LA PEDAGOGIA DEL LINGUAGGIO.
di Giuseppe Chiaia  ( peppinochiaia@libero.it )

19 aprile 2005





Ovvero: promuovere la comprensione della linguistica per capire il "senso delle Parole".


Ogni attività pedagogica si esplica con il linguaggio, inteso, questo, come momento di correlazione tra docente e discente: ovviamente, ci si intende riferire all’attività di culturizzazione che si attua nella scuola.

 

Ogni insegnante, qualsiasi professore, e, soprattutto, qualsiasi docente della scuola primaria si mette in rapporto con la propria scolaresca attraverso un sistema di parole e di scritti la cui comprensione esige una comune identificazione dei suoni e dei segni - sia da parte dell’ascoltatore o del lettore che da parte di chi parla o scrive - che si rifà ad un codice linguistico convenzionale, le cui regole devono far parte del patrimonio sociale di un medesimo agglomerato etnico e confermato dalla quotidianità.

 

Certamente, il linguaggio è, di per sé, un’attività istintiva che appartiene a tutto il mondo vivente, ivi compreso quello animale e vegetale, grazie alla quale si trasmettono modi di essere, appetiti vegetativi, e, man mano che si risale verso la categoria "uomo", si rendono comprensibili, ai propri simili, i contenuti del nostro sapere, le sensazioni dettate dai nostri impulsi, e tutto ciò che è diventata conoscenza acquisita con l’esperienza e/o con l’approfondimento culturale.

 

Ma il linguaggio, nella sua diversità, si svolge non in una strutturazione cristallizzata dei propri codici, ma avverte l’esigenza di uno divenire, diacronico, man mano che il sapere, nelle sue innumerevoli sfaccettature, ingigantisce la conoscenza. Ciò, non avviene in tempi relativamente ristretti, per cui ci sono spazi temporali nei quali rimane identico, e quindi sincronico, il codice linguistico di un popolo; ciò nondimeno, l’evoluzione è costante.

 

Se prendiamo, ad esempio, il linguaggio giornalistico, questo rivela ampiamente la modifica strutturale dello comunicazione, più che in altre forme mediatiche; a riprova di ciò, basterebbe frequentare una qualsiasi emeroteca e confrontare un’identica testata giornalistica, a partire dalle sue annate più lontane, per constatarne lo stile, l’armonia dei periodi sintattici, laddove l’esposizione e la lingua usata da un giornalista degli anni cinquanta si contrappone, per diversità di sintesi e, a volte, anche per l’uso diverso della punteggiatura, da un giornalista del nostro tempo; oppure, per meglio evidenziare il variare del linguaggio, basta rileggere qualche capitolo dei "Promessi Sposi" e confrontarlo con lo stile teatrale di uno dei romanzi o delle commedie pirandelliane, o di altro scrittore della nostra epoca.

 

Esiste, comunque, un bisogno atavico di cristallizzare il linguaggio, quasi a voler far rivivere, attraverso la memoria, storia, usi e costumi di un tempo trascorso: tutto ciò lo si ritrova nell’uso del dialetto, che non è altro se non il linguaggio caratteristico delle varie regioni, nelle quali la stessa alfabetizzazione del popolo è stata volutamente limitata all’essenziale, al fine di riservare l’esercizio del potere sociale ed economico ad una determinata classe dominante. Un esempio di ciò lo si può verificare nelle piccole comunità contadine, oppure nelle etnie albanesi, o ladine, oppure occitaniche, che costellano alcune regioni del meridione o del nord Italia.

 

Ma che dire delle lingue di cui non abbiamo documentazione scritta? E qui subentra l’aiuto dell’antropologo, le cui indagini su reperti umani, localistici e forme di religiosità primitiva hanno permesso approfondite interpretazioni sulle origini della razza umana.

Come si può considerare, ancora oggi siamo connotati dalla cultura classica ( ma ciò non è una negatività) che fa derivare la civiltà europea dal mondo greco - latino ; per verità, bisogna riconoscere che il recupero e la sopravvivenza della classicità greca la si deve alla Roma repubblicana ed imperiale, quella che va da Livio a Marco Aurelio; perché i Romani si ritennero unici eredi e depositari del mondo ellenico, mentre ogni altra cultura precedente fu da loro sommersa e sepolta fra sabbie desertiche : si pensi ai Fenici, agli stessi Egizi, i cui geroglifici rimasero incomprensibili fino all’avventura napoleonica in Egitto, quando un letterato, al seguito dell’esercito francese, scoprì, per caso, nei pressi della piramide di Cheope, una lastra di pietra su cui erano incisi geroglifici e la relativa traduzione in greco degli stessi, a mo’ di didascalia. Quel fortunato e provvidenziale studioso si chiamava Champoillon, e la lastra di pietra è più nota come la "Stele di Rosetta".

 

La conoscenza delle civiltà passate passa, per come è evidente, attraverso lo studio del linguaggio, e se oggi abbiamo molte più conoscenze sui nostri antenati e sulle varie civiltà che si sono sviluppate nelle diverse contrade del mondo, ciò lo si deve ad uno dei più originali e geniali cultori della materia: lo svizzero Ferdinand de Saussure, vissuto a cavallo fra il XIX e XX secolo, inventore della teoria dello " Strutturalismo - anticipatore della " Scuola di linguistica di Vienna " del trascorso secolo - e che concepì il linguaggio come un sistema di elementi interconnessi ( teoria dello strutturalismo ) per arrivare alla conclusione scientifica che altro è la lingua, intesa come un sistema caratterizzante il sapere di una civiltà ; altro è, invece, la " parola", indice della individualità , significazione dell’intelletto dei singoli, la cui tonalità ed uso consente di capire il carattere, e a volte, anche la psiche di una persona.

 

Ogni lingua è un sistema autonomo che si svolge su due direttrici: il "Significante" che è costituito dai mezzi fisici di cui un linguaggio si serve, ed il " Significato " che impegna le capacità culturali ed intellettive di chi parla; ed un’indagine che vada a ritroso nel passato, alla ricerca dei motivi sociali, economici e politici di una determinata civiltà, consente di ricostruire verità storiche, spesso falsate dal sentimento e dalla leggenda.

 

Fu merito del "de Saussure", aver individuato il metodo interpretativo, attraverso l’indagine diacronica e sincronica, per spiegare lo svolgersi storico di una civiltà, di una " Lingua ".

 

Giuseppe Chiaia (preside)

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