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Il prezzo della diversità.
di Fernanda Annesi  ( fernanda_65@yahoo.it )

20 maggio 2017






Tutto ciò che non è uguale a noi, intimorisce.


Pensieri degli anni difficili.

I soliti discorsi: cosa e chi stabilisce la regola, quello che è "normale", quando si sfora nel diverso, fin dove è lecito?

Mi sembra di non aver più niente da dire! Brutta sensazione, non capisco se è perché ormai passivamente assecondo la rassegnazione, oppure veramente ho esaurito le idee ed i pensieri. Non posso crederci! È veramente tutto lì o c’è ancora qualcosa che non si è visto.

La paura di perdere il senso.

Facile osservare un comportamento e chiedersi da dove nasce e perché, sfiorare il fastidio che viene fuori dalla consapevolezza della non percezione e provare a creare la stimolazione affinchè ci si apra. Ecco, quest’ultima cosa non è proprio facile. Non è così lineare e semplice, non per tutti.

L’esternazione di un groviglio nel pensiero, anche se in maniera contorta ed esplicitata in modalità altamente complicata , và apprezzata e non rifiutata.

È proprio vero che l’altruismo non esiste. Qualsiasi azione è dettata dalla necessità di soddisfare un proprio bisogno. Ma non deve spaventare.

Sono impaurita quando mi scontro con il disagio dell’inadeguatezza.

La percezione dell’espressione del mio viso spesso mi costringe a dire tutta la verità, senza poterla nascondere, quando, invece, forse sarebbe necessario.

Ci riprovo? Oppure assecondo questo momento che vuole un po’ di silenzio, per poter meglio comprendersi e trovare una nuova dimensione.

Assaporo ogni istante nell’assenza dei rumori, mi sento ancora in corsa ma stanca, tanto da non voler più cominciare al mattino. Solo un po’ più di tempo per me stessa, escludendo ogni pensiero e contatto con l’esterno e nutrire finalmente il mio corpo e soprattutto l’anima.

Un anno difficile. Ripenso a quanto è stato e mi sorprendo della resistenza cui siamo dotati per sopravvivere agli imprevisti della vita. Quelli che non avevi proprio considerato e che arrivano all’improvviso, senza darti il tempo di comprendere a pieno quello che succede e che significato avranno nel percorso successivo.

Avranno un significato? Lo spero.

Non riesco a staccarmi dal contatto virtuale che mi lega con il mondo. Cosa cerco? Perché c’è una lacuna che riempie questo vuoto che porto dentro, che toglie il respiro bloccandolo a metà petto?

Prepotentemente l’ansia per quello che sta per succedere invade, occupando ogni spazio. La descrizione di uno stato d’animo non sempre avviene in maniera consapevole. Talvolta è solo un modo per sciogliere un nodo che dentro si è sistemato e vorrebbe dare sollievo. Sollievo, da un dolore che nasce non so da dove e perché e che trattiene quasi trascinando.

Mi ritrovo piena di lacrime da non poterle contenere. Senza rispetto per me stessa mi proietto in questa serata che si avvia alla notte dei ricordi, quelli non piacevoli, che andrebbero cancellati dalla memoria virtuale, che hanno solcato una fase, dando una definitiva svolta ad una strada appesantita dalle difficoltà e dai dispiaceri.

Forse è arrivato il momento di uscire un po’. Ritornare sui propri passi, cercando la condivisione solo con se stessi. Il rischio di cadere nei soliti errori diventa però troppo elevato e insostenibile in questa delicata fase della vita.

Vorrei non generare confusione, vorrei non alimentare il fastidio, vorrei fluidamente partecipare alla trasmissione senza stimolare troppo le domande, quelle insidiose. Che a volte non cercano risposte.

È vero si, per quanto armonioso possa essere quel trasferimento di emozioni in penna, poco lascia intendere. Non so fino a che punto è giusto portarlo fuori così. Ciò che può sembrare limpido e lineare e con un senso, potrebbe invece alimentare uno stato d’animo nebuloso e per nulla chiaro.

Cerco una strada, un po’ più semplice.

 

Fernanda (23 Agosto 2011)

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