L’età del ferro?
di Giorgio Marchese  ( direttore@lastradaweb.it )

27 luglio 2013

E' opinione comune che, in linea di massima, si sia inclini a parlare e scrivere, della propria terra, soprattutto quando la si deve difendere da possibili detrattori, al "meno peggio possibile". Per ovvi motivi, in questo momento, una simile operazione sarebbe troppo somigliante al tentativo di indossare quegli occhiali spacciati (anni fa) come emettitori di raggi x, in grado di consentire la visione della beltà femminile "indagando" sotto le vesti della signorina di turno: un patetico tentativo di presa per i fondelli. Qual è la vera realtà? Forse quella di tutti i giorni, sotto gli occhi di tutti, fatta di paure e contraddizioni, in cui crollano le vendite di automobili per gente "comune" e aumentano quelle delle vetture di prestigio? Quella in cui la prospettiva dei fine mese è amara come il calice da trangugiare dopo che hai svenduto anche la dignità e, al tempo stesso, le città della moda (anche se outlet) registrano altissime punte di clienti? Quella in cui, migliaia di famiglie l'anno rinunciano a curarsi per motivi economici (fonte Emergency) mentre, in borsa, "volano" i titoli del lusso? Popolo strano, il nostro, maledettamente strano, che ama vivere delle promesse altrui e osannare i potenti (o i santi) di turno, salvo lamentarsi, poi, quando questi sono tanto lontani da non poterli ascoltare. Luogo bizzarro, il nostro, "espressione geografica di poca significanza", dove non si prende quasi niente sul serio e in cui, magari, c'è il superfluo ma non il necessario... PER LEGGERE TUTTO IL TESTO, CLICCARE SUL TITOLO.


Un luogo dove, malgrado l’ignoranza, ci si sforza a voler credere che tutto sia "intelligente": qui, neanche gli indovini, ormai, fanno previsioni per l’indomani. Aspirazioni riottose, le nostre: burocratizziamo tutto e non funziona niente. Poi, per metterci d’accordo, si ruba tutti, più o meno onestamente. Ambientazioni fosche le nostre, in cui si crede ancora che "si stava meglio quando si stava peggio" e in cui si pretende di farci credere che saremo in grado di reagire meglio di ogni altro, alle crisi internazionali. Forse questo si, è vero... ma solo perché siamo abituati a campare con poco!

Qualcuno teorizza un ritorno all’età del ferro intendendo con ciò, un regresso vertiginoso. Anche in questo, c’è poca "illuminazione"! L’età del ferro indica, originariamente, un periodo della preistoria o protostoria europea, caratterizzato dall’utilizzo del ferro, soprattutto per la fabbricazione di armi e utensili. In Europa e nel vicino Oriente, segue all’età del bronzo e precede l’ingresso della cultura, considerata nel periodo storico, nel quale sono cioè presenti fonti scritte. L’età del ferro inizia intorno al dodicesimo secolo avanti Cristo nel mondo mediterraneo e tra il nono e l’ottavo secolo a.C. nell’Europa settentrionale.

Si tende ad indicare con "età del ferro", non una fase cronologica o uno stadio evolutivo, ma la presenza di una tecnica che influenzò profondamente e in modo duraturo la società di alcune culture, in particolar modo in Europa. Qualcosa, insomma, che stravolse in senso positivo e influenzò tutto quello che venne in seguito. Forse, noi esseri umani, non siamo mai usciti completamente da questa fase, in quanto piccoli e "anagraficamente" infantili rispetto alla data di nascita dell’Universo.

E allora, in marcia per andare oltre il crinale che impedisce al sole di rendere visibile tutto quello che sta, al momento, nell’ombra.

Parola d’ordine?

Evolvere e condividere perché, come scrisse Dante Alighieri, "Uomini, siate, e non pecore matte!".

 

Giorgio Marchese (Medico Psicoterapeuta, Counselor) - Direttore "La Strad@"

 

Si ringrazia Eugenio Filice, per i suggerimenti

 

 

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