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La cosa giusta.
di Fernanda Annesi  ( fernanda_65@yahoo.it )

30 marzo 2018






Quanto siamo liberi di scegliere?


Pensieri degli anni difficili.

Il giusto valore alle cose.

Mi piacerebbe imparare a donare il giusto valore alle cose e non perdermi. È vero che a volte bisogna rivestirsi e corazzarsi, mettere da parte qualsiasi cosa possa interferire e analizzare nelle scelte. Ma...

Mi avvicino, sfioro il confine intorno e guardo oltre.

Quest’oggi sono tanti i pensieri nella testa, non mi va di sistemarli. Ho deciso che li lascio andare senza imporgli risposte e motivazioni, solo libertà.

Quanto siamo liberi di scegliere?

Mi ribello all’anima. Non voglio più condividere il mio sentire, lo porto fuori in altro modo, rivestito di durezza e lascio intendere. Mi irrito ogni qualvolta le parole diventano solo strumenti, ogni volta che, accettando, salgo al volo, cavalco sulle onde della fantasia e poi mi ritrovo davanti il piacere ostacolato.

A bocca asciutta. Senza più sapore e gusto. Non stanca, solo molto infastidita.

Pochi mesi fa, veramente pochi. Mi ritrovo a correre nel lungo corridoio le cui mura sprizzano suggerimenti e idee da concretizzare. Lo percorro velocemente con in mente ed in mano l’entusiasmo e il gusto di vederlo realizzato. Oltrepasso, senza guardare, tutti gli ostacoli che si frappongono innanzi; fra le dita il foglio, due righe buttate giù velocemente, è tutto dentro. Mi fermo dinanzi l’obiettivo. Dentro di me un fiume in piena.

È da qualche tempo ormai che, inseguendo la spontaneità, mi mostro senza velature, per quello che sono. Stabilisco un contatto diretto fra l’esterno e l’interno di me stessa e vado avanti. La reazione? Molto simile. Corro il rischio di suscitare l’imbarazzo in chi mi sta di fronte; d’altro canto provo disagio quando lo avverto e, quando cerco di sistemare le cose, è ormai troppo tardi.

Ma non sarà che la richiesta è troppo elevata? Non sarà che l’entusiasmo che veste alcuni progetti è un po’ troppo da gestire? Tanto forse da spaventare.

A capo fitto. Mi è difficile riuscire a vivere in toni di grigio. Mi piace affondare nelle cose, smontarle nei particolari, osservarle a fondo dentro e... aspettare. Assorbire riflettendo e ridare il tutto indietro, questa volta colorato però e non in grigio. Il prezzo da pagare? Può essere che in questo smantellare e ricomporre un po’ si perde la forma originaria e se quello che si ripresenta appare ben lontano da ciò che era, si genera confusione. Chi si trova innanzi viene ad essere investito di parole, anche non dette, e, forse un po’ spaventato, fugge via.

La cosa giusta? Non ce l’ho, ma non vorrei nemmeno apporre una correzione a ciò che devia. Vivo la spontaneità nelle cose che mi affiancano, viaggio correndo a gambe alate anche quando la strada non è proprio senza buche, guardo in alto pur puntando lo sguardo sulla terra, e volo. Alla fine, molto spesso, avverto però sulla pelle il senso dello starsene da soli. E un po’ ci soffro.

Bello lasciare che l’attività legata al proprio umore si modelli in funzione della forza della Natura, seguendone i contorni ed i lineamenti.

Lo stato d’animo. Sono affascinata dalla linea all’orizzonte, dalla libertà che mi accompagna ogni volta decido è arrivato il momento di saltare, dall’assenza dei confini che altrimenti mi renderebbero troppo sicura di quello che mi appartiene. Facile, troppo facile guardare dall’interno della propria casa, dalla finestra che quel mattino si decide di aprire.

Assecondo il vuoto che riempie questo istante. Lo abbraccio pur avendone timore, senza cercare di materializzarlo. Avrà un significato, o forse no...

Salto. Allungo il passo e finalmente oltrepasso quel fossato che, fra me e la tranquillità, mi ha impedito di continuare il percorso che ho intrapreso tempo fa.

Una pioggia di stelle, in movimento, a circondare da ogni lato. Mi affascina, obbligandomi ad alzare lo sguardo e ad inseguire il luccichio. Inebriante, catturata dal senso dell’immensità che riporta il momento al giusto valore.

 

Fernanda (9 marzo 2011)

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