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Violenza domestica, un fenomeno in crescita.
di Maria Cipparrone  (  mariellacipparrone@libero.it )

4 maggio 2009


Dati allarmanti per i soprusi che si consumano nelle case in concomitanza all'approvazione del decreto-sicurezza in materia di violenza contro le donne.


 

Casa non più focolare domestico, ma luogo di violenze in cui si consumano abusi ed angherie non sempre denunciati. Questo è il dato preoccupante, risultato di un indagine svolta da alcune associazioni di consumatori che hanno intervistato più di 4000 persone, tra uomini e donne in tutto il territorio nazionale e che evidenzia un fenomeno, quello della violenza domestica, sempre più frequente e che, purtroppo non accenna a diminuire.

Lo scorso 22 aprile c’è stato, in Italia, da parte del Senato l’approvazione del decreto legge sulla sicurezza che prevede pene più severe per i colpevoli di violenza sessuale e poi di morte della stessa persona e, per gli autori delle molestie insistenti a scopo persecutorio o stalking.

Queste norme, secondo il ministro per le pari opportunità e secondo alcune presidenti di associazioni a tutela delle donne, pongono l’Italia tra le nazioni più avanzate in questo settore.

Sicuramente questo rassicura e consola e mostra l’interesse verso episodi di maltrattamenti, prepotenze e brutalità, ma non elimina il problema della violenza che si realizza in famiglia, dietro una porta che si chiude e lascia il mondo fuori, spesso ignaro di ciò che accade all’interno.

In Italia negli ultimi dodici mesi un cittadino su dieci è rimasto vittima di violenza tra le mura di casa. Il problema riguarda tutte le fasce sociali, culturali e religiose e non colpisce unicamente le donne né riguarda solo l’ambito della coppia.

Il teatro della violenza, secondo le statistiche, è principalmente la casa. In famiglia si subiscono più forme di violenza. Si passa da atti di violenza verbale e fisica, fino a quella sessuale. Il dramma è silenzioso perché è percepito nella coscienza collettiva come un fenomeno assolutamente privato, piuttosto che un problema pubblico. E questo purtroppo tiene lontane dalle famiglie le istituzioni e le forze dell’ordine.

Secondo l’Unicef, il 20-50% delle donne nel mondo ha subito almeno una forma di maltrattamento familiare durante la sua vita. Molto di rado gli abusi vengono denunciati, anche quando si protraggono per anni.

Secondo un’indagine del Consiglio d’Europa, per le donne tra i 16 e i 44 anni la violenza domestica è la più comune causa di morte in Europa. Più del cancro, più degli incidenti stradali. Ma non si tratta solo di una violenza di genere. Considerando anche la violenza fisica, le donne, pur essendo le principali vittime, non sono le uniche a subire maltrattamenti in casa: ci sono anche i figli e gli uomini. Questa inchiesta lo dimostra: la vita familiare è scenario di conflitti che spesso sfociano in forme di violenza che non risparmiano nessuno. Soprattutto sotto il profilo psicologico.

Ma cosa c’è alla base di queste contorte e disturbate dinamiche familiari e quali sono le modalità in cui si esplica la violenza?

Uno dei modi più comuni è l’esercizio di un controllo di tipo autoritario sull’altro partner, che può sfociare in violenza verbale (con ricatti e imposizioni), ma anche in violenza fisica e sessuale. In questo schema di relazioni possono essere coinvolti anche i figli, non solo come spettatori incolpevoli, ma anche come destinatari delle violenze.

A questo tipo di maltrattamenti fisici sono collegati soprusi meno visibili ma più preoccupanti, quelli psicologici, consistenti in una serie di denigrazioni, umiliazioni, minacce e strategie di isolamento, che limitano molto la vita della vittima. Spesso incapace di rendersi conto di subire tanto.

In alcuni casi, allo scenario degli abusi appena descritti si accompagna o può anche connotarsi come aspetto a sé stante, un tipo di violenza a sfondo economico. Una serie di atteggiamenti che limitano l’indipendenza economica (di solito della donna), piegandone la dignità. Si inizia a sottrarle lo stipendio, la si costringe a contrarre debiti, le si impone di lasciare il lavoro.

Il controllo economico è poco riconosciuto, anche perché ancora oggi è considerato normale che sia l’uomo a "mandare avanti la famiglia" con la differenza, rispetto al passato che, nei casi in cui si consente alla donna di continuare a lavorare, la famiglia viene mandata avanti mediante i soldi che le vengono sottratti.

Nell’ambito delle violenze, l’aggressione verbale è la più comune e diffusa. Al secondo posto o ex aequo si pone l’aggressione fisica, e in questo caso il 65% delle volte le vittime sono donne. I nostri connazionali risultano il popolo più burrascoso tra le mura di casa. Spesso è il partner (o l’ex) ad aggredire la vittima, qualche volta il padre e a seguire i figli, i fratelli e la stessa madre.

Il motivo apparente degli scontri sono quasi sempre divergenze di opinioni e su questioni familiari, ma la vera motivazione va cercata nelle problematiche individuali dei componenti della famiglia.

I problemi irrisolti di ognuno, lo scarso sviluppo della personalità, un non compiuto processo maturativo dal punto di vista psichico che dovrebbe accompagnare la crescita organica e lo stazionare, quindi, in quelli che si definiscono bisogni transitori o fasi di passaggio, tappe necessarie prima di concludere la crescita psicologica, possono manifestarsi attraverso esplosioni di rabbia che coinvolgono il coniuge o gli altri componenti familiari ed essere la spia di disturbi della personalità. I sintomi più diffusi sono l’ansia, l’angoscia, la depressione, etc.

Alle problematiche personali si aggiungono spesso o ne diventano una causa scatenante lo stress, i problemi economici, i problemi sul lavoro e le profonde differenze culturali, sociali e quindi caratteriali.

Un quinto degli italiani separati o divorziati lo ha fatto in seguito a episodi di violenza domestica.

La stragrande maggioranza delle vittime di violenze domestiche non chiede aiuto alle autorità. La tendenza a rimuovere l’episodio doloroso, che spezza il legame affettivo con un familiare, è molto forte. Solo il 4% dei casi viene denunciato alla Polizia. E invece non restare soli il primo passo per affrontare il trauma.

Denunciare un’esperienza umiliante e avvilente non è per nulla facile, spesso si ha il timore di non essere creduti, si prova anche un sentimento di vergogna e la paura di essere giudicati. In un caso su tre non si contatta la Polizia per "paura di peggiorare la situazione". Tra i motivi più frequenti c’è anche che " l’aggressore si è scusato", che "sarebbe stato inutile", o "per proteggere gli altri familiari".

La reticenza è un fenomeno diffuso: tra coloro che dichiarano di conoscere personalmente una vittima di abusi familiari, solo il 9% ne ha informato la Polizia.

Chi sperimenta la strada della denuncia, comunque, rimane molto poco soddisfatto del comportamento delle autorità e degli effetti della denuncia, segno che questo è un canale per il cittadino ancora molto da migliorare. Esistono associazioni di volontariato, a sostegno delle vittime di violenza, che tengono corsi di preparazione per le forze dell’ordine nel tentativo di migliorare la loro capacità di collaborazione con le vittime, ma evidentemente ancora non basta.

Vediamo ora cosa di nuovo accadrà con l’approvazione, da parte del senato del decreto legge sulla sicurezza che dovrebbe dare speranza e rassicurare le donne sull’esistenza di strumenti legislativi che consentono alle forze dell’ordine di intervenire e di arrestare gli autori di episodi di soprusi, prima non regolamentati e rientranti, come lo stalking, in altre ipotesi reato come le molestie.

Ma il problema è anche maschile, con, sicuramente, minor incidenza e diffusione.

La violenza domestica rivolta agli uomini è un fenomeno che non va sottovalutato, anche se in realtà se ne parla pochissimo.

Diversi, però, sembrano essere gli effetti tra uomo e donna. Se per molti degli intervistati i conflitti familiari riducono in modo incisivo la qualità della vita, con ricadute importanti anche sulla professionale, le donne denunciano però un innalzamento del livello di stress superiore e anche una maggiore perdita di autostima.

Uomo o donna che sia, per uscire dalla spirale della violenza familiare prima di tutto deve rendersi conto che quello che sta accadendo fra le mura domestiche non solo è un reato da cui si ha il diritto di essere difesi ma rappresenta un modo di vivere sicuramente non adeguato e lontano dal concetto di armonia e scambio di affetto basato sul rispetto di se stesso/a e dell’altro che deve invece caratterizzare i rapporti di coppia e in più in generale i rapporti familiari. Può essere fondamentale per acquisire questa consapevolezza, necessaria per uscire da meccanismi interiori lontani dall’instaurazione di rapporti corretti, oltre alla professionalità di un legale specializzato in queste materie, anche e soprattutto un supporto psicologico.

E’ utile sapere, a questo proposito, da un punto di vista giuridico che maltrattamenti, percosse, sequestro di persona, violenza sessuale, ingiuria e diffamazione, minacce, sottrazione della corrispondenza, interruzione di conversazioni telefoniche sono reati che rientrano nella legge contro la violenza nelle relazioni familiari (n. 154, 4 aprile 2001).

All’indagato, che abbia tenuto una condotta violenta nei confronti del coniuge o di altro convivente può essere imposto di lasciare immediatamente il domicilio e di non accedervi senza autorizzazione del Giudice.

Inoltre, con le nuove norme approvate ed a cui si è fatto cenno, in caso di violenza sessuale a cui segue l’omicidio della vittima è previsto l’ergastolo, per lo stalking, riconosciuto come reato, la pena prevista è la reclusione da 6 mesi a 4 anni.

Obbligatoria è la custodia cautelare in carcere se ci sono gravi indizi di colpevolezza per omicidio e alcuni reati sessuali come induzione alla prostituzione minorile, pornografia minorile, turismo sessuale, atti sessuali con minorenne, violenza sessuale di gruppo. Anche per la flagranza nei casi di violenza sessuale e violenza sessuale di gruppo è previsto l’arresto obbligatorio.

Quanto ai benefici penitenziari, per i condannati per delitti sessuali sarà più difficile ottenere lavoro esterno, permessi premio e misure alternative. Chi è accusato di stupro potrà avere gli arresti domiciliari, solo se il magistrato gli riconoscerà le attenuanti.

Le vittime di violenza sessuale potranno avere il patrocinio gratuito anche in deroga ai limiti di reddito già previsti.

Per quest’anno 150 milioni di euro andranno alle forze dell’ordine e 3 milioni al Fondo per le vittime di violenza sessuale. Sarà istituito un numero verde anti-stalking e i Comuni potranno usare sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici.

Maria Cipparrone

(avvocato-counselor)

 

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