Abbiamo notato, con sommo rammarico, il fatto che va sempre di più "prendendo piede" l’usanza di adoperare i pronomi singolari maschili "questi" e "quegli" non - come prescrive la norma grammaticale - in posizione nominativa, vale a dire come soggetti, sibbene come complementi. È un errore marchiano che in buona lingua non è ammissibile. Riteniamo superfluo aggiungere che la causa di questo "scempio linguistico" vada ricercata nel mondo della carta stampata e in certi ambienti "pseudoculturali" dove alcuni cosiddetti scrittori si vantano di fare la lingua.
No, amici, costoro non "fanno la lingua", la uccidono; sono dei "linguicidi" legalmente riconosciuti.
Questi e quegli - sarà bene ricordarlo - sono una variante dei pronomi singolari dimostrativi "questo" e "quello", usati, per lo più, in campo letterario: questi gli disse; quegli lo rimproverò. Mentre, però, "questo" e "quello" possono avere sia la funzione di soggetto sia quella dei vari complementi, "questi" e "quegli" possono essere adoperati solo ed esclusivamente (si perdoni la tautologia) in posizione di soggetto: questi (soggetto) è partito ieri per le vacanze; a questo (complemento) non piace il mare.
Errano, per tanto, quegli scrittori che per "snobismo linguistico" o per saccenteria (?) scrivono frasi del tipo: a questi piaceva passeggiare per i prati; a quegli era stato ritirato il passaporto. Come si può notare dagli esempi "questi" e "quegli" non sono soggetti ma complementi; il loro uso, quindi, è maledettamente errato. Lo stesso Dante, un "principe" degli scrittori, usa questi e quegli solo in posizione di soggetto: "Questi parea che contra me venesse". Perché contraddirlo?
di Fausto Raso