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Chiedimi se sono felice
di Giorgio Marchese  ( direttore@lastradaweb.it )

27 giugno 2002

Cosa accade quando un avvocato ed uno psicoterapeuta si mettono in testa di scrivere la ricetta del viver bene? Scopriamolo insieme.


 

Caro dottore, questa settimana vorrei affrontare un tema tanto dibattuto quanto oscuro: "la felicità del viver bene". Molte volte si afferma che, quella della felicità, è una condizione di cui si può godere tutti i giorni, se si impara a godere di aspetti "semplici" cui, generalmente, si dà poca importanza come, ad esempio, bere una buona tazza di caffè o un bicchiere d’acqua quando si ha sete, ed altre condizioni un po’ più impegnative, come la quiete familiare, la buona salute, etc. (che spesso vengono vissuti come eventi scontati). Come si fa a rendere possibile una condizione simile?

In pratica la domanda che mi fai è "Come si fa ad essere felici?"

Partiamo da un concetto base: ogni essere umano ha necessità di dare un senso al tempo che trascorre durante la propria esistenza. Come si fa a centrare questo obiettivo? Imparando ad aver chiaro quali sono le condizioni da realizzare per costruire un ambiente a misura corretta. Tali condizioni si raggiungono attraverso l’appagamento di bisogni primari, necessari allo sviluppo di una identità matura. Tali bisogni sono sotto gli occhi di tutti, ma poche persone riescono ad appagarli e goderne i vantaggi. Analizziamo, per esempio, il concetto di autoaffermazione, che consiste nel "realizzare" se stessi nella maniera corretta, nel rispetto della propria identità, integrandosi correttamente nel tessuto sociale, rispettando le leggi sociali non opprimenti e cercando di adeguarsi a quelle non propriamente logiche, ma sapendo anche quali sono le necessità riguardanti i dettami naturali del viver bene. Affermare se stessi significa porre l’attenzione sul fatto che esistiamo e che possiamo godere della nostra stessa esistenza. Se io sto seduto su una poltrona, quanto apprezzerò il vantaggio rispetto allo stare in piedi? Se sto seduto su una poltrona comoda, quanto apprezzerò, consapevolizzandolo, il vantaggio, rispetto allo star seduti su una poltrona scomoda, su un sedile di pietra? Non ci si fa attenzione perché gli esseri umani vivono rincorrendo degli obiettivi per imitazione, cioè osservano altri esseri umani che, molte volte, sbagliano impegnandosi nella realizzazione di progetti ritenuti corretti e che, spesso, saranno inutili e dispendiosi. Pensiamo a quanti "sperperano" il limitato tempo a propria disposizione, cercando a tutti i costi di realizzare dei risultati che poco hanno a che fare con ciò che veramente serve all’essere umano: una casa grande, un’automobile di lusso, un posto di lavoro carico di responsabilità, un capitale economico considerevole. Perché tutto questo è scorretto? Perché, pur partendo da elementi giustificabili (quali quelli di cercare di migliorare la qualità della propria vita, attraverso, appunto, una casa più comoda, la possibilità di spendere del capitale economico, il viaggiare su una vettura confortevole, il vestirsi con abbigliamento comodo) sconfinano in un’illogicità manifesta: cioè per raggiungere questi obiettivi che dovrebbero migliorare la qualità della mia vita, la peggiorano sensibilmente perché devono lavorare e guadagnare moltissimo (e, a volte, accettare compromessi e "svendere" la propria coscienza) arrivando a stressarsi al punto tale da non riuscire a godere affatto di ciò che si è prodotto.

Come ci si deve regolare, allora, giacché comunque la disponibilità economica serve per una vita più comoda, senza mirare ad accumulare grandi capitali? Entro che limiti ci si deve impegnare in questo senso?

I limiti li trovi da sola, nel momento in cui alleni la tua mente a pensare in maniera corretta, perché ognuno è in grado di costruirsi una strategia operativa per il breve, medio e lungo periodo, a condizione che usi al meglio le proprie capacità mentali. Appagare il concetto di autoaffermazione, come dicevo prima, appagare il concetto di autostima, imparando ad amare se stessi ed apprezzandosi per quello che di buono si riesce a fare, nei confronti della Società in cui si vive, attraverso il miglioramento delle relazioni sociali, mediante la costruzione di un rapporto di coppia, etc. Così facendo, daremo un senso a tutto quello che "viviamo"; di conseguenza, saremo disponibili a lavorare per avere un tornaconto di tipo economico o, soprattutto, di tipo motivazionale, acquisendo il senso della misura. In questo modo, stabiliremo di lavorare in maniera equilibrata, per poi godere di ciò che ci circonda e di quello che "abbiamo anche dentro": quanti di noi, infatti, sanno dare il giusto valore al corretto funzionamento del proprio organismo ed all’assenza di conflitti sofferenti?

È molto diffuso l’atteggiamento del "sacrificio da formica" rispetto allo "scialo da cicala". Ci sono degli effettivi vantaggi?

E’ un atteggiamento legato ad apprendimenti antichi. In merito alla tua osservazione, posso dirti che dipende, in gran parte dalla morale della favola "la cicala e della formica", in cui si evidenziava l’avvedutezza di quest’ultima nel prepararsi adeguatamente alla stagione invernale. C’è un però! Se la laboriosa formica, durante l’incessante "raccolta" estiva, fosse rimasta vittima di un incidente qualsiasi (ad esempio, rimanere schiacciata sotto la scarpa di qualche distratta persona), non avrebbe utilizzato il frutto di quelle attività che le avevano sottratto la possibilità del vivere "qui ed ora". In pratica, un estate rovinata ed un inverno non vissuto: che strategia fallimentare! Quando ci insegnano che viene prima il dovere e poi il piacere, ci prendono in giro rubandoci una cosa importante: il nostro tempo! Molti esseri umani lavorano come se avessero due vite: la prima per accumulare e la seconda per usufruire dei crediti acquisiti. Di conseguenza, si conduce una vita piena di rinunce per realizzare un sorta di paracadute da utilizzare nei momenti di declino della propria esistenza. Non sarebbe meglio utilizzare il tempo, da giovani, in maniera matura ed equilibrata (non rinunciando ad esperienze piacevoli) per prepararsi ad una terza età da percorrere passeggiando, senza precipitare negli strapiombi che sono il risultato di depauperamenti organici conseguenti a troppe rinunce giovanili? A queste condizioni non si avrebbe bisogno, nei momenti "critici", di alcun paracadute!

Perché molti hanno paura di mostrare la propria gioia?

Questo è un problema che affonda le radici nell’antichità, all’epoca degli antichi greci, i quali avevano paura di mostrarsi felici, contenti, perchè temevano l’invidia degli Dei. In effetti, a quei tempi, si temeva che gli dei poi punissero gli esseri umani per la loro felicità, e quindi si mostravano sempre tristi, insomma cercavano di non far vedere i loro stati d’animo al positivo. Questa sciagurata tradizione si tramanda ancora oggi! Molte persone dichiarano di aver paura dei propri momenti felici per timore di doverla scontare attraverso molta sofferenza. Questo tipo di convinzione "ellenistica" risente della cultura del tempo: infatti gli Dei venivano umanizzati e "nevrotizzati", schiavi di complessi di inferiorità, permalosi e suscettibili. RIFLETTIAMO: se tu non sei felice per paura che poi soffrirai... nel frattempo soffri comunque! Soffri perché hai paura di essere felice altrimenti soffrirai. Allora, tanto vale godere tutte le volte che si può, altrimenti si soffre e basta!

 

E una "ricettina" per vivere bene?

Ingredienti base

  • Accettazione di sé, per riuscire a dare ed a ricevere amore.
  • Adattamento ai cambiamenti della vita per metabolizzare le tossine del vivere quotidiano ed integrarsi nella Società.
  • Realizzazione personale attraverso un’attività lavorativa gratificante.
  • Ridimensionamento dell’attaccamento ai beni materiali.
  • Valorizzazione dell’esperienza di vita vissuta.

Preparazione

  • Miscelare bene gli ingredienti, a temperatura meditativa (non troppo calda).
  • Cuocere lentamente per lasciare che i nuovi apprendimenti si stratifichino ben bene.
  • Lasciare raffreddare (per favorire l’uso di logica).

Utilizzando con equilibrio il prodotto finito, si riuscirà a realizzare quella condizione conseguente allo stato di equilibrio psicofisico derivante dall’appagamento dei propri "bisogni", che ci fa vivere senza disturbi persistenti e si chiama BENESSERE.

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