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Conflitti... e dintorni
di Giorgio Marchese  ( direttore@lastradaweb.it )

12 giugno 2004






Per saperne di più!


Nel suo ultimo articolo, ha definito i conflitti come stati di tensione prodotti dalla difficoltà di prendere una decisione. Poiché la vita, quotidianamente, è rappresentata da continue scelte, più o meno importanti, come si fa a convivere bene con questi stati di tensione?

La risposta non è difficile. Basta riuscire a capire quali sono le priorità rispetto alle situazioni che possono essere messe da parte perché rispondenti a dettami sociali di scarsissima utilità. Fatto questo, si saprà quali scelte operare, riuscendo a far calare la tensione ed i conflitti.

Lei mi ha spiegato, tante volte, che sono quasi infiniti i tipi di conflitto, ma è possibile stabilire quali conseguenze, dalle meno gravi a quelle più gravi, essi, possono determinare sulla mente e sul corpo?

Il conflitto rappresenta un’accelerazione metabolica psicofisica che determina stress. Come ogni forma di stress si manifesta attraverso tre fasi consequenziali: attivazione, resistenza, esaurimento. Questo andamento, comporta un dispendio incredibile di risorse con innesco di diversi focolai infiammatori che possono portare fenomeni difficili da diagnosticare (ad esempio febbre acuta) e da curare. Nei casi più gravi, si può arrivare a quadri di immunodepressione severa che possono simulare quadri di AIDS.

Ma l’AIDS, non dipende da virus?

Esistono prove documentali abbastanza accreditate in grado di dimostrare che i quadri di AIDS possono dipendere da uso di droghe, da trasfusioni ematiche ripetute e, soprattutto, da psicosomatosi severe.

Io, spesso, animata dalla voglia di migliorare, ho tentato di forzarmi nei cambiamenti, con conseguente sofferenza e sensazione di sgretolamento, che, grazie al suo aiuto, sono riuscita sempre a risolvere. Come ci si deve comportare praticamente per risolvere i conflitti psicologici, rispettando, però, l’esigenza di difendere la propria coesione?

È compito dell’analista metterla nella condizione di liberarsi, gradualmente, dei conflitti, disinnescando, con cautela, le mine che, altrimenti potrebbero deflagrare, rigurgitando cattivi ricordi.

Una persona con molti conflitti, che decide di risolverli, deve fare i conti con le difficoltà legate al cambiamento, ma, la conflittualità che vive, magari trasferita sul corpo, può produrle danni?

Se il lavoro viene effettuato durante un percorso analitico, non si creano problemi, perché si seguono delle tappe "guidate" e "protette".

Quando il meccanismo di incapsulamento dei conflitti diventa un’abitudine, cosa succede nell’essere umano, a medio e a lungo termine, visto che così viene bloccata l’energia necessaria per il generale funzionamento dell’organismo umano?

A lungo andare, si pongono le basi per una sindrome depressiva.

I conflitti dovuti a sensi di colpa mi sembrano quelli che provocano più sofferenza. Tuttora, in casi del genere, mi succede di comportarmi volutamente in maniera logica e di sentirmi, poi, in difetto, e, quindi, di pensare che forse avrei fatto meglio a sottostare al ricatto affettivo......Come ci si deve comportare per cambiare senza rischi di pentimento?

Le ho risposto prima. Bisogna stabilire, logicamente, qual è la posizione corretta e poi seguire la direzione corretta: qualunque persona che si opponesse, rappresenterebbe un pericolo per la nostra "integrità" globale... e di conseguenza, andrebbe allontanata.

Per realizzare i cambiamenti delle proprie idee scorrette, è sempre necessario l’aiuto dell’analista?

Si, è necessario l’aiuto di un analista perché, altrimenti, si aggiungerebbe alla propria personalità, una sovrastruttura che darebbe un parvenza di cambiamento.

Ora le spiegherò qualcosa di più approfondito sul mondo dei conflitti e, inoltre, come si affrontano durante un trattamento analitico. Anzitutto c’è da dire che le possibili modalità di "gestione" dei conflitti, sono tre:

  • Incapsulamento "protettivo" (crea "blocchi" di energia pronti ad esplodere anche a distanza di tempo)
  • Dinamica "libera" in assenza di soluzione (sono possibili psicosomatosi e disturbi di vario genere)
  • Risoluzione (è possibile se ci troviamo davanti, una persona sufficientemente matura)

Incapsulamento - Mettere da parte ("non pensarci più"!). lo si mette in atto:

  • Per protezione - si evita la condizione di dolore o di fastidio continuo (è come bloccare un sassolino in una scarpa, con del nastro adesivo, non potendolo togliere).
  • Per potere agire accettare i vari "compromessi" che la quotidianità ci propone e ci "impone".

Rischi dell’incapsulamento

  • Depressione endogena
  • Possibile "Rottura" di una o più capsule (con sconvolgimento dell’umore per invasione di ricordi più o meno dolorosi) dovuta a:: stimolazioni dal mondo esterno (messaggi di vario tipo veicolanti argomenti che si sono "bloccati"); stimolazioni dal mondo interno (ricordi da pulsioni).

Possibili complicanze da rottura di

una o più capsule "bloccate"

A BREVE TERMINE

  • Ansia/Angoscia
  • Disturbi da Attacchi di Panico (a condizioni particolari)
  • Stress cardiocircolatorio e respiratorio
  • Stress osteoarticolare

A MEDIO TERMINE

  • Psicosomatosi

 

Trattamento terapeutico psicoterapeutico

 

  • Curativo

  1. Ricerca dei conflitti bloccati attraverso l’analisi dei sintomi (non si affrontano i sintomi!)
  2. Analisi degli apprendimenti scorretti (responsabili dei conflitti) e stimolazioni per indurre il loro cambiamento.
  3. "Scarico" del conflitto bloccato all’insegna della maggiore "dispersione" lontano dall’analizzato per impedire o ridurre l’autoinquinamento: ridimensionamento dell’evento e recupero dell’energia positiva
  4. Rivisitazione dei contenuti del conflitto, secondo parametri razionali e logici - scomparsa del conflitto

  • Sintomatico

  1. Mediante un’azione catartica di scarico, si risolvono i disturbi delle manifestazioni a medio termine

Trattamento terapeutico farmacologico

  • Curativo - Nessuna azione positiva
  • Sintomatico - si attenuano i sintomi per reincapsulamento

 

Conflitti "vaganti" ( a dinamica libera)

Condizione di disturbo continuo con disordine mentale e sofferenze "ingravescenti"

Rischi da conflitti "vaganti"

Disturbi funzionali (assenza di danni organici):

  • Nevrosi→ a breve - medio termine (ansia/angoscia/ossessioni/fobie/isteria/etc.)
  • Psicosi→ a lungo termine ed a particolari condizioni

Psicosomatosi (possibile presenza di danni organici)

Trattamento terapeutico psicoterapeutico

  • Curativo

  1. Analisi degli apprendimenti scorretti che producono i conflitti - lavoro sul concetto di frustrazione (definizione - concetto di assorbimento e metabolizzazione) e pulstimolazioni per indurre il cambiamento
  2. Esercitazioni sull’uso della logica universale per abituarsi alla risoluzione dei conflitti
  3. Verifica dei cambiamenti

  • Sintomatico

  1. "Scarico" dell’energia vagante mediante parole - urla - gesti -etc.
  2. "Ricarico" neutrergico da parte dell’analista, per stabilizzare l’umore

 

Trattamento terapeutico farmacologico

  • Curativo

  1. Nevrosi - nessuna azione positiva
  2. Psicosi - nessuna azione positiva
  3. Psicosomatosi - azione positiva in caso di danni a carico di organi

  • Sintomatico

  1. Nevrosi - attenuazione dei sintomi fino alla temporanea scomparsa
  2. Psicosi - attenuazione dei sintomi fino alla temporanea scomparsa
  3. Psicosomatosi - attenuazione dei sintomi disfunzionali fino alla temporanea scomparsa.

 

Ottima carrellata. Ho informazioni per muovermi decisamente meglio. Arrivederci!

 

G. M. - Medico Psicoterapeuta

 

Si ringrazia Erminia Acri per le domande e per la collaborazione offerta nella stesura del dattiloscritto.

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