...un raglio che ti penetra sottopelle, ti grida dentro le ossa, fino a farti impazzire per non ascoltarlo più. La gente discute delle ferite, delle lacerazioni, della morte inaccettabile, a me tornano in mente le parole scritte dal mio amico Erri: "La vergogna del sangue, vergogna che paralizza più dell’ira".
Troppo facile risolvere e concludere la tragedia con una sentenza, con un’altra condanna del colpevole, troppo semplice e scontato l’epitaffio.
Mi viene più fisico e dunque meno caritatevole il disagio per quella vergogna che dovrebbe assalire; "intero il corpo e la mente, per tanto sangue offeso e umiliato. Vergogna del dolore e vergogna del sangue ".
Quando la vergogna entra nelle case disabitate dal cuore, non c’è più giustificazione né risposta che possa bastare.
Se c’è vergogna che bussa alla tua porta, non è miracolo di qualche seduta di psicoanalisi, piuttosto è capolinea, è ultima stazione concessa alla cecità dell’esser contro sempre e comunque. E’ ghigliottina per ogni colpevole accettazione di un folklore metropolitano che genera cultura dei totem e del branco.
Quando le nocche delle dita sono sbucciate, e nelle orecchie stride il rumore dei denti spezzati, è davvero il momento di mettersi lo zaino in spalla, cacciandovi dentro le armi di offesa e di difesa della propria ottusità e delle proprie miserie, in codici d’onore presi a calci dalla storia.
Adesso c’è chi piange, chi colpevolmente volge le spalle da un’altra parte, chi tenta inutilmente di esorcizzare il male con qualche parentesi a effetto, senza però denunciare le morti per difetto.
Quando un giovane si schianta nella propria disumanità, c’è la torsione delle emozioni, c’è soprattutto a farla da padrone la rampa di lancio dell’innamoramento del "sono tosto", forse c’è pure lo spinello, quello deposto come un fiore, e l’altro da fumare, comunque droga sbagliata.
Violenza che diventa simbolo di un associazionismo diverso, ma assai ben conosciuto, dove il fumo e l’alcol che scendono ai polmoni si tramutano in propellente che lega a filo doppio i clan di bambini adulti.