni, nell’uomo si possono osservare le attivazioni solo attraverso variazioni nel flusso sanguigno dovute ad esse. Però, il fatto che si possano trovare, tra l’altro, nella corteccia frontale e parietale, ci fa trarre delle interessanti conclusioni:

  • La corteccia del lobo parietale è, prevalentemente, coinvolta, nel percepire l’identità del proprio corpo e nella pianificazione dei movimenti in relazione al tempo e allo spazio. In questo modo, possiamo costruirci immagini tridimensionali, avere cognizione della nostra collocazione nello spazio e comprendere concetti spaziali astratti (mappe e simbologie).
  • Le aree associative del lobo frontale sede, fra l’altro, del centro di Broca (destinato al controllo della sintassi verbale e alla produzione del linguaggio) si distinguono in un’area prefrontale (che consente di agire e parlare secondo una pianificazione adeguata al contesto, a risolvere problemi e ad esaminare il contenuto di idee da trasformare in azioni) ed in una orbitofrontale ( potrebbe essere considerata come sede dell’etica e della morale)

Questo significa che, il sistema specchio può attivare una compartecipazione empatica fra mondo esterno e mondo interno, in grado di consentire una contestualizzazione spazio - temporale, una risonanza con l’altro diverso da noi, con il quale è possibile stabilire un "contatto" verbale incisivo e incidente, nel pieno rispetto della reciproca sensibilità e vulnerabilità In base a ciò, è stato anche proposto di collegare il sistema specchio con le patologie della conoscenza e della comunicazione, in particolare l’autismo.

Il significato profondo di "sistema specchio"

Il grande fisico, matematico ed epistemologo Henri Poincaré sosteneva (fin dal 1913) che le coordinate spaziali intorno al nostro corpo e quindi il nostro rapporto con gli oggetti e le persone che ci circondano coinvolgevano le parti fondamentali del nostro sistema nervoso, per cui il coordinamento con il nostro "esterno" non sarebbe una conquista dell’individuo ma della specie.

Da quando i neuroni specchio sono stati scoperti, vi sono state molte ricerche sulla loro evoluzione e sui loro rapporti con l’evoluzione del linguaggio e della comunicazione più in generale, proprio perché nell’uomo i neuroni specchio sono stati localizzati vicino all’area di Broca. Ciò ha comportato la convinzione (per alcuni la prova) che il linguaggio umano si sia evoluto tramite l’informazione trasmessa con le prestazioni gestuali e che infine il sistema specchio sia stato capace di comprendere e codificare e decodificare. Ormai è certo che tale sistema ha tutto il potenziale necessario per fornire un meccanismo di comprensione delle azioni e per l’apprendimento attraverso l’imitazione e la simulazione del comportamento altrui. In questo senso è opportuno ribadire che il riconoscimento non avviene soltanto a livello motorio ma con il riconoscimento vero e proprio dell’azione, intesa come evento biofisico. Questo, tra l’altro, rappresenta la prova del fatto che siamo individui di relazione e non esseri asociali, pure nel rispetto della prevalenza del rapporto con se stessi.

I neuroni specchio permettono di spiegare fisiologicamente la relazione con l’altro, ad esempio l’imitazione. Il punto è, però: quanto ha, di effettivamente sociale, questo spazio governato dai neuroni specchio? La società è fatta di persone che possono sempre essere fraintese, e possono agire - ovviamente - in modo diverso da me. Perché ci sia libertà bisogna che non si sia obbligati, nemmeno dai propri neuroni, a imitare i propri simili. Che aiuto ci forniscono i neuroni specchio per costruire una teoria naturalistica della società, in cui siano presenti tanto gli aspetti di consonanza che quelli di dissonanza?

Ecco perché il cervello è un elaboratore che integra gli elaborati provenienti da zone differenti e stabilisce la strategia più opportuna da adottare in funzione delle necessità del breve, medio e lungo periodo

Sfida ai nuovi neuroni

(Tratto da "Le Scienze" - Maggio 2009, n. 489)

Continuando il discorso precedente, si è scoperto che, ogni giorno, migliaia di cellule nuove sono generate nel cervello adulto, in particolare nell’ippocampo, una struttura importante nell’apprendimento e nella memoria. Nell’arco di un paio di settimane, però, la maggior parte dei nuovi neuroni è destinata a morire, a meno che il soggetto sia stimolato a imparare qualcosa di nuovo. L’apprendimento, in particolare quello che richiede consistente impegno mentale, può mantenere in vita questi neuroni. Anche se non sembrano coinvolti nella maggior parte delle forme di apprendimento, questi neuroni avrebbero un ruolo nella previsione del futuro sulla base di esperienze passate. Incrementare la neurogenesi potrebbe quindi rallentare il declino cognitivo e mantenere in forma il cervello sano. (Tracey J. Shors)

Conclusioni

Alla luce di quanto esposto in questo lavoro, si può concludere che il sistema nervoso costituisca il cuore pulsante delle decisioni strategiche che ogni essere umano, ogni giorno si trova a prendere. L’elemento di maggiore spicco, è costituito dall’Astrocita che gestisce e coordina il lavoro dei neuroni i quali, soprattutto quelli specchio, sono in grado di fornire informazioni utilissime agli astrociti e di trasmettere le sue decisioni, in giro per l’organismo. Infine, la scoperta della neurogenesi continua, porta a concludere che, più continuiamo a mantenere viva in noi, la voglia di imparare e di scoprire, tipica della prima parte della vita, più a lungo potremo continuare a godere del piacere di stare in nostra compagnia.

"Ogni bambino è in qualche misura un genio, così come ogni genio resta in qualche modo un bambino" (Arthur Schopenhauer).

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G. M. - Medico Psicoterapeuta - Docente di Psicologia Fisiologica c/o la Scuola di specializzazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico (SFPID) - ROMA

 

Si ringrazia Fernanda Annesi (Biologa C.N.R.) per la collaborazione offerta nella stesura del dattiloscritto

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