Buon Viaggio TOMMY...
di Giuseppe Chiaia  ( peppinochiaia@libero.it )

8 aprile 2006





"ciao...!"


Così deve aver risposto il piccolo Tommy - che la bestialità umana ha strappato dalla sua alba vitale - ai cori angelici che lo scortavano verso la Suprema Potestà.

Cosa dire,allora, della tragedia che ha sconvolto due genitori? Quali meditazioni possiamo esprimere sull’abisso nel quale l’uomo precipita? Certamente, le più varie, in una gamma che spazia dall’esecrazione all’urlo della vendetta, a quel biblico "occhio per occhio; dente per dente ".

Gli esperti conoscitori della psiche umana si sono provati a spiegare questa serie di eventi, cercando di leggere, con le più diverse motivazioni, tra le pieghe inesplorate dell’ istinto che continuamente ci tormenta ed al quale potremmo soggiacere se non ci fosse la divina illuminazione della ragione che imbriglia e rigetta nella melma del subconscio le spinte esecrande del vizio: dal mito platonico dell’auriga, possiamo trarre mistici ed insuperati ammaestramenti.

Ma i servizi televisivi sulla triste vicenda, nel mentre ci mostrano il disperato dolore dei genitori di Tommy, dall’altra, profanano quella cupa disperazione che, non solo violenta la macerazione interiore di due persone, ma assume il sapore di uno spettacolo truculento che richiama alla mente le stragi alle quali assisteva la plebaglia ed il patrizio volgo di Roma antica, osannando,all’orgia di sangue, dagli spalti del Colosseo.

C’è, nel dolore esacerbante di questi poveri genitori, un duplice aspetto: il papà Paolo ha, sul volto, un’espressione marmorea che sembra aver scacciato dal suo viso, per sempre, l’ombra di un sorriso, e, nel contempo, invita tutti noi ad assumere quei comportamenti responsabili, affinchè non si ripeta più questa tragedia; diverso è l’ aspetto della mamma del piccolo Tommy: sembra, nella sua tragedia, quella della mitica Niobe che, orgogliosa della sua prolifica maternità, osò irridere agli unici due figli della dea Artemide, la quale, per vendetta, le saettò i dodici figli; nel volto, duro ed inebetito dalla sofferenza, solo gli occhi lampeggiano di vendetta, in una aspettativa di sofferenza indicibile per i massacratori del figlio.

Ma la vendetta, ancorchè soddisfatta, non porta quel refrigerio che solo la pietà può offrire; né la sete si placa con un bicchiere di Coca-Cola.

Solo il ricordo tenero del figlio, i sorrisi trillanti come un campanellino di Tommy, i suoi ondeggianti riccioli biondi, e quell’azzurro profondo, come un cielo di primavera, dei suoi occhi possono recare quel refrigerio all’anima affranta di una madre, i cui tumidi pensieri potranno essere sfumati dalla rassegnazione che solo il trascorrere del tempo sa donare.

Nel mondo classico, gli antichi greci solevano rifugiarsi nel mito fantastico e nell’ineluttabilità del Fato; forse, da ciò, è nata la letteratura favolistica; ed allora, perché non avvolgere il corpo martoriato di Tommy in una favola che esalti l’innocenza di questo bimbo che ha fatto del proprio sangue un‘offerta che riempia il Graal del martirio più sublime?

Ecco perché mi consola la visione di questo angioletto la cui anima s’invola nell’Infinito ed a cui fa ala, osannante, una folla di angeli ed arcangeli che lo additano alla maestà di Dio.

Giuseppe Chiaia (preside)

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