La qualità della vita dei pazienti affetti da linfedema.
di Gianni Burani  ( bfbura@tin.it )

14 luglio 2003

Un medico "racconta" l'ultimo interessante convegno tenuto a Napoli.



Dodici donne su cento sviluppano un tumore alla mammella, di queste oltre il trenta percento, è soggetto ad un edema linfatico secondario, entro i dieci anni successivi all’intervento. E’ questo il dato che è emerso, sabato 5 luglio 2003, nel corso del convegno tenuto presso la sede di via Orsi a Napoli, dalla Fondazione scientifica Prometeo e che aveva per tema "La qualità della vita dei pazienti affetti da linfedema". Al tavolo dei relatori, erano seduti tra gli altri, medici di indiscussa fama come il Belga Jean-Paul Belgrado, specialista in linfologia ed assistente all’università di Bruxelles e la napoletana Maria Antonietta Ciotola, chirurgo specializzato in medicina fisica e riabilitazione.


"I fattori che determinano questa patologia - ha spiegato Belgrado - possono essere molteplici. Si va dal linfedema (gonfiore degli arti causato dal sistema linfatico) sviluppato in maniera spontanea, a quello, e qui la casistica purtroppo cresce di numero, cosiddetto secondario, che può scaturire cioè, a seguito di un intervento chirurgico di asportazione, come il tumore alla mammella; dal numero di linfonodi asportati o dall’eventuale terapia radiante effettuata". Una malattia che per quanto diffusa, sarebbe spesso però sottovalutata dagli addetti ai lavori.


"Il linfedema - ha riferito lo specialista, di fronte ad una platea fatta in prevalenza da professionisti della riabilitazione - rimane un sintomo che deve essere preso in seria considerazione, perché la paziente reduce da un intervento chirurgico, avendo già vissuto il trauma del carcinoma, deve vivere con questo arto deforme che non solo può portare a conseguenze spesso gravi, ma che vita natural durante, ricorderà all’ammalato la sua storia tumorale. Duole constatare - ha continuato Belgrado - che oggi, ci sono ancora medici che ai propri assistiti dicono: Signora ha superato il tumore, adesso impari a convivere con questo handicap". Tutto questo accadrebbe a dispetto delle tecniche che oggi la scienza mette a disposizione dell’uomo. "Ci sono - ha detto - terapie fisiche come il linfodrenaggio manuale, la presso - terapia, i bendaggi multistrato e la tensione elastica, che permettono di ridurre notevolmente il volume di questi arti edematosi. Queste tecniche - ha concluso Belgrado - devono essere portate a conoscenza del corpo medico e praticate da fisioterapisti, formati in modo adeguato". "La formazione e la preparazione del personale medico - ha aggiunto la dott. Ciotola - è fondamentale. Un corretto e tempestivo approccio diagnostico e terapeutico, risulta, infatti, fondamentale e spesso vitale per il paziente. Così, come pure è importante la collaborazione a 360° di più figure professionali quali fisiatri, oncologi, chirurghi e fisioterapisti".

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