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Il rischio della depressione post-partum.
di Giorgio Marchese  ( direttore@lastradaweb.it )

24 settembre 2015


Errori da evitare e suggerimenti per capire. E venirne fuori.


Mondocounseling

 

Dare alla luce un figlio. Portare al mondo, una nuova vita. Tutto questo è qualcosa di magico e nobile però, non di rado, dopo il parto può capitare che una madre si senta triste, stanca, demotivata... sul piano clinico si parla di "depressione post partum"

Da indagini statistiche, quasi una donna su cinque, dopo aver partorito, ne soffre. E addirittura, il 9 per cento delle donne che hanno avuto un figlio ne soffre in forma grave. Queste le cifre della depressione post-partum che oggi, comunque, può anche essere prevenuta.

Insorge nei tre mesi che fanno seguito al termine della gravidanza e si caratterizza per la presenza di disturbi del sonno, e dell’appetito, da una forma di apatia, oltre che ovviamente per la comparsa degli altri segni classici della depressione (umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno; marcata diminuzione di interesse o piacere per gran parte delle attività, per la maggior parte del giorno; sentimenti di autosvalutazione oppure sentimenti eccessivi o inappropriati di colpa; diminuzione della capacità di riflettere, concentrarsi e decidere strategie operative:;ricorrenti pensieri di morte, possibili ideazioni suicide; etc.).

Se la prevenzione primaria si basa soprattutto sull’informazione corretta, per quanto riguarda la prevenzione secondaria esistono strategie mirate a seguire le donne che appaiono a maggior rischio. Stando a quanto si fa all’Ospedale Niguarda di Milano, ad esempio, alle donne che si presentano oppure vengono inviate in quanto a maggior rischio si offre un pacchetto di colloqui e sostegni di Counseling psicologico per favorire un migliore stato d’animo.

Ovviamente, quando si arriva al quadro clinico conclamato, occorre pensare ad una terapia appropriata: spesso si ricorre ad un approccio combinato, che associa psicoterapia e farmaci per circa tre mesi di trattamento.

Ma chiariamoci un attimo le idee su questa particolare sofferenza che potrebbe manifestarsi, dopo il parto...

E’ innegabile che una mamma, dopo lo stress legato alla nascita del figlio, resti scombussolata (per il "prima" dell’evento, nel "durante" l’evento, in tutto quello che resta per il "dopo" l’evento). D’altronde, per ogni evento nuovo noi notiamo dei cambiamenti che ci creano confusione interiore: basta cambiare casa, cambiare lavoro, cambiare città.

E quando ti si "presenta tuo figlio? Un nuovo figlio? Di sicuro, cominci a sentire tante responsabilità... cosa farai? Ti sentirai frastornata! Poi aggiungiamo lo stress di tipo ormonale, perchè si cambia assetto anche da quel punto di vista...

E allora, sarà una depressione post partum o sarà uno scombussolamento post partum, che si può affrontare nel migliore dei modi e, poi, alla fine di tutto questo sistema, ritrovarsi migliori?

Quando nascono i problemi, soprattutto per la neomamma?

Dal momento in cui questa donna, che durante la gravidanza ha avuto comunque un ruolo indispensabile, che è stata al centro dell’attenzione, che è stata protetta, è stata accudita (almeno così ci si augura), dal medico, dal proprio partner, dai propri genitori dal mondo circostante... dopo che il bambino viene al mondo cosa può osservare e capire?

Può darsi che finisca col perdere un po’ di quel ruolo di prevalenza che aveva prima. Ovviamente, se ci si è preparati adeguatamente, quel ruolo rimane, anzi viene amplificato, perchè si lavora, poi, in tre: il papà, la mamma e il bambino. In determinate circostanze il papà può non esserci e ci si augura che verrà surrogato da qualcuno che darà una mano per supplire nel migliore dei modi.

Errori da evitare...

Pretendere di essere pronti ad affrontare questa nuova realtà, fatta di una nuova presenza che trasforma il sistema e la sua organizzazione. Inutile attendersi la piena efficienza "a tutto tondo", nell’accudire il bambino e, contestualmente, riprendere a sbrigare tutte le faccende di casa e ritornare a lavoro. Tutto questo spaventa, tutto questo stressa, tutto questo può abbattere.

Se si è pronti ad accettare l’idea che eventi importanti come la nascita di un figlio cambia il proprio modo di essere e di relazionarsi con se stessi e con gli altri, realisticamente (e umilmente) ci si metterà in condizione di imparare a diventare, finalmente genitore e ci si affrancherà dal ruolo di figlio impaurito.

Per godersi, finalmente e pienamente, l’avventura miracolosa della vita.

 

Fonti

  • www.edott.it

 

Giorgio Marchese - Medico Psicoterapeuta / Counselor - Presidente Neverland (Scarl - No Profit - ONLUS)

 

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