“In
vacanza, per ritrovare se stessi!”.
Questo
è lo slogan dello psicologo della Terme Luigiane (site nel
comune di Acquappesa, centro marino della provincia di Cosenza).
Ed
è quello che, da qualche anno, cerco di ottenere,
immaginandomi bambino, accompagnato da mia madre, di fronte alle cure
inalatorie o leggendo un buon libro, nella stanza dell’Humage (stanza
carica di zolfo vaporizzato, utilissima contro la mia rinite
allergica).
Questo
recupero emotivo indispensabile, visto il lavoro che svolgo, è
stato bruscamente interrotto (precisamente, sabato mattina 22 Agosto
2015) nel momento in cui, un’operatrice mi ha comunicato, con un
imbarazzo malcelato, che il mio abbigliamento non era consono al
decoro dell’ambiente, datosi che non ci trovavamo in spiaggia...
Premesso
che indossavo (come da anni, peraltro, senza aver ricevuto mai
commenti in merito) una t shirt tecnica da runner (indispensabile per
favorire la dispersione della sudorazione indotta dall’ambiente
termale caldo umido) dopo un’iniziale perplessità, per nulla
disposto ad alimentare polemiche circa l’assurdità della sua
considerazione nei miei riguardi (considerata l’assenza di qualsiasi
cartello riportante disposizioni in merito e la necessità di
prevenire malanni esponendosi al vento dei loro ventilatori con
vestiti meno “performanti” dei miei, zuppi di sudore!),
le ho chiesto di essere aiutato a cercare una soluzione come, ad
esempio, acquistare un accappatoio bianco, di quelli dati in
dotazione agli ospiti dell’albergo annesso alla struttura termale e
della medesima proprietà.
Cari
lettori, quello che è successo da quel momento in avanti, fa
la differenza fra una gradevole brezza davanti ad panorama mozzafiato
ed un improvviso (quanto sgradito) temporale che ti spegne il
barbecue su cui già pregustavi prelibatezze atte a saziare
anche i palati vegetariani o vegani (spaziando, quindi, dalle
costolette di maiale, al seitan con contorno di verdure grigliate).
La
sensazione di essere considerato un peso o una sgradevole pratica da
archiviare prima possibile, ha fatto il paio con la percezione di
essere un invisibile agli occhi di coloro che, invece, dovrebbero
raccogliere le tue richieste, perchè parte del proprio
compito...
Ora,
a parte il fatto che non voglio trasformare il mio dialogo con voi in
uno sfogo su vicende personali, vorrei domandarvi, però:
Quanti
di voi, di fronte ad interlocutori “istituzionali”, non
hanno avuto l’impressione di parlare a vuoto, rimbalzando (nella
migliore delle ipotesi) contro muri di gomma?
Ecco
che, quindi, l’episodio
occorsomi (che ha comportato una formale protesta scritta ai
competenti uffici direttivi delle Terme) mi dato la possibilità
di riflettere su quanta permalosità (residuo ancestrale del
“Lei
non sa chi sono io!”)
mi avesse potuto indurre a non metabolizzare la frustrazione...
La
meditazione, in fondo, non è che un diario scritto da un uomo
che dà udienza ai propri ricordi...
“E’
difficile rimanere Imperatore in presenza di un medico... difficile,
anche, conservare la propria essenza umana: l’occhio del medico,
infatti, non vede in me, che un aggregato di umori, povero amalgama
di linfa e di sangue. E, per la prima volta, stamane, mi è
venuto in mente che il mio corpo, compagno fedele, amico sicuro e a
me noto più dell’Anima, è solo un mostro subdolo che
finirà per divorare il padrone...” (Memorie di Adriano
– Marguerite Yourcenar).
Orbene...
Non
esiste medico più asettico e “implacabile” della
propria coscienza, che diventa lo specchio in cui, osservandoti, non
puoi mentire su ciò che vedi: “O’ guardanfaccia
scustumato” (Lo scostumato, colui che guardandoti in faccia,
dice sempre la verità rendendosi, a volte, finanche
sgradevole), come lo definì Eduardo de Filippo ne “Il
Sindaco del Rione Sanità”.
In
conclusione...
Ritengo,
cari
Lettori,
che arriva un momento in cui, stabilisci che non puoi sempre evitare
il confronto per recuperare la dimensione di Essere Umano,
innanzitutto e, quindi, di Cittadino capace e disponibile di
integrarsi in un democratico consesso: pari fra pari, insomma.
Utopia?
Certo
è che ribolle un po’ il sangue, quando leggi di uno studio
americano pubblicato su Annals
of Internal Medicine in
cui si spiega che i rumori ospedalieri interferiscono con il processo
di guarigione dei pazienti e che una buona qualità di sonno
aiuta a stare meglio...
Ecco,
nei nostri ospedali gli infermieri (eseguendo un preciso protocollo)
svegliano i pazienti alle sei, di routine, per la misurazione della
pressione e della febbre. Riaddormentarsi, dopo, non è affatto
facile (e parlo da paziente che, nel 2004, ha effettuato un “tour”
ospedaliero in vari e famosi nosocomi nazionali, durato sei mesi).
E
finisce che rimani sveglio, senza avere null’altro da fare, se
non il malato!
Sempre
negli Stati Uniti, a tal proposito, alcuni ospedali hanno stabilito
un "quiet time", in cui recuperare dallo stress e darsi,
quindi, una chance in più, per il processo di guarigione.
Notizie come questa, fanno venire in mente quello a cui siamo
sottoposti, quotidianamente e che ci mette nelle condizioni di
sentirci né più né meno, della carne da macello:
vessazioni, oppressioni fiscali e morali, malcostume e malgoverno,
assenza di diritti, mancanza di educazione e di sensibilità,
avvelenamento di quello che respiriamo, beviamo o mangiamo solo
perché qualcuno trova conveniente smaltire le scorie
industriali senza le corrette procedure e qualcun altro ritiene
divertente incendiare i boschi!
"È
così grande la malvagità del mondo, che devi consumarti
le gambe a forza di correre, per evitare che te le freghino"(Bertol
Brecht).
Non
so voi ma, io, sono arrivato alla conclusione che la considerazione
che si ha del cittadino è quella in base a cui, o siamo
produttivi, per poter essere spremuti (all’occorrenza), o siamo
un peso... ed è meglio che moriamo per non essere un costo
(vista la spending review).
“L’essenziale
di una buona Aristocrazia è che essa non si avverta come
funzione (sia della regalità che della comunità), bensì
come senso e come suprema giustificazione di queste; è
necessario che accolga, perciò, con tranquilla coscienza, il
sacrificio di innumerevoli esseri umani che, per amor suo, devono
essere spinti in basso e diminuiti fino a divenire uomini incompleti,
schiavi, strumenti... la Società non può esistere per
amore della Società ma come impalcatura su cui, una specie
prescelta di individui, è in grado di innalzarsi al suo
compito superiore e, soprattutto, a un essere superiore, a
somiglianza di quelle piante rampicanti che avvinghiano tenacemente
una quercia così a lungo da riuscire a dischiudere (alta su di
essa anche se su di essa appoggiata) la loro corolla e a mettere,
così, in mostra, la loro felicità” (Friedrich
Nietzsche – Al di là del bene e del male).
Ecco...
è
da affermazioni come queste che
l’Umanità ha trovato giustificazione nel dividersi in chi
domina e chi è dominato...
tanto
più che, se osserviamo un campo di margherite (quel tenero
fiorellino che alcuni sfogliano nell’arcaico rituale del “m’ama
o non m’ama”...) scopriremo che, queste ultime, come dei killer
o dei capoparanza che scalzano dal terreno, le velleità di
qualsiasi altro rappresentante del mondo vegetale di pari livello...
Però...
C’è
qualcosa da chiarire in merito a questi punti. Innanzitutto,
in Natura, non vince il più forte ma chi si adatta meglio alle
difficoltà ambientali e, comunque, la competizione riguarda
l’appagamento di bisogni che consentono la reale sopravvivenza e non,
certo, la rincorsa a trastulli per baloccarsi nel sentirsi superiori
(in base a cosa, poi?) rispetto agli altri.
Ognuno
di noi è, rispetto agli altri, contestualmente, uguale (perchè
costituito della stessa energia di base come, ad esempio, quark,
elettroni, neutrini, etc.), simile (di fronte alla necessità
di appagare i bisogni fondamentali) e diverso (sul piano delle idee,
delle emozioni e di tutto quello che consegue dal personale percorso
esistenziale). La vera differenza la fa l’utilizzo della capacità
potenziali, in base all’apprendimento e alla cooperazione, che genera
“crescita e condivisione”. Infatti, il rampicante non
potrebbe “giungere
a riveder le stelle” senza
il sostegno che funge da spina dorsale, le margherite non
riuscirebbero a colonizzare alcunchè se, prima, altri
vegetali, non avessero (con la loro presenza) concimato, a dovere, il
terreno.
“Il
sonno... la Divinità di queso grande donatore di ristoro,
consiste nell’operare i suoi benefici su chi dorme, senza tener conto
della sua persona, come l’acque ricca di poteri terapeutici,non si dà
alcuna pena di sapere chi beve alla sorgente” (Memorie di
Adriano
– Marguerite Yourcenar)
E
noi, umani?
Senza
la disponibilità alla condivisione di chi è arrivato
prima o più avanti di noi, probabilmente dovremmo ripartire da
prima della scoperta della ruota!
“Ho
visto più lontano degli altri, perchè ero un nano,
sulle spalle di giganti! (cit.)”
Qualche
tempo fa, una giovane trentenne, mi ha espresso la sua frustrazione
circa la consapevolizzazione che, la propria generazione, non avesse
più alcuna speranza di realizzarsi in un lavoro e non potesse,
di conseguenza, garantire alcunché ai propri figli (per chi
avesse il coraggio di averne, ovviamente, a queste condizioni).
Questo
ragionamento, purtroppo, è crudo e corretto.
Uno
studioso dell’animo umano ha avuto modo di riflettere non solo sulla
difficoltà di amare il nostro prossimo come noi stessi ma,
soprattutto, sulla quasi impossibilità di amare il nostro
prossimo come... “prossimo nostro”!
Ebbene,
io mi sento di rispondere, a tutti coloro i quali non vedono
prospettive che, moltissimo (se non tutto), dipende dalle scelte
operate in ambito di programmazione. In una Società matura,
molti dei piani di occupazionali e didattici offerti, diventano
un’occasione per contribuire all’evoluzione collettiva.
Nel mare in cui ritroviamo a nuotare, a pochi interessa migliorarsi
(e molti di meno si applicheranno per provarci) e qualcuno è
incuriosito dalla "manutenzione programmata" o
"preventiva".
E
il resto?
Ricorre
alle riparazioni, quando il danno si appalesato. Ed è per
questo che gli studi medici, sono sempre affollati.
Il
mondo che abbiamo creato è il prodotto del nostro pensiero. E
dunque non può cambiare, se prima non modifichiamo il nostro
modo di pensare.( A. Einstein)
Ho
parlato, in altri scritti, dell’epopea del salmone.
In pratica, questo pesce, dai fiumi scende fino al mare per diventare
forte abbastanza per risalire nuovamente i fiumi, in un lungo e
faticoso viaggio controcorrente, per andare a deporre le uova in
acque fredde e basse, in mezzo ad una ghiaia ben ossigenata. Al
termine di ciò, esaurito il suo compito ed essere scampato ad
aggressioni di vario genere (pescatori, orsi bruni, ostacoli naturali
di ogni tipo, etc.) si avvia a morire.
Questo,
nonostante le apparenze, è legato ad un programma che va oltre
l’interesse del singolo, pur considerando quest’ultimo,
di primaria importanza. Il salmone, infatti, serve da nutrimento per
la "catena" che incontra sulla propria strada, da elemento
riproduttore (indispensabile per il mantenimento della specie) e da
fertilizzante, durante la decomposizione (perché porta
elementi fondamentali, acquisiti in mare, che garantiscono il
proliferare di specie vegetali che si trovano lungo le acque di
fiumi, povere di azoto, fosforo, etc.).
E
anche per noi, in fondo, dovrebbe essere così.
Ognuno
di noi, infatti, cammina verso un progetto specifico (molte volte
condizionato da interventi esterni) che lo porta a recitare sul
palcoscenico della vita in maniera da crescere, lavorare, avere dei
figli, aiutarli a diventare adulti, a cercare un lavoro e quindi...
la storia si ripete di generazione in generazione.
Il
nostro problema nasce nel momento in cui, a differenza di altre
specie animali, siamo in grado di porci la domanda: "Che
senso ha, quello che sto facendo, mentre lo sto facendo?"
Soprattutto
in periodi difficile come quello contemporaneo, la risposta non è
facile da trovare. E allora sarà per questo che, mentre tanti
si mettono in fila alla ricerca di una qualche possibilità
lavorativa, tanti altri si incolonnano (dall’alba) davanti agli
Apple
Store,
per garantirsi l’ultimo modello di"I
Phone".
Tra l’altro, ai prezzi più alti che nel resto d’Europa.
In
fondo, non c’è niente di strano: se qualcuno, nel
passato, ha barattato il Paradiso per una mela, non è
difficile rinunciare a questo Inferno, per poter giocare con un
Apple... magari in uno stabilimento termale, adeguatamente
acconciato, per non turbare il decoro e il comune senso del pudore!
Dio
ha dato molto all’uomo; ma l’uomo, finalmente, vorrebbe
qualcosa dall’uomo (A. Porchia)
Giorgio
Marchese- Medico
Psicoterapeuta, Counselor, Direttore La Strad@
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