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IL FETICCIO DEI NOSTRI TEMPI:
di Giuseppe Chiaia  ( peppinochiaia@libero.it )

29 dicembre 2003





LA TV.


Purtroppo, da tempo siamo condannati ad un condizionamento che ci proviene dal piccolo schermo e che decide ogni nostro atteggiamento, modo di vivere, gusti gastronomici, i medicinali da usare, le auto da comprare, quanti figli fare o adottare, come ci si deve vestire, dall’indumento più intimo alle varie fogge di vestiario, fino ad entrare nel campo dell’etica sociale e familiare per esaltare quello che, ormai, è considerato un istituto giuridico, come il matrimonio, superato, anacronistico, colpevole di essere un modo di vivere tragicamente conformistico;

e ciò, non per essere fautori di una concezione religiosamente dogmatica, ma perché si spera sempre che si attuino quei principi costituzionali che, ancora oggi, fanno solo bella mostra di sé nei testi di diritto pubblico: ci si riferisce, ad esempio, all’art. 2 della nostra Carta Costituzionale, laddove si sancisce, con tono solenne (ma solo nel tono) l’obbligo della Repubblica di garantire i diritti inviolabili dell’uomo; proprio con questo articolo il legislatore costituente introdusse, per la prima volta il concetto di democrazia sociale, già sancito all’articolo 7 della Costituzione della II Repubblica francese, quella del 1848, che così recitava: "i cittadini devono concorrere al benessere comune, aiutandosi fraternamente gli uni con gli altri, ed all’ordine in generale, osservando le leggi morali e le leggi scritte che regolano e sostengono la società, la famiglia e l’individuo".

Ciò vuole anche significare che ogni attività di stampo privatistico, come quella economica, è, sì, libera, ma non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale, non può recare danno alla dignità umana, non può predicare messaggi che minano, alla base, il senso dello Stato, la tutela delle persone, la salvaguardia della dignità, soprattutto, dei minori, ed allora, ci si chiede:

perché i programmi televisivi siano improntati all’eccitazione esasperata di istinti primordiali come il sesso, la gola, la violenza, l’egoismo?

Perché siamo costretti a sorbirci ore interminabili di giochi a premi, che rappresentano il ludibrio del sapere?

Sarebbe ora di dire basta a format televisivi quali, ad esempio, "passa parola", "l’eredità", "i fatti vostri", il "Maurizio Costanzo Show" , "C’è posta per te" che altro non sono se non dei semivuoti contenitori di idee e di persone.

Consideriamo, ad esempio, quelle trasmissioni che ci perseguitano da anni, nelle quali non si può non imprecare di fronte alla sfrontatezza di un tale che, con viso suadente, sciorina l’oroscopo giornaliero, con la convinzione di comunicare verità ineffabili, contornato da una bionda svampita di turno che, con occhi languidi e bovini, approva, con sussiego e convinzione, questo epigono in sedicesimo della Sibilla Cumana; a cui si aggiunge, anche, l’espressione interessata, oltre che seria, del conduttore, il quale, allorché richiesto di un parere, incapace di formulare un dire concettoso e corretto, si rifugia ( e ciò avviene per quasi tutta la trasmissione ) in una risata forzata e sguaiata che suscita, per usare un eufemismo, sentimenti di compassione.

Ma come è possibile pensare che il nostro vivere, il nostro destino, la nostra operosità dipendano, tutte, dalla rotazione lunare, dalla "opposizione" di qualche pianeta; insomma, da un ruotare di masse incommensurabili di rocce, silici, carbonio e materia allo stato puro ?

Eppure viviamo un’epoca di grandi conquiste scientifiche; l’uomo ha lasciato la propria impronta sulla luna e varie sonde già navigano negli spazi galattici; pur tuttavia, c’è ancora chi crede nell’influenza degli astri, nelle formule insulse dei vari ciarlatani che affollano i teleschermi, pubblici e privati, dei vari imbroglioni che propinano agli ingenui i soliti tre numeri al lotto.

E se a ciò aggiungiamo, sempre a mo’ d’esempio, quell’altra trasmissione a carattere didattico-culinario con una presentatrice ("...in carne" per restare in tema) che è alla continua ricerca di equilibri di postura, attese le sue masse, e con un co-conduttore alle prese, pure lui, con un improbo tentativo di spacciare come cultura e saggezza quell’esperienza spiccia che si aggira tra i mercati rionali, allora, la misura è colma;

specie se i dirigenti RAI, perdendo ogni ritegno, con bronzea faccia, ci ripropongono questa trasmissione per ben due volte nella stessa giornata!

Ma il tutto si giustifica se si hanno potenti ed indiscussi santi protettori: a noi, resta l’obbligo di pagare un canone TV pesante, offensivo ed ingiusto; ingiusto, perché ci viene negata ogni possibile occasione di grandi spettacoli teatrali (a meno di non pagare ulteriormente una pay-tv), siano essi di prosa o di musica operistica e sinfonica; ingiusto perché siamo allegramente e strafottentemente declassati come cittadini, in barba all’articolo 3 della Carta Costituzionale, quello che ci vuole tutti uguali per dignità sociale, quello che ci garantisce il pieno sviluppo della nostra personalità; ingiusto, se si considera che la sola trasmissione "Torno sabato e 3" costa, settimanalmente, qualcosa come 6 miliardi di vecchie lire:

è così che il servizio pubblico delle comunicazioni tutela e concorre alla crescita della nazione ?

Ma alla concreta realizzazione di questi principii si oppongono molti ostacoli, fra i quali, il più insidiosamente pericoloso è quello che consente di servirsi dei mezzi di comunicazione a chi possiede enormi mezzi finanziari; e non parliamo dell’accesso all’istruzione, perché i rampolli delle varie famiglie di "Serbelloni Mazzanti Vien Dal Mare" ( chi non ricorda i film di Fantozzi...) sparsi per la penisola saranno curati e cresciuti culturalmente nella prospettiva di perpetuare quel dominio sociale, politico ed economico che già esercitano i rispettivi genitori; e con buona pace di quell’altro principio costituzionale che tutela il diritto di raggiungere, se meritevoli, i più alti gradi dell’istruzione: La vicenda PARMALAT insegna...!

le tante famiglie che soffrono, in dignitoso silenzio, una situazione di disagio economico, spesso alle soglie della povertà, potranno trovare solo consolazione nella lettura e rilettura del citato articolo 3, perché la loro aspettativa di uguaglianza con i sopra menzionati ceti industriali e finanziari sarà solo e soltanto teorica.

D’altra parte, abbiamo sotto gli occhi lo spettacolo estremamente deprimente del carrierismo politico, vietato ai più, ed appannaggio dei soliti noti ai quali sorride solo la libidine del potere, ma non l’esercizio dello stesso, in nome del Popolo e della Costituzione.

Infine, c’è da chiedersi se il nostro sia un popolo che si gloria solo dei Santi, dei poeti e dei navigatori della propria storia e che non avverta più la dignità di questa discendenza, o se non sia arrivato il momento di intonare, come fecero i rivoluzionari parigini del 1848, un nuovo "ça ira".

I recenti avvenimenti sono un segno pericolosamente premonitore, perché il popolo, allorché insorge, diventa come il "LEVIATHAN" di Hobbesiana memoria, il mitico mostro cieco e feroce che si avventa e non si sa mai chi colpirà...

Giuseppe Chiaia ( preside )

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