Pensieri
degli anni difficili
Il
silenzio, intorno a me. Ne sento il bisogno e nello stesso tempo ne
ho paura.
È
nei buchi che si rischia di perdersi!
Mi
rigiro impedita all’interno di un cilindro, poco è il
movimento consentito, una grande ansia mi investe.
Non
riesco più a trovare le parole, le ho ben chiare nella mente
ma a fatica trovano il respiro.
Angosciante!
Ecco, è questa la parola che bene esprime la sensazione del
cilindro. Un buio nero intorno, anche se, a ben guardare, si
intravedono i mille e più puntini luminosi.
La
bellezza dei petali controllata da qualcosa che va oltre la capacità
dello stesso essere vivente, qualcosa di indefinito e non
precisabile.
Me
ne torno piano piano, lentamente, sui miei passi riguardando
attentamente, sfogliando ogni pagina scritta e già vissuta e
mi pongo le solite innumerevoli domande.
Vorrei
trovare il piacere di camminare senza dovermi guardare intorno, solo
con lo sguardo puntato all’orizzonte, all’ultimo dei
raggi che scendendo emana luce innaturale ma fantastica.
E
risento in me la voglia di tornare.
Ad
ogni passo la necessità del silenzio, mi fortifica e mi aiuta
in questa fase di rinascita e ripresa. Provo a cercare una
distrazione alla mente. Un pensiero insistente batte incessantemente
saturando tutta l’aria intorno. Mi guardo in tutte quelle
direzioni che mi appartengono, riesco a non fuggire e andare avanti,
ma c’è sempre quella riga di fondo che proprio non si
vuole cancellare.
Qualcosa
di strano.
L’utilizzo
della metafora. E della vita?
Torno
indietro, spengo le luci, ascolto il mio respiro. Una mano nel
silenzio mi accarezza, la trattengo all’improvviso e ne sento
la freddezza.
Che
tristezza!
Si
va avanti piano piano, ci si ferma di colpo e a fatica si ritrova la
propria linea. Un equilibrio, il solito equilibrio.
Dieci
anni in due giri, gli estremi di due momenti delicati. Curiosa la
vita, alcune cose sembrano passare inosservate, ma poi si impongono
con forza senza lasciarti il tempo di pensare. Avvengono. E basta.
La
riga, da sottofondo. Impossibile cancellarla, ci si può solo
scrivere sopra, imparando ad evitare di vederla e a riempire ogni
spazio.
L’indifferenza.
Faccio finta di non vedere, di non sapere, anche se ne sento comunque
l’odore. L’odore del cambiamento.
Nel
mio solito protetto posto, mi raccolgo accarezzandomi e ascoltando il
solo silenzio.
E
me ne vado. O ritorno?
Al
momento opportuno. L’importante è saper distinguere la
voce del silenzio. Qualsiasi rumore naturalmente si spegne, rimane
nel profumo degli ambienti la sola voce del vento, in questo mattino
di festa e di augurio. Tutto diventa più chiaro e, senza alcun
ripensamento, alimento quella fiammella che tiene in vita ogni
pensiero. Un po’ spento ma vivo, come sempre.
Senza
più parola, ho bisogno del silenzio, del solo ascoltare il
fruscio dell’aria piacevolmente calda sul mio corpo, immaginare
l’onda accarezzare la ghiaia tiepida riscaldata dal sole del
giorno, la restituzione ad uno stato d’animo che si scioglie in
tenerezza.
Fernanda
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