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Il potere della gentilezza.
di Giorgio Marchese  ( direttore@lastradaweb.it )

18 agosto 2009






Così delicata, così "importante"!


 

Riflessioni

Adesso cadiamo, spingendoci cosi. Tra poco andremo giù... però abbracciati, porgendoci cosi, spingendoci cosi da noi a noi. Coi baci mi spingi: a che mi afferro io? A te cadendo giù con te abbracciato porgendoti cosi, spingendoti cosi, lontano e non lontano da me. Ecco, hai bellissimi occhi chiusi. Ti confesso, è un burrone quel che provo nel cuore. Spingimi amore, solo un passo e si è mosso l’ultimissimo sasso. Spingimi amore, siamo sulle scogliere con l’abisso e col vento. Spingimi amore, giù dal ciglio stradale di una curva invernale, spingimi amore. Allora si cade... e vedo solo te intorno e su di me. Cosi, abbracciata, tanto stretta che, l’aria, più non è che guancia, collo e baci con te. Ecco, hai bellissimi, bellissimi occhi chiusi (Mike Francis)

Questo è un anno strano, pieno di contraddizioni, vuoto di approssimazioni: in pratica, gocce di memoria ma non lacrime nuove. Inestimabili, inafferrabili. Come le assenze che pesano, quelle di chi non c’è più e quelle di chi non ci cammina accanto per come vorremmo.

Dimmi come fare, per raggiungerti... adesso! (Giorgia)

Racconterò di me o inventerò qualcosa per vivere momenti che fuggono tra le dita, attraverso ricordi e intuizioni che resteranno, per sempre all’interno delle circonvoluzioni che costituiscono quel miracolo chiamato corteccia cerebrale?

I diari sono documenti segreti, scritti per diventare pubblici. Nella maggior parte dei casi sono, nelle intenzioni dell’autore, la sua ultima opera, quella che gli permetterà, ancora una volta, di prendere la parola dopo la morte e di costringere gli altri ad ascoltare. Nella quotidiana dialettica della sua vita con tutti coloro che lo hanno contraddetto, combattuto, male amato e non hanno cessato di alzare ostacoli sulla sua strada. Un diario è l’ultimo argomento, quello che chiude definitivamente a suo vantaggio la discussione con il mondo. È, anche, un atto di fede. Non verrebbe scritto se l’autore non credesse in un "al di là", sia pure laico e, in un "giorno del giudizio" nel quale la giuria sarà composta da suoi pari. Lo scrittore di diari che si professa insensibile al concetto di eternità è, certamente, un bugiardo. (Sergio Romano)

Come sempre, nei momenti difficili, mi ritrovo con lo sguardo puntato su una "finestra", uno schermo attraverso cui poter viaggiare nella "rete" o sul quale comporre sinfonie lessicali, per provare a mettere il palio ad una malinconia che non si sa spiegare ma che ti avvolge come quando viaggi fino in fondo, nella notte senza guardarvi, pienamente, dentro.

La vita non è che un’ombra che cammina, un povero attore che si agita e si pavoneggia per un’ora sul palcoscenico e poi non si sente più; è una storia raccontata da un idiota, piena di suono e di furia che, se non ti impegni a capirla, non significa nulla (William Shakespeare)

 

I conti con me stesso. Accade, prima o poi viene il momento in cui non puoi più fuggire, in cui devi parlarti e darti una serie di spiegazioni. Non esiste deroga. Ma se, questa volta, scegliessi una strada diversa? Se, piuttosto che una resa dei conti, provassi a propormi un "quadro" gentile? L’ultima volta che ci ho provato, non ricordo se c’era la luna, né che occhi avevo, nello specchio dell’anima. Ricordo, però, un certo sapore in gola e l’odore del mare come uno schiaffo. Qualcuno ha scritto che tutto passa, il resto va. Però, andarsene è un peccato se, prima, non hai chiuso i conti col passato. E tutto assume un valore diverso, come i capelli, che cambiano nel colore e nella forma, cambiando l’aspetto di una stessa persona.

Se un mattino tu verrai fino in cima alle montagne, troverai una stella alpina che è fiorita sul mio sangue. Per segnarla c’è una croce, chi l’ha messa non lo so. Ma è lassù che dormo in pace e per sempre dormirò. Tu raccogli quella stella che sa tutto del tuo amore, sarai l’unica a vederla e a nasconderla sul cuore. Quando a sera sarai sola, non piangere perchè, nel ricordo, vedrai ancora tu e la stella insieme a me (F. de Gregori)

In un mondo così, apparentemente, cattivo, può avere senso e spazio la gentilezza?

Il termine gentile, deriva dal latino "gentilem" e significa, letteralmente "che appartiene alla stessa gente". Siccome gli antichi romani identificavano con "gente", i nobili cittadini, ecco che il vocabolo, nel tempo ha assunto il significato di accorto, delicato, sensibile, rispettoso.

Un amico, padre di un amico, che amo chiamare ’on Peppino (senza la d, alla napoletana), un letterato di altri tempi che, solo a parlargli, ti viene voglia di studiare, mi ha descritto Orazio Flacco e mi ha spiegato che, questo poeta latino, maestro di eleganza stilistica e dotato di delicata ironia, seppe affrontare le vicissitudini politiche e civili del suo tempo da saggio amando, al tempo stesso, i piaceri della vita, dettando quelli che per molti sono ancora i canoni dell’ars vivendi. Una volta, nell’abbracciarmi, in un tenero commiato, mi ha ricordato che l’illustre "antenato" soleva consolare gli afflitti in questo modo: "Fra speranza e affanni, fra timori e rabbia, immagina che l’alba di ogni giorno sia l’ultima per te. Le ore che seguiranno e non speravi più, saranno tutte un incanto".

Non è che, per caso, essere buoni, significa anche essere degli sprovveduti?

Volete sapere qual è la cosa di cui vado più fiero? Del potere ho mostrato le mutande, nel senso che i politici hanno dovuto spogliarsi di fronte all’occhio spietato della telecamera e far vedere anche i loro affari più nascosti e, a volte, più sporchi. Il paradosso è che la parola "mutanda" in latino significa "quelle cose che devono essere cambiate" per ovvi motivi. Ma loro, i politici, in sessant’anni di partitocrazia le mutande non se le sono mai cambiate. Io, invece, nel camerino, li ricevevo spesso in mutande per mostrargli che erano linde e fresche di bucato (Gianfranco Funari)

In questi giorni ho deciso che era arrivato il momento di inebriarmi di quell’odore di carta stampata che solo una libreria ti sa donare. Per cui, gli acquisti ON LINE in real time hanno ceduto il posto ad una tranquilla passeggiata al di qua delle vetrine del tempio del sapere. Ho incrociato, fra migliaia di libri una copertina accattivante, "Il potere in mutande" libro postumo di un giornalaio d’élite, quel nazional popolare di Gianfranco Funari. Non ho resistito alla tentazione di capire i motivi della sua rabbia a tutto tondo e ho cominciato a divorare pagine su pagine arrivando alla conclusione che, spesso, i pregiudizi intossicano le valutazioni.

Quando mi chiedono come stai? Fuori posto! Presi l’ultimo tram del ciclo mestruale di mia madre, dopo di me ci fu la menopausa. Sono convinto che mia madre non mi volesse perché, da fervente antifascista era una perseguitata. Credo che questo le abbia impedito di manifestare il mio affetto verso di me. Eppoi... voleva una femmina! (Gianfranco Funari)

Un’implicita dichiarazione d’amore verso un mondo ostile, che nonostante tutto, ha voluto difendere da malversazioni di ogni genere, nascondendosi dietro la maschera del burbero bonario.

Al risveglio dall’anestesia, con uno sguardo lunghissimo, ci siamo promessi che non ci saremmo più lasciati. Dopo la sua convalescenza, accadde in autostrada. A bruciapelo le chiesi: "Se mi ami, lascia tutto e sposami". "Guarda che se lo faccio, starò con te sempre sempre". E con una mano mi accarezzò il cuore, un gesto che non ho dimenticato mai più. Io le risposi: Si, caro amore mio, starò con te sempre sempre!" (Gianfranco Funari)

Prendersi cura di una risorsa rara, significa costruire il futuro dell’energia e, in definitiva, del genere umano (Gianni Agnelli).

La mia mente torna, per un attimo al 2 Agosto 2003. Un messaggio nel mio server di posta elettronica. Una freccia scoccata con la precisione di un arciere che sa cosa colpire, quando e perché. Così conosco Vincenzo Andraous, nato a Catania nell’ottobre del 1954, una figlia, Yelenia che definisce la sua rivincita più grande, detenuto nel carcere di Pavia, sposato con Cristina, ristretto da oltre trent’anni e condannato all’ergastolo. "FINE PENA MAI". Non avrei mai immaginato che una simile sequenza di lettere avrebbe generato in me un senso di angoscia legato alla consapevolezza di un’impossibile via d’uscita. Un evento contro cui è inutile lottare. Troppo, per chi non è abituato ad arrendersi. Nemmeno all’evidenza.

Comincio a leggere alcuni dei suoi libri, autentici pezzi d’arte nel panorama della saggistica sul carcere e la devianza. "Autobiografia di un assassino: dal buio alla rinascita". Forte, come un pugno nello stomaco. Amaro, come le lacrime di chi soffre con dignità. Dolce, come la speranza di chi sa che può rappresentare un simbolo di riscatto per intere generazioni di sbandati: dannati come chi vaga nelle tenebre della propria coscienza ma, al tempo stesso, "teneri come grissini al primo imbocco".

È sempre il più furbo che, alla fine della corsa, pagherà per tutti invecchiando "dentro", come il pezzo di carcere che lo ha sepolto...

Riflessioni a proposito di Marco, falco dagli occhi lucidi. " Voglio essere tuo amico, Vince. Mi piace quando mi racconti le tue cadute e sono contento che ora sei cambiato, ma io non posso cambiare, perché sono fatto così". Marco che teme il domani. Che cerca nella tua mano un segno di accettazione, nei tuoi occhi, un cenno di benevolenza. ’’Quando ritorni Vince? Ho bisogno di te!"

Capisco che non è uno scrittore, Vincenzo, né un poeta. È "solo" uno che ha qualcosa da comunicare, senza alcuna presunzione di insegnare nulla a nessuno, o salvare alcuno dal proprio destino. Il suo essere diventato qualcuno da osservare, nel corso dei tanti giorni con "il sole a spicchi" per capire che si può diventare diversi e, addirittura, migliori dei tanti che stanno "fuori" ma, al tempo stesso, chiusi "dentro" i propri egoismi. È una persona che disegna con le parole ciò che sente, senza perifrasi o falsi moralismi. Ha imparato a scrivere leggendosi "dentro" e lascia impronte che inducono ad ascoltare le note del cuore. Inizia, così, una collaborazione tecnica che dura fino ad oggi e che mi ha portato a concludere che là, dove sovente muore la civiltà, dove il popolo delle galere non ha più generazioni da consegnare alla storia... c’è lui, per non sentirti un numero, né un oggetto ingombrante ma un uomo da aiutare per diventare a tua volta, un perno su cui far girare tanti altri in difficoltà. È lui, col suo modo di trasmettere chi era e cosa è diventato, ad insegnarmi ogni volta che leggo i suoi pensieri, che il destino, a certe condizioni, disegna la propria trama, ai bordi delle vie maestre, dove si "interpreta" la vita alla stregua di un rettilineo privo di uscite di emergenza, dove l’inciampo è a un tiro di schioppo, dove non è possibile gridare: "Ehi regista, sono stanco, fammi uscire dalla storia! "

Sincerità, perdono, calore, fiducia, pazienza, generosità: come si impara ad essere migliori?

19 Luglio 2009. Domenica. Me ne vado per i monti della Sila in compagnia della mia famiglia. Giungo a Lorica in cerca di qualcuno in grado di spiegarmi cosa visitare e perché, dal momento che sono tanto ignorante delle cose di casa mia. Vorrei che mi si spiegasse in che modo riconoscere l’aria che hanno respirato i grandi pensatori che ci hanno preceduto, così da entrare in sintonia in una sorta di respiro cosmico. Molto pessimista, mi dirigo alla volta della "Proloco". E qui accade quello che non ti aspetti...

Gaudeamus igitur

Un signore, affabile nei modi, dolorante per degli "impegnativi" problemi organici, mi invita all’interno di una costruzione antica, la sede di una delle prime organizzazioni in grado di accogliere i nobili di spirito, discendenti dei numerosi viaggiatori italiani ma soprattutto stranieri (Norman Douglas, per citarne uno) che si sono spinti alla scoperta del sud e della Calabria in particolare.

Man mano che ascolto la voce di chi gode nell’instillare infusi di cultura e amore per il gusto di sapere, osservo che la figura di chi mi sta di fronte, gradualmente ma incessantemente, aumenta di grandezza e di spessore. L’uomo che dignitosamente trascinava il limite dei suoi problemi fisici, giganteggia e riempie una scena che fa rivivere il meglio della cultura meridionalistica (dagli antichi greci in poi). Antonio Rizzuti. Un sentire spontaneo e sincero verso l’amore: "Ricorda Giorgio, amare non è peccato; peccato è non sapersi amare!"

Il tempo assume una dimensione diversa, si dilata e, al tempo stesso si contrae. È come se rallentasse in una suggestiva "curvatura" cosmica all’interno della quale viaggiare nelle varie epoche storiche, rapiti da un film entusiasmante...

Ad una donna

Tu che sei il cerchio della magica vita, che avvolgi la notte costellata di stelle. Tu, che sei il ritmo che batte una danza leggiadra con gli occhi socchiusi. Tu, che sei quella vetta sospesa nel vuoto che domina il blu e contempla l’azzurro. Tu, che sei quel mare che fluttua parole d’argento su cui scivolano i tuoi capelli ribelli. Tu, che sei la via maestra che attraversa gli aspri sentieri per deserti di ghiaccio. Tu, che hai uno sguardo profondo con i riflessi dell’alba e di gocce cadenti, che piangono di gioia. Tu, che sei il risveglio del dolce e profondo sorriso che illumina il mondo. Tu che sei tutto questo, grazie di esistere. (Antonio Rizzuto).

Nato il 1940, ha conseguito la laurea in scienze Politiche all’università di Palermo. È socio fondatore di diversi Istituti di carattere politico culturale e turistico. È socio corrispondente dell’Accademia Cosentina. Tra l’altro, è titolare di una casa editrice (la Legenda) ubicata nel centro storico cosentino e frequentata da molti viaggiatori stranieri. È stato consulente per il "Forum dei cittadini disabili".

Dopo porzioni di vita che sono sembrate brevi come i frattali che studiano i fisici, ci salutiamo, col piacere di aver scambiato punti di vista, col dispiacere di doverci lasciare. "Che bella famiglia che hai, Giorgio. Complimenti!"

Prima di incontrarci mi tornava in mente l’aforisma di Voltaire, in base al quale, la più coraggiosa decisione che prendi ogni giorno è di essere di buon umore. Me ne esco, convinto del fatto che "La fragranza rimane sempre nella mano di chi porge la rosa" ( Gandhi) e che, in fondo, "Ciascuno è maestro di se stesso e solo dentro di sé trova la ragione delle cose (Epicuro).

Oggi non ho fogli da far cadere nel torrente che porta fino al mare. Forse, alla fine di questo libro, non c’è una vera e propria spiegazione. Non riesco a guardare il tempo, quello che passa e ti sorpassa. Penso che domani sarà tempo di cose nuove, forse. Forse ogni tanto è bene andare senza sapere esattamente dove. E, quando, alle proprie spalle, il giorno si consuma e il crepuscolo ti avvolge come un mantello protettivo, prova a chiederti se hai paura. Forse solo un po’ di tristezza. Ma nemmeno tanto.

Senza moralità civile le comunità periscono; senza moralità privata la loro sopravvivenza è priva di valore (Bertrand Russell)

 

 

Cosenza (Ma avrei voluto essere altrove) - 16.08.2009

 

G. M.

 

 

Si ringrazia Lina Gentile per la preziosa collaborazione nella stesura del dattiloscritto.

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