COLLOQUI
RISERVATI
In
questo lavoro, così come negli altri della medesima
sottosezione, si riportano estrapolati di colloqui analitici,
finalizzati ad affrontare argomenti di interesse pubblico.
L’operazione, con il consenso degli interessati, rispetta tutti
i dettami della legge sulla Privacy ed i principi del rispetto e
della correttezza professionale.
BUONA
LETTURA
Buona
sera, dottore, in questo incontro vorrei mettere a fuoco due temi che
mi condizionano, direttamente e indirettamente, l’esistenza: la
suscettibilità e la permalosità.
Ha
già un’idea del loro significato, nella lingua italiana?
Ho
fatto una ricerca sui dizionari ma ho bisogno, però, che lei
mi chiarisca la differenza fra suscettibilità e permalosità.
A proposito di "suscettibile", il dizionario riporta: "di
soggetto capace di ricevere, in sé, gli effetti di un’azione
che tende a modificarlo.".
Le
definizioni riportate sul dizionario, rendono abbastanza bene il
significato del termine in questione. Suscettibile, viene
da susceptus, participio passato del verbo suscipere,
che vuol dire "capace di prendere qualcosa". In
effetti, con suscettibilità, anche in Fisica, si misura la
capacità di un corpo nel reagire alle sollecitazioni del mondo
esterno. Di conseguenza, l’essere suscettibile è
fisiologico e rispetta principi naturali; diventa anomalo nel caso di
reazione abnorme, sia in difetto che in eccesso.
Per
quanto riguarda il termine "permaloso", ho trovato le
seguenti definizioni: "irritabilità eccessiva,
puntigliosità, diffidenza, facile tendenza ad indispettirsi,
risentirsi col prossimo, in maniera per lo più sproporzionata
alle circostanze, ai fatti, alle persone; irascibile, collerico,
insofferente".
"Permaloso":
"detto di persona facile ad offendersi, a risentirsi
eccessivamente, sensibile a parole o atti altrui che sembrino
comportare un giudizio negativo nei suoi confronti".
In
pratica, la permalosità, che deriva dal latino pre –
malus (prendere ogni cosa in maniera eccessiva ed offendersi
facilmente), non costituisce una reazione corretta, perché
mette in evidenza degli aspetti non propriamente maturi.
Insomma,
il permaloso si offende facilmente perché crede di essere
giudicato negativamente dagli altri.
È
proprio così, ha centrato il punto. Il permaloso è
stato costretto a crescere in un ambiente pieno di critiche e
condanne ingiuste e si è abituato a vedere nell’altro,
un nemico.
È
possibile che la suscettibilità, all’ennesima potenza,
diventi permalosità?
Certo,
è una cosa possibile, però negli individui con le
caratteristiche sopracitate. Si amplifica, in tal caso, la
sospettosità e la diffidenza, che è Madre di ogni
pregiudizio.
Lei
ha detto che io perché sono permalosa... come faccio ad
esserlo se, tra l’altro, reprimo la reazione che nasce in me di
fronte a stimolazioni frustranti?
Lei
è cresciuta in una famiglia (compresi zii e parenti
"allargati") che, per abitudine, esprime giudizi di
condanna nei confronti di chiunque non accetti le regole di
sacrificio e dedizione. Mi ha riferito più volte che, da
piccola, è stata costretta a svegliarsi nel cuore della notte
per lavare i fari dell’automobile di suo padre che aveva
deciso, insulsamente, di mettersi in viaggio proprio a quell’ora!
Inoltre,
ha potuto osservare e provare sulla sua pelle, un tipo di mentalità
medievale, "chiusa", fosca, che rifugge qualunque forma di
gioia o benessere, ritenendolo strano o, addirittura, immorale.
È
chiaro che, seguendo i loro insegnamenti, ha imparato a diffidare di
tutto e di tutti. Inoltre, per paura di essere additata come "persona
pericolosa", ha finito col reprimere la produzione di emozioni
di ribellione. Con questo meccanismo, però, ha finito col
produrre molti conflitti irrisolti e, di conseguenza, molti disturbi.
E
la reazione di rifiuto verso il mio lavoro, dipende da permalosità?
Suscettibilità,
quella è suscettibilità, perché il rifiuto si
determina nei confronti di fastidi che, effettivamente, esistono sul
teatro delle operazioni in cui si svolge la sua attività
professionale. Spesso, infatti, prova ad esercitare l’arte del
compromesso, di fronte a committenti ignoranti, arroganti e
pretenziosi e, alla lunga, per proteggersi da una caduta verticale di
autostima, rifiuta la professione.
Potremmo
parlare di permalosità, quando si lamenta del fatto che
qualche suo collega ha criticato il suo modo di operare.
Come
sarebbe dire, scusi, in quel caso non ho ragione di offendermi?
No...
e ora le spiego il perché.
Fintanto
che parliamo di fastidio, la reazione è spiegabile dal momento
che c’è la possibilità di dover rivedere tutte le
riflessioni che ha operato intorno a quel progetto: un sacco di
lavoro che rischia di dovere andare in fumo perchè qualcuno
(un collega, appunto) non concorda sulla strategia adottata! Quando,
invece, arriva ad offendersi, allora la cosa non va più bene.
E
perché?
Perché
l’offesa consiste nell’accusare il colpo che qualcuno le
ha sferrato, procurandole un danno. Quindi, non è tanto cosa
le dicono, ad innervosirla, ma come reagisce di fronte alla
"provocazione".
E
non è la stessa cosa?
Sembrerebbe,
ma non è così. Mi segua nel ragionamento e se ne
renderà conto.
Nel
momento in cui un addebito sul suo modus operandi le
crea scombussolamento, questo è una prova evidente del fatto
che, in fondo, lei non è tanto convinta del fatto suo e teme
che, in quello che le è stato detto, ci sia un fondo di
verità.
Beh,
effettivamente... ma comunque la colpa non è mia, sono sempre
stata tiranneggiata... e ingiustamente!
Il
nostro modo di reagire agli eventi, dipende sempre da quello che
abbiamo imparato... sia per averlo subito, sia per averlo osservato
negli altri... si tranquillizzi, quindi, che non è colpa sua.
Nel
caso in cui, invece, le sue scelte (lavorative o di vita, in genere)
sono il risultato di convincimenti solidi, allora nessuna critica
potrà ferirla e, quindi, offenderla. Consideri, inoltre, che
quello che dicono gli altri, non sempre è da tenere molto in
considerazione, perché non sappiamo se è il risultato
di pensieri ponderati e meditati o parole profferite con leggerezza
o, generate da invidia...
A
questo punto, potrei capire meglio la differenza che esiste fra la
permalosità e la facile offendibilità?
È
permaloso chi si infastidisce perché teme, senza averne
le prove, che qualcuno stia giudicandolo male. L’offendersi
facilmente, invece, deriva dall’aver subito il colpo, in
maniera eccessiva: è una questione di estrema
suscettibilità.
Ma
io penso che, se una persona, di fronte ad un’offesa, ad una
scorrettezza, ci passa sopra... allora non mostra di avere "gli
attributi"!
Le
cose non stanno per come lei le vive. La risoluzione consiste nel
trasformare la paura di perdere la reputazione (che potremmo chiamare
Orgoglio)
con il bisogno di proteggere la propria coscienza (che si chiama
Dignità).
Ricordi che “coscienza”
è quello che sei, mentre la “reputazione” è
ciò che gli altri pensano di te...
Non
ci avevo mai pensato...
Guardi,
se reagiamo offendendoci di fronte ad ogni
provocazione, sprecheremo un sacco di tempo per dare credito ai
pensieri di chicchessia! Questa sarà la prova di come sia
facile che la nostra autostima vada facilmente in crisi.
Io
lo so... che ho delle insicurezze.
Ed
è su quelle che bisogna concentrarsi nel nostro lavoro di
analisi personale. Risolti i "buchi" della personalità,
le nostre idee progettuali saranno troppo importanti per deviare dal
percorso stabilito e battibeccare con il primo venuto: certo... se
poi c’è qualcuno che ti insulta col megafono!
In
quel caso che si fa?
Si
studia la strategia più appropriata (che può non
prevedere aggressioni), per difendere la propria immagine nei
confronti di un ambiente sociale immaturo, che bada molto
all’apparenza.
Alla
base di suscettibilità e permalosità ci sono, quindi,
un’eccessiva importanza attribuita al mondo esterno ed una
carenza di solidità: perché si dà così
importanza al giudizio degli altri?
Come
le ho detto prima, In una Società come la nostra, non si può
ignorare la valutazione che gli altri ci danno perché,
comunque, siamo calati in un certo contesto. Diventa di primaria
importanza, allora, elaborare dei progetti di vita da perseguire
perché, in virtù degli obiettivi da raggiungere,
cercheremo di evitare la frequentazione con gli individui inutili,
"vuoti" e controproducenti; inoltre, così facendo,
acquisiremo credito e stimabilità agli occhi della "massa"
e, se qualcuno sparlerà di noi, ci sarà qualcun altro
pronto ad inficiare queste critiche pretestuose.
Ma
una persona che non reagisce di fronte a scorrettezze, non perde
stimabilità e rispettabilità da parte degli altri?
Dipende!
Se abbiamo acquisito abbastanza credito presso gli altri, mostrando
idee chiare e molta autostima, si capirà benissimo che non
sfuggiamo gli attacchi ma, semplicemente, stiamo snobbando chi non è
degno della nostra attenzione.
Insomma,
alla base c’è sempre la sicurezza e l’autostima!
Nei
momenti “difficili”, mi è stato insegnato che
bisogna saper poggiare su alcune basi
fondamentali, costruite negli anni e
che si chiamano: correttezza, linearità, onestà,
rispetto, ordine, abnegazione, amore verso ciò che si fa,
arguzia, determinazione, etc.
Tutto
ciò, come ho imparato durante il percorso formativo, per
diventare psicoterapeuta (e spiegato in pubblicazioni specialistiche
dei miei maestri Giovanni e Sara Russo), è in grado di
produrre quell’equilibrio interiore, capace di
determinare STABILITA’, COERENZA, SERENITA’, CALMA, SAGGEZZA, SOLIDITA’.
Questi
elementi generano la SICUREZZA,
che realizza una condizione di RESISTENZA (capace
di sostenere il proprio equilibrio raggiunto e preservarlo dagli
attacchi dei problemi che, gli altri, ci riversano addosso), e
"consente", in conclusione, una condizione
di FORZA e INTENSITA’.
Per
rispondere alla sua domanda, posso dirle che ha ragione. Inoltre,
tenga conto che, spesso, chi critica può essere invidioso di
lei e cerca di guastarle l’umore... per vendetta!
Ma,
in definitiva, potrebbe darmi degli Input che mi aiutino ad evitare
di arrabbiarmi e, magari, reprimere i miei fastidi, per nascondermi
agli occhi degli altri?
Posso
risponderle utilizzando una spiegazione che mi diede Giovanni Russo,
per aiutarmi a capire come fare per diventare un Uomo... e smettere
di "fare il bambino"!
"Caro
Giorgio dopo che qualcuno ti ha offeso prova ad analizzarne i motivi.
Se, visualizzando mentalmente gli eventi, scopri che hai torto, non
ha senso ribellarsi all’altro e poi reprimere la ribellione !
nel caso in cui, invece, i fatti mostrano che non dipende da te ma
che è soltanto una motivazione di aggressività da parte
dell’altro, bisogna fare delle valutazioni in merito a questa
persona (quanto ti interessa, quanto ti è utile): se la
persona ti interessa, puoi, temporaneamente, "sospendere"
il fastidio (non reprimerlo !) per analizzare (in un secondo
momento), insieme, l’evento frustrante; se, invece, la persona
non ti interessa, puoi decidere di non prendere proprio in
considerazione la "provocazione" oppure di reagire anche
violentemente, a seconda della capacità di metabolizzazione
energetica di quel preciso momento e della eventuale pericolosità
del personaggio che ti trovi di fronte. Comunque sia, non ti conviene
mai, reprimere la tua ribellione! La repressione, infatti, prevede la
creazione di una capsula contenitore di fastidi (nella tua mente) e,
successivamente, l’incapsulamento del conflitto represso con
conseguente deposizione nel mondo inconsapevole, in memoria (come una
mina pronta ad esplodere). Dal momento che la logica si ribella di
fronte alla possibilità di reprimere qualcosa nel proprio
mondo interno, è necessario chiedere chiarimenti (nel momento
in cui è disponibile) alla persona che ci ha prodotto l’evento
frustrante. Così facendo, la logica si "acquieta" in
attesa di maggiori informazioni. Ovviamente, nella conversazione
chiarificatrice, deve essere utilizzata la capacità di
osservare le cose nella giusta maniera (neutrergia a netta
prevalenza, con presenza di affettività ed aggressività
positiva): infatti la logica interviene soltanto in presenza di
energia mentale positiva. Se si reprime ogni tanto (per esigenze
relative al mondo esterno), questo evento produrrà danni
relativi; se il reprimersi diventa un’abitudine, tale
condizione determinerà un "blocco" di logica e
questo innescherà una cascata di disturbi".
Illuminante!
È solo che, ancora non mi sento pronta, per tutto questo, e
temo di perdermi per strada...
Posso
proporle un vecchio racconto che, forse, la aiuterà:
"Un
maestro zen vede uno scorpione annegare e decide di aiutarlo.
Provando a tirarlo fuori dall’acqua, viene punto dall’animale. Ad
ogni nuovo tentativo, subisce altri attacchi.
Un
giovane discepolo si avvicina e chiede: "Maestro, perché
continui? "
"Perchè
la natura dello scorpione è quella di pungere; ma, questo, non
cambierà la mia, che è di aiutare."
Allora,
utilizzando una foglia, riesce a tirar fuori dall’acqua l’animale
senza più problemi. Quindi, rivolgendosi al suo giovane
discepolo:
"Non
modificare il tuo modo di essere solo perchè qualcuno ti fa
male, prendi solo delle precauzioni. Perché, gli uomini sono
quasi sempre ingrati nei confronti di ciò che, di buono, fai
per loro. Ma questo non è un motivo per abbandonare l’amore
che vive in te.
Ci
riuscirò?
Siamo
qui, insieme, per far si che lei impari ad affrontare, al meglio, le
avversità. Continuiamo a darci da fare!
Senz’altro!
Arrivederci alle prossime "puntate"!
G.
M. - Medico Psicoterapeuta (21 giugno 2008)
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