Buonasera
Nell’attesa
del nuovo anno desidero rivolgere gli auguri migliori a tutte le
italiane e a tutti gli italiani.
A
quelli che risiedono nel nostro Paese e a quelli che ne sono lontani,
per studio o per lavoro, e sentono intensamente il vincolo di
appartenenza alla Patria.
Ho
visitato, anche quest’anno, numerosi territori, ho incontrato tante
donne e tanti uomini. Ho conosciuto le loro esperienze, ho ascoltato
le loro speranze, le loro esigenze. Ho potuto toccare con mano che il
tessuto sociale del nostro Paese è pieno di energie positive.
Tante persone - ragazzi, giovani, adulti, anziani - svolgono, con
impegno, il proprio dovere. Molti vanno anche oltre, pronti a
spendersi per gli altri e per la collettività, a soccorrere
chi si trova in pericolo o in difficoltà. Senza inseguire
riconoscimenti o cercare la luce dei riflettori.
Con
tutti ho condiviso sofferenze e momenti di gioia.
Il
nostro Paese è una comunità di vita, ed è
necessario che lo divenga sempre di più.
Ci
siamo ritrovati uniti in occasione di alcuni eventi che hanno
suscitato l’emozione e la partecipazione di tutti noi.
Abbiamo
vissuto insieme momenti dolorosi. Dall’assassinio di Giulio Regeni,
mentre svolgeva, al Cairo, la sua attività di ricercatore,
alla morte, in Spagna, delle nostre ragazze che studiavano nel
programma Erasmus. Dalla strage di Dacca a quella di Nizza, con
nostri connazionali tra le vittime. Dal disastro ferroviario in
Puglia al terremoto che ha sconvolto le Regioni centrali, provocando
tanti morti.
Negli
ultimi giorni, abbiamo pianto Fabrizia Di Lorenzo, uccisa
nell’attentato di Berlino. Così come era avvenuto, sul finire
dell’anno scorso a Parigi, per Valeria Solesin.
Ai
loro familiari desidero rivolgere, a nome di tutti, un pensiero di
grande solidarietà che non si attenua con il passare del
tempo.
Lo
stesso sentimento di vicinanza esprimo ai familiari di quanti hanno
perso la vita per eventi traumatici; tra questi le tante, troppe,
vittime di infortuni sul lavoro.
Un
pensiero di sostegno va rivolto ai nostri concittadini colpiti dal
terremoto, che hanno perduto familiari, case, ricordi cui erano
legati. Non devono perdere la speranza.
L’augurio
più autentico è assicurare che la vita delle loro
collettività continui o riprenda sollecitamente. Ovunque,
nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nel ritrovarsi insieme.
Ricostruiremo quei paesi così belli e carichi di storia.
Ci
siamo ritrovati tutti nel sostegno alle popolazioni colpite e
nell’apprezzamento per la prontezza e l’efficacia dei soccorsi. Alla
Protezione Civile, ai Vigili del Fuoco, alle Forze di Polizia, ai
nostri militari, ai tanti volontari esprimo la riconoscenza del
Paese. Il loro operato è oggetto dell’ammirazione
internazionale.
Lo
stesso consenso avvertiamo per l’impegno dalle nostre Forze Armate
nelle missioni di pace in Europa, in Asia, in Africa, in Medio
Oriente.
Ci
siamo tutti rallegrati perché i due fucilieri di Marina,
Latorre e Girone, sono finalmente in Italia con i loro cari.
Abbiamo
condiviso, con affetto e soddisfazione, il grande impegno e i
successi dei nostri atleti alle Olimpiadi e alle Paralimpiadi. Come
non ricordare l’entusiasmo travolgente di Bebe Vio?
Abbiamo,
in tante città, rievocato i settanta anni della Repubblica e
del voto alle donne.
Questo
senso diffuso di comunità costituisce la forza principale
dell’Italia, anche rispetto alle tante difficoltà che abbiamo
di fronte.
La
comunità, peraltro, va costruita, giorno per giorno, nella
realtà.
Il
problema numero uno del Paese resta il lavoro.
Nonostante
l’aumento degli occupati, sono ancora troppe le persone a cui il
lavoro manca da tempo, o non è sufficiente per assicurare una
vita dignitosa. Non potremo sentirci appagati finché il
lavoro, con la sua giusta retribuzione, non consentirà a tutti
di sentirsi pienamente cittadini.
Combattere
la disoccupazione e, con essa, la povertà di tante famiglie è
un obiettivo da perseguire con decisione. Questo è il primo
orizzonte del bene comune.
Abbiamo,
tra di noi, fratture da prevenire o da ricomporre.
Tra
il Nord del Paese e un Sud che è in affanno. Tra città
e aree interne. Tra centri e periferie. Tra occupati e disoccupati.
Barriere e difficoltà dividono anche il lavoro maschile da
quello femminile, penalizzando, tuttora, le donne.
Far
crescere la coesione del nostro Paese, vuol dire renderlo più
forte. Diseguaglianze, marginalità, insicurezza di alcuni
luoghi minano le stesse possibilità di sviluppo.
La
crescita è in ripresa, ma è debole. Il suo impatto
sulla vita di molte persone stenta a essere percepito. Va ristabilito
un circuito positivo di fiducia, a partire dai risparmiatori, i cui
diritti sono stati tutelati con il recente decreto-legge.
Essere
comunità di vita significa condividere alcuni valori
fondamentali. Questi vanno praticati e testimoniati. Anzitutto da chi
ha la responsabilità di rappresentare il popolo, a ogni
livello. Non vi sarà rafforzamento della nostra società
senza uno sviluppo della coscienza civica e senza una rinnovata etica
dei doveri.
La
corruzione, l’evasione consapevole degli obblighi fiscali e
contributivi, le diverse forme di illegalità vanno contrastate
con fermezza.
Le
difficoltà, le sofferenze di tante persone vanno ascoltate, e
condivise. Vi sono domande sociali, vecchie e nuove, decisive per la
vita di tante persone. Riguardano le lunghe liste di attesa e le
difficoltà di curare le malattie, anche quelle rare;
l’assistenza in famiglia agli anziani non autosufficienti; il
sostegno ai disabili; le carenze dei servizi pubblici di trasporto.
Non
ci devono essere cittadini di serie B.
Sarebbe
un grave errore sottovalutare le ansie diffuse nella società.
Dopo
l’esplosione del terrorismo internazionale di matrice islamista, la
presenza di numerosi migranti sul nostro territorio ha accresciuto un
senso di insicurezza.
E’
uno stato d’animo che non va alimentato, diffondendo allarmi
ingiustificati. Ma non va neppure sottovalutato. Non rendersi conto
dei disagi e dei problemi causati alla popolazione significa non fare
un buon servizio alla causa dell’accoglienza.
L’equazione
immigrato uguale terrorista è ingiusta e inaccettabile, ma
devono essere posti in essere tutti gli sforzi e le misure di
sicurezza per impedire che, nel nostro Paese, si radichino presenze
minacciose o predicatori di morte.
Anche
nell’anno trascorso, le nostre Forze dell’ordine e i nostri Servizi
di informazione hanno operato con serietà e competenza perché,
in Italia, si possa vivere in sicurezza rispetto al terrorismo, il
cui pericolo esiste ma si cerca di prevenire.
A
loro va espressa la nostra riconoscenza.
Vi
è un altro insidioso nemico della convivenza, su cui, in tutto
il mondo, ci si sta interrogando. Non è un fenomeno nuovo, ma
è in preoccupante ascesa: quello dell’odio come strumento di
lotta politica. L’odio e la violenza verbale, quando vi
penetrano, si propagano nella società, intossicandola.
Una
società divisa, rissosa e in preda al risentimento, smarrisce
il senso di comune appartenenza, distrugge i legami, minaccia la sua
stessa sopravvivenza.
Tutti,
particolarmente chi ha più responsabilità, devono
opporsi a questa deriva.
Il web,
ad esempio, è uno strumento che consente di dare a tutti la
possibilità di una libera espressione e di ampliare le proprie
conoscenze. Internet è stata, e continua a essere, una grande
rivoluzione democratica, che va preservata e difesa da chi vorrebbe
trasformarla in un ring permanente, dove verità e
falsificazione finiscono per confondersi.
Un’altra
grave ferita inferta alla nostra convivenza è rappresentata
dalle oltre 120 donne uccise, nell’anno che si chiude, dal marito o
dal compagno. Vuol dire una vittima ogni tre giorni. Un fenomeno
insopportabile che va combattuto e sradicato, con azioni preventive e
di repressione.
Desidero,
adesso, rivolgermi soprattutto ai giovani.
So
bene che la vostra dignità è legata anche al lavoro. E
so bene che oggi, nel nostro Paese, se per gli adulti il lavoro è
insufficiente, sovente precario, talvolta sottopagato, lo è
ancor più per voi.
La
vostra è la generazione più istruita rispetto a quelle
che vi hanno preceduto. Avete conoscenze e potenzialità molto
grandi. Deve esservi assicurata la possibilità di essere
protagonisti della vita sociale.
Molti
di voi studiano o lavorano in altri Paesi d’Europa. Questa, spesso, è
una grande opportunità. Ma deve essere una scelta libera. Se
si è costretti a lasciare l’Italia per mancanza di occasioni,
si è di fronte a una patologia, cui bisogna porre rimedio.
I
giovani che decidono di farlo meritano, sempre, rispetto e sostegno.
E
quando non si può riportare nel nostro Paese l’esperienza
maturata all’estero viene impoverita l’intera società.
Nel
febbraio scorso, in una Università di New York, ho incontrato
studenti di ogni continente. Una ragazza ha aperto il suo intervento
dicendo di sentirsi cittadina europea, oltre che italiana.
Tante
esperienze di giovani che condividono, con altri giovani europei,
valori, idee, cultura, rendono evidente come l’Europa non sia
semplicemente il prodotto di alcuni Trattati. Un Continente che, dopo
essere stato, per secoli, diviso da guerre e inimicizie, ha scelto un
cammino di pace e di sviluppo comune.
Quei
giovani capiscono che le scelte del nostro tempo si affrontano meglio
insieme. Comprendono, ancor di più, il valore della pacifica
integrazione europea di fronte alla tragedia dei bambini di Aleppo,
alle migliaia di persone annegate nel Mediterraneo e alle tante
guerre in atto nel mondo.
E
non accettano che l’Europa, contraddicendosi, si mostri divisa e
inerte, come avviene per l’immigrazione.
Dall’Unione
ci attendiamo gesti di concreta solidarietà sul problema della
ripartizione dei profughi e della gestione, dignitosa, dei rimpatri
di coloro che non hanno diritto all’asilo.
Un
cenno alla vita delle nostre istituzioni.
Queste
sono state concepite come uno strumento a disposizione dei cittadini.
Sono i luoghi della sovranità popolare, che vanno abitati se
non vogliamo che la democrazia inaridisca.
All’inizio
di questo mese si è svolto il referendum sulla riforma della
seconda parte della Costituzione, con alta affluenza, segno di grande
maturità democratica.
Dopo
il Referendum si è formato un nuovo Governo.
Ho
ricevuto nei giorni scorsi numerose lettere, alcune di consenso,
altre di critica per le mie decisioni. Ho letto con attenzione queste
ultime: è sempre bene ascoltare, e rispettare, le opinioni
diverse. Si tratta di considerazioni di persone che avrebbero
preferito nuove elezioni subito, a febbraio, per avere un nuovo
Parlamento. Composto, ovviamente, dalla Camera dei deputati e dal
Senato, secondo il risultato del Referendum.
Ora,
non vi è dubbio che, in alcuni momenti particolari, la parola
agli elettori costituisca la strada maestra. Ma chiamare gli elettori
al voto anticipato è una scelta molto seria.
Occorre
che vi siano regole elettorali chiare e adeguate perché gli
elettori possano esprimere, con efficacia, la loro volontà e
questa trovi realmente applicazione nel Parlamento che si elegge.
Queste
regole, oggi, non ci sono: al momento esiste, per la Camera, una
legge fortemente maggioritaria e, per il Senato, una legge del tutto
proporzionale.
L’esigenza
di approvare una nuova legislazione elettorale mi è stata, del
resto, sottolineata, durante le consultazioni, da tutti i partiti e i
movimenti presenti in Parlamento.
Con
regole contrastanti tra loro chiamare subito gli elettori al voto
sarebbe stato, in realtà, poco rispettoso nei loro confronti e
contrario all’interesse del Paese. Con alto rischio di
ingovernabilità.
Risolvere,
rapidamente, la crisi di governo era, quindi, necessario sia per
consentire al Parlamento di approvare nuove regole elettorali sia per
governare problemi di grande importanza che l’Italia ha davanti a sé
in queste settimane e in questi mesi.
Rivolgo
gli auguri più sinceri a Papa Francesco, auspicando che il
messaggio del Giubileo, e i suoi accorati appelli per la pace,
vengano ascoltati in un mondo lacerato da conflitti e sfidato da
molte incognite.
Cari
concittadini,
qualche
giorno fa, nelle zone del terremoto, ho ricevuto questo disegno in
dono dai bambini della scuola dell’Infanzia di Acquasanta Terme,
ritrae la loro scuola.
Vi
è scritto: "La solidarietà diventa realtà
quando si uniscono le forze per la realizzazione di un sogno comune".
Vorrei
concludere facendo mio questo augurio, e rivolgendolo a ciascuno di
voi, perché i sogni dei bambini possono costruire il futuro
della nostra Italia.
Buon
anno a tutti.
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