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Cara Befana...
di Giorgio Marchese  ( direttore@lastradaweb.it )

4 gennaio 2018



In silenzio ti osservo, ti ascolto. E imparo a volare.


Quando ero bambino non credo di aver mai pensato che, Babbo Natale, esistesse, nella realtà. Ma con la Befana era tutta un’altra cosa. Non che immaginassi veramente la presenza di una vecchina a cavalo di una scopa... piuttosto quando, nel dormiveglia adolescenziale di ogni 6 gennaio, osservavo mia madre che riponeva in un mio calzino, ai piedi del letto, un gesto d’amore, io fingevo di non accorgermi della sua presenza. In questo modo, potevo "sentire" il suo piacere all’idea della mia sorpresa, una volta sveglio.

È nata così, tanti anni fa (quando avevo capito che lei, da lì a poco, sarebbe volata per un’altra strada, da qualche altra parte, nell’Universo), questa "preghiera - confessione", rivolta e dedicata a colei che mi ha accompagnato, dai primi istanti della mia vita fino a quando, ormai grande, avrei potuto continuare da solo. Ho avuto la fortuna di riuscire a leggergliela e di godere del suo sorriso di approvazione. A distanza di tempo dalla sua "assenza", considero queste poche righe come un gesto dovuto (e voluto): una coperta per non far sentire freddo a chi, in saggezza, mi ha dato tanto, con un affetto senza confini.

Bisogna concentrare l’attenzione dello spirito, non lasciarsi assorbire dalla vita di superficie, stabilire in ogni giornata, una zona di silenzio in cui affinare la sensibilità dell’anima. (don Carlo Gnocchi)

Vorrei ascoltare i tuoi sussurri...

per scoprire perché, per ogni calza che riempi, svuoti i nostri giorni della gioia delle feste e ci restituisci la vita di sempre, quando soffriamo senza capirne il motivo, cerchiamo il sorriso nei posti sbagliati e vorremmo indugiare davanti al fuoco dell’amicizia, per osservare la coscienza "germogliarci" nelle mani.

Credo che la vita sia una fune tesa fra le parole che corrono, come acqua di un fiume verso il mare e il bisogno di un abbraccio, prima che il buio faccia troppa paura

E allora, riaccendi la tua scopa, per favore...

E di ritorno, al mattino, mescolandoti col profumo del caffè, prova a raccontarmi come si fa ad inchinarsi ai potenti (senza perdere la dignità), qual è il miglior modo di sorridere a chi fa finta di batterti le mani e, infine, come sia possibile coricarsi senza pace non avendo più nulla da inventare!

Per favore, riapri la cesta dei tuoi doni...

E proteggi, come quando la luna è pulita e il cielo sembra un biliardo, gli sguardi che vanno incontro alla speranza del proprio avvenire. Non farli cadere nelle brame di chi, senza amore, confonde la brina col sole.

Proverò a parlarti di me...

Entrando, con te, in quel mondo magico che rende veri i sogni e le illusioni e apprezzando, nell’attesa di te, ogni istante che precede il tuo arrivo, per godermi la notte e salutare, col fazzoletto dei miei ricordi più belli, chi ha deciso di restare a contare le stelle.

Dolce signora...

Qualcuno mi ha scritto: "Ti auguro il tempo per i sorrisi, il tempo per te stesso e quello per gli altri; il tempo per le piccole e le grandi cose; il tempo per la noia, perché tu possa riscoprire il gioco; il tempo autentico, dove tu possa sentirti felice".

D’accordo, allora...

Seguirò la scia della tua stella e, come i Re Magi sotto un cielo d’aurora, senza incertezze ma con qualche apprensione, attenderò che tu mi dica...

"Va bene, guardami... che t’insegno a volare!"


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