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I fenomeni cerebrali associati alla musica.
di Fernanda Annesi  ( fernanda_65@yahoo.it )

5 settembre 2014


E, il cervello, “va” meglio!



News Neuroscienze

La scelta del genere musicale è soggettiva e personale. I numerosi studi condotti finora si sono concentrati soprattutto sulla relazione fra le diverse caratteristiche della musica e la capacità di influenzare il cervello. In ogni caso, quando si ascolta la musica preferita, a prescindere dal genere, vengono evocati alla memoria ricordi e pensieri personali. Fino a questo momento, è rimasto poco chiaro come l’ascolto di differenti generi musicali possano generare esperienze cerebrali simili. Una prima spiegazione alla comprensione di questo meccanismo è suggerita da un recentissimo lavoro - Network Science and the Effects of Music Preference on Functional Brain Connectivity: From Beethoven to Eminem, R. W. Wilkins, D. A. Hodges,P. J. Laurienti,M. Steen& J. H. Burdette, Scientific Reports 4, 28 August 2014 – in cui gli autori valutano le differenze di connettività funzionale del cervello quando le persone ascoltavano brani musicali da loro preferiti. 21 soggetti sono stati sottoposti a risonanza magnetica funzionale mentre ascoltavano brani musicali preferiti e di diverso genere. Le aree cerebrali e le connettività attivate durante l’ascolto erano comuni a tutti i soggetti indipendentemente dal tipo di musica, e in particolare si attivava un circuito importante per i pensieri introspettivi, noto come default mode network. Dato che questo circuito risulta alterato nei soggetti con schizofrenia, depressione, autismo, disturbo post traumatico da stress, l’ascolto della musica preferita potenzialmente potrebbe migliorare le funzioni cerebrali, ed avere quindi implicazioni specifiche in quelle terapie dove la musica ha effetti neuroriabilitativi

Altro importante risultato emerso da questo lavoro è che l’ascolto della musica preferita alterava la connettività tra aree cerebrali uditive e l’ippocampo, una regione associata al consolidamento della memoria e dei ricordi. Durante l’ascolto le due aree risultavano scollegate come se l’ippocampo in quel momento fosse occupato a rievocare esperienze emotive e non nell’elaborazione uditiva.

Dal momento che le preferenze musicali sono unicamente individuali, che la musica può variare in complessità acustica e per la presenza o assenza di testi, l’importanza di questi risultati è notevole. Questi risultati spiegano perché stati emotivi e mentali analoghi possono essere sperimentati da persone che ascoltano la musica che si differenzia nel modo più ampio, da Beethoven a Eminem. Di conseguenza le implicazioni neurobiologiche e di neuroriabilitazione hanno un potenziale enorme.


Ferdinanda Annesi - Biologa C.N.R.

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