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Io, ho smesso di fumare!
di Vincenzo Andraous  ( vincenzo.andraous@cdg.it )

20 agosto 2003





Non esiste differenza tra droghe leggere e droghe pesanti, esistono le droghe e sono tutte negative...


LUCI NEL BUIO - 4

Per conoscere meglio l’autore, si può leggere la ricca presentazione pubblicata nell’articolo "il falco dagli occhi lucidi", presente nella medesima sezione.

BUONA LETTURA



In una sala della Comunità Casa del Giovane di Pavia, Don Dario stava parlando ai ragazzi di un oratorio lombardo: c’ero anch’io invitato a partecipare a quell’incontro.

" Non esiste differenza tra droghe leggere e droghe pesanti, esistono le droghe e sono tutte negative"...

diceva Don Dario. Questa premessa mi ha consentito di raccontare la mia ultima esperienza, e rendermi conto una volta di più, di quanto una scelta importante sia sempre difficile al punto che non credevo possibile mantenerla fino in fondo. Io ho smesso di fumare. Sessanta sigarette al giorno, tre pacchetti, dal mattino alla sera, tra le labbra una sigaretta per svegliarmi, e l’ultima per addormentarmi. Mai sprovvisto nella tasca, mai sprovvisto nella mente. Quante volte mi sono detto: "... smetterò domani... ma chi me lo fa fare?". Smettere di fumare... quante volte ho ascoltato saggi, santoni e predicatori, elencare medicamenti miracolosi, ed ho sorriso per tanta presa in giro. Per tanti anni ho fumato, eppure su una cosa non mi sono mai sbagliato e cioè, che smettere, non dipende da un cerotto o da una pastiglietta, bensì dal peso e dalla somma della propria volontà. Ho avuto modo di pensare bene alle sigarette fumate, così ai motivi che mi sono sfuggiti volutamente per non raccogliere motivazioni valide a porre fine al mio tabagismo. Non è stato semplice dire basta, non è facile tuttora, la sofferenza è davvero molta.

A volte sono motivi di salute a obbligare a voltare pagina, altre volte è il costo elevato del pacchetto di sigarette a indurre a smettere di fumare, quasi mai un sentimento di sana cultura ambientalista. di rispetto del prossimo. Vorrei poter citare quest’ultimo passo per disegnare la mia scelta, invece questo sentimento non mi appartiene, né quanto precedentemente sottolineato. Ho smesso di fumare per il carico opprimente di un percorso analitico sistematico, scatenato da una frase buttata lì per caso, rivolta da un padre al proprio figlio: "Tu non sei capace di smettere, con te vince la sigaretta!". Così a poco a poco, nella mente si insinuava l’urto e il fastidio per quelle parole, l’urto per avermi strattonato dalle mie lentezze, e il fastidio per aver messo a nudo le mie debolezze. I giorni sono corsi via come le sigarette portate alle labbra, ma ora ad ogni boccata, saliva la domanda:

"Vinci veramente tu?"

La domanda era sempre lì, più che mai ingombrante. Ho pensato alla sigaretta che nasconde un disagio, una difficoltà che serpeggia, ma viene celata. Una sigaretta dietro l’altra, comunicando insofferenza per qualcosa, per qualcuno, addirittura dimenticando il linguaggio del proprio corpo, del piacere che deriva dalla sua naturale relazionalità. Ho riflettuto sui limiti, sui miei, quelli sottaciuti per egocentrismo, per personalismo, per superbia, ho sentito il morso del nervo scoperto per la mia arrendevolezza, per le mie ottuse ostinazioni, scambiate per tenacia. Ho riflettuto davvero sotto il peso della solita domanda:

"Vinci davvero tu?"

Non è facile smettere di fumare, come non è facile fare leva, ricorrere a tutte le proprie energie interiori per trovare appunto quella leva. Ho riflettuto a lungo su questa sfida. La paura di non farcela è stata molta, tant’è che ad ogni persona incontrata, confidavo di avere chiuso con le sigarette......così se non fosse stata sufficiente la volontà e motivazione per continuare nella scelta fatta, l’eventuale " perdere la faccia" avrebbe figurato da deterrente di non poco conto. Credo sinceramente che non si smette di fumare per lo stesso motivo per cui non si coglie il valore della preghiera, per paura. Paura di non riuscire a fare a meno di una sigaretta, timore di non reggere alla sofferenza della privazione. Non si prega e non ci si ascolta per paura di una chiamata, non quella che eleva a Santità, bensì quella che demanda alle proprie responsabilità, ai propri impegni assunti, al proprio essere in quanto tale perché insieme agli altri.

Forse anche in una sigaretta c’è la cecità e l’ottusità che annebbia il cuore, e allora, chissà, io ho smesso di fumare non solo per vincere una sfida, ma piuttosto per sentirmi veramente più libero.


Vincenzo Andraous - 27.02.03 / Tutor Comunità "Casa Del Giovane" Pavia

 

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